Assistiamo un po' frastornati alle vicende degli immigrati che ci arrivano sulle nostre
coste meridionali in condizioni disumane. Sono eventi che ci scorrono spesso sulle spalle
lubrificate dal senso di impotenza, di fastidio e fondamentalmente di
incomprensione verso un fenomeno che pur tocca corde profonde della nostra
identità.
Questo sentimento è anche fomentato ad arte dai media, i quali si attardano spesso più sugli aspetti emotivi che su una reale comprensione del fenomeno e delle sue implicazioni, in modo che poi la contrapposizione politica faccia il resto.
Questo sentimento è anche fomentato ad arte dai media, i quali si attardano spesso più sugli aspetti emotivi che su una reale comprensione del fenomeno e delle sue implicazioni, in modo che poi la contrapposizione politica faccia il resto.
Se poi ci aggiungiamo la naturale ipocrisia, ignavia e
disorganizzazione italica, abbiamo confezionato la solita bomba nascosta sotto la sabbia del
nostro illusorio e fuorviante stereotipo
di “Italiani brava gente” (Non lo siamo, comunque non più degli altri).
Tempo fa mi trovavo nell’Africa occidentale sub-sahariana,
reduce da un lungo viaggio in diversi paesi dell’area, dalla Mauritania alla
Guinea. Ero sempre ospite di amici
locali, alloggiato nelle loro case e ho quindi potuto toccare con mano la realtà quotidiana di quelle
società. L’inusitata e avvolgente ospitalità africana prevedeva un
pellegrinaggio continuo fra amici, parenti e conoscenti dei miei ospiti, nutrite da lunghissime
chiacchierate con i più svariati personaggi.
È così che mi sono trovato a
parlare con una vecchia senza età, rannicchiata in un angolo della stanza e avvolta in
quelle variopinte vesti che solo lì sanno portare con regale eleganza. Aveva
impegnato ogni avere suo e della famiglia e fatto prestiti, per consentire a due suoi nipoti, orfani e neanche
ventenni, di intraprendere il viaggio della speranza verso l’Europa. L'equivalente di tremila euro, una fortuna per l'economia locale. Non miravano però alla nostra Lampedusa, ma al più
prossimo approdo europeo: le Isole Canarie, Regno di Spagna. Risalirono dunque la Mauritania e il Saharawi per poi affrontare un braccio di oceano insidioso, su
malridotte canoe di pescatori costieri.
Di loro non ha saputo più niente. Non è mai arrivata la telefonata liberatrice dell’approdo, nemmeno quella falsamente pietosa delle
istituzioni. Sono naufragati nel largo braccio di mare che non perdona e che divide il nostro
mondo da quello che eufemisticamente si classifica in “via di sviluppo”. Finiti nel nulla, come mai esistiti e come
tanti altri giovani africani. Insciallah!
La sua vita, le sue risorse, la sua speranza erano riposte in quella
spedizione. Ora vive della carità dei parenti,
non delle rimesse dei nipoti come aveva sperato, né di saperli affidati ad un destino migliore.
Le rimesse degli emigrati!
In questa zona di mondo ci campano con quelle; con i soldi che riesce a mandare chi ce l’ha fatta, chi è riuscito ad approdare nel nostro bengodi, magari vendendo scope o fazzoletti porta a porta. E non ci campa solo la famiglia del fuoruscito, no, anche tutto il parentado di sangue e di diritto, dato che in queste società, come in quella biblica, non c’è differenza fra fratello e cugino, fra padre e patrigno.
Quella carità e assistenza che noi dovremmo volontariamente praticare in obbedienza alla nostra umanità, se non ai comandamenti cristiani, lì è un dovere al quale non ci si può sottrarre, pena la riprovazione sociale; non una pratica spesso ostentata e liberatoria come da noi.
Le rimesse degli emigrati!
In questa zona di mondo ci campano con quelle; con i soldi che riesce a mandare chi ce l’ha fatta, chi è riuscito ad approdare nel nostro bengodi, magari vendendo scope o fazzoletti porta a porta. E non ci campa solo la famiglia del fuoruscito, no, anche tutto il parentado di sangue e di diritto, dato che in queste società, come in quella biblica, non c’è differenza fra fratello e cugino, fra padre e patrigno.
Quella carità e assistenza che noi dovremmo volontariamente praticare in obbedienza alla nostra umanità, se non ai comandamenti cristiani, lì è un dovere al quale non ci si può sottrarre, pena la riprovazione sociale; non una pratica spesso ostentata e liberatoria come da noi.
Le rimesse degli emigrati!
Anch’io ci ho campato con esse; come chissà quanti altri in Valle, direttamente o indirettamente. Non è così immediato intravedere mio Padre nelle tante figure di immigrati che invadono la nostra vita, a volte in modo anche fastidioso perché ci fanno fare i conti con la nostra umanità, ma nello stesso tempo minano le nostre certezze e soprattutto, temiamo, il nostro benessere.
Le condizioni e le circostanze sono diverse, certo, ma la sostanza non poi così tanto. Ci sono stati momenti e situazioni in cui anche i nostri emigranti erano considerati come loro; in alcuni casi anche peggio.
Non so se ci siano soluzioni praticabili e quali siano, però uno sforzo per trovarle dovremmo pur farlo, non lasciare che sia solo il tempo a farsene carico, come per quasi tutti i problemi nazionali.
Dicono che il tempo sia galantuomo; io non ne sono tanto sicuro.
Di certo non mancherà di farci pagare il prezzo della nostra insipienza.
Gianni Spagnolo
Anch’io ci ho campato con esse; come chissà quanti altri in Valle, direttamente o indirettamente. Non è così immediato intravedere mio Padre nelle tante figure di immigrati che invadono la nostra vita, a volte in modo anche fastidioso perché ci fanno fare i conti con la nostra umanità, ma nello stesso tempo minano le nostre certezze e soprattutto, temiamo, il nostro benessere.
Le condizioni e le circostanze sono diverse, certo, ma la sostanza non poi così tanto. Ci sono stati momenti e situazioni in cui anche i nostri emigranti erano considerati come loro; in alcuni casi anche peggio.
Non so se ci siano soluzioni praticabili e quali siano, però uno sforzo per trovarle dovremmo pur farlo, non lasciare che sia solo il tempo a farsene carico, come per quasi tutti i problemi nazionali.
Dicono che il tempo sia galantuomo; io non ne sono tanto sicuro.
Di certo non mancherà di farci pagare il prezzo della nostra insipienza.