I numeri del rapporto “Migrantes”: 94 mila persone hanno lasciato il
Belpaese nel 2013. Oltre il 70% sceglie il Regno Unito. Più di 4,5
milioni i connazionali residenti all’estero.
Con 725 mila nostri connazionali
iscritti all’Aire, cioè cittadini italiani a tutti gli effetti,
l’Argentina è in testa alla classifica dei paesi dell’emigrazione
italiana, seguita da Germania con 665 mila, Svizzera con 570 mila.
Quasi 95mila nel 2013, poco meno di 80mila nell’anno precedente:
non si ferma l’esodo degli italiani che vanno all’estero, un «esercito»
le cui file si ingrossano di anno in anno in questo periodo di crisi
economica. Infatti a partire sono soprattutto i giovani, alle prese in
Italia con percentuali di disoccupazione da capogiro. A confermare
questa generale percezione è il IX Rapporto Italiani nel Mondo 2014
della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma. La cifra ha superato
i flussi dei lavoratori stranieri immigrati in Italia, che sono ogni
anno circa la metà di questa cifra, precisamente 43 mila nel 2010.
Lungo il corso del 2013 si sono trasferiti all’estero 94.126 italiani, nel 2012 sono stati 78.941, con un saldo positivo di oltre 15 mila
partenze (+16,1%). Per la maggior parte uomini sia nel 2013 (56,3%) che
nel 2012 (56,2%), non sposati nel 60% dei casi e coniugati nel 34,3%. La
classe di età più rappresentata è quella dei 18-34 anni (36,2%), a
seguire quella dei 35-49 anni (26,8%), a riprova di quanto evidentemente
la recessione economica e la disoccupazione siano le effettive cause
che spingono a partire. I minori sono il 18,8% e di questi il 12,1% ha
meno di 10 anni.
Il Regno Unito, con 12.933 nuovi iscritti al’Aire (Anagrafe degli
Italiani Residenti all’Estero) all’inizio del 2014, è il primo Paese
verso cui si sono diretti i recenti migranti italiani, con una crescita
del 71,5% rispetto all’anno precedente. Seguono la Germania (11.731,
+11,5%), la Svizzera (10.300, +15,7%) e la Francia (8.402, +19,0%). A
sorpresa, è una regione del Nord, la Lombardia, quella che ha subito la
maggiore `emorragia´, con 16.418 partenze, seguita dal Veneto (8.743) e
dal Lazio (8.211).
L’aumento in assoluto dei cittadini italiani iscritti all’Aire è di
141 mila nel corso del 2013, il 3,1% in più rispetto all’anno
precedente. Nel mondo sono 4.482.115 i connazionali residenti all’estero
iscritti all’Aire al primo gennaio 2014. L’Argentina è il primo Paese
di residenza per tutti gli italiani, seguita da Germania, Svizzera e
Francia. Il 52,1% degli italiani iscritti all’Aire è di origine
meridionale. I minori iscritti all’Aire al primo gennaio 2014 sono
691.222, in lieve calo rispetto all’anno precedente (673.489), ma se il
numero dei minori continua a decrescere, è in aumento quello delle
iscrizioni per nascita: si passa, infatti, dal 38,8% dell’anno passato
al 39% di quest’anno. Sono in aumento anche gli over 65, che sono
878.209 (+0,8% dal 2010) e la maggior parte risiede in Sud America.
Non ci sta a parlare di «fuga» degli italiani il sottosegretario agli
Esteri, Mario Giro, che oggi ha partecipato alla presentazione del
Rapporto di Migrantes. «Quella degli italiani che si trasferiscono
all’estero non è una fuga come chi scappa da guerre e persecuzioni
religiose, percorre deserti e mare e arriva a Lampedusa, ma è una
scelta» ha sostenuto, per poi ricordare che «gli italiani che migrano
all’estero non rischiano la vita, come non l’hanno rischiata i nostri
nonni». Per il sottosegretario, bisogna «tenere anche presente che oggi,
rispetto al passato, migrare significa spostarsi per mantenere un
contatto costante con la famiglia grazie a skype e la possibilità di
tornare.
Non si parte più definitivamente»
(fonte la stampa)
Fuga per lavoro? Fuga di cervelli? Il rapporto "Migrantes" documenta una situazione che sembra "allarmante". Ma non è proprio la fine del mondo! Guardiamo le cose anche da altri punti di vista. Innanzitutto facciamo il paragone con altri Stati dell' Unione Europea e dell'OCSE ( l'organizzazione mondiale dei paesi più industrializzati). Vi è una grande mobilità di persone, e soprattutto di giovani. L'Australia, ad esempio, che ha solo 22.000.000 di abitanti (ed è 25 volte più grande dell'Italia) ha un alto numero di "espatriati". Sono oltre 1 milione gli Australiani che vivono all'estero, 400.000 in Inghilterra (di cui 200.000 a Londra), 200.000 negli USA, 100.000 in Grecia (emigrati di ritorno), 30.000 in Italia. 90.000 a Hong Kong ecc.... E non è che in Australia si stia male. Tutt'altro. C'è lavoro (disoccupazione circa 6%, le paghe sono buone). Ma gente se ne va lo stesso. Oggi si vogliono fare delle "esperienze" di vita e di lavoro all'estero. Certo che Londra attira, ma.... fino ad un certo punto. Le paghe sono buone ma non buonissime. La vita è molto cara. Negli ultimi anni sta perdendo circa 10.000 australiani all'anno, che preferiscono "spostarsi" verso gli USA (200.000), a New York e soprattutto Los Angeles (40.000 australiani). Anche i francesi affluiscono a Londra, sembra che siano circa 250.000. Ma in Australia non si parla di "fuga di cervelli" ma di "spostamento di cervelli" di arricchimento nel campi della cultura, dell'arte, della tecnologia. La diaspora italiana verso Londra è un segno che i nostri giovani vogliono anche migliorare la conoscenza dell'inglese. E' un dato significativo che la maggior parte sia dalla Lombardia, Veneto e Lazio, cioè le regione con le maggiori università e quindi si suppone che una buona fetta sia formata da giovani laureati che con il lavoro cercano anche opportunità di carattere culturale (lingue e business). Ormai a livello europeo e mondiale, in campo politico, amministrativo, commerciale ecc. chi non conosce l'Inglese è tagliato fuori (esempi di italiani in Europa abbiamo Mario Draghi che ha studiato anche negli USA e Federica Mogherini che parla benissimo almeno 3 lingue, anche Matteo Renzi se la cava). Potremmo quasi dire: è ora che i giovani italiani puntino sulla conoscenza dell'inglese se vogliono un domani avere ruoli importanti nella società e nelle ditte che producono ed esportano il Made in Italy. Nulla da spaventarsi dunque per la "nuova emigrazione". E' in linea con il flusso migratorio mondiale. Ha i suoi aspetti "positivi" che un domani (si spera) si faranno sentire anche nel rilancio dell'occupazione e dell'economia dell'Italia.
RispondiEliminaGER
Non è la fine del mondo, infatti, Ger. Se prendo l'esempio dell'immigrazione italiana in Francia, questa immigrazione inizia al Mèdio Evo. Attualmente gli Italiani o discendenti d'Italiani sono 4 000 000 in Francia (6% circa della popolazione totale) Lo dice un studio del CIRCE -Centre Interdisciplinaire de Recherches Centre-Européennes- Sorbonne Paris- . Una gran parte è integrata nella cultura del paese, naturalizzata francese.
RispondiEliminaIn 2010 erano 370 000 gli iscritti all'AIRE
Ma un problema potrebbe essere l'emigrazione legata alla fiscalità..... % ?
Ma si, dai, non è la fine del mondo, in fondo siamo tutti migranti e in prìstio in hac lacrimarum valle. Solitamente se ne vanno i migliori, i più curiosi, i più intraprendenti. Il problema grosso semmai, non sono i cervelli che se ne vanno in pianta più o meno stabile, ma quelli col prepuzio calcato in testa che rimangono. Ma riuscite ad immaginare la nostra avita Valle se fossero potuti restare coloro che sono partiti nell'ultimo secolo? Philuccio, presempio, si è ingnarato qui e non ha dovuto percorrere ramingo ed esule le vie del mondo, massimo una capatina nella pedemontana, che non è la stessa cosa. Fortuna volle che lo soccorse cultura, ma per quelli rimasti con la baréta fracà, non c'è stato scampo. Purtroppamente!
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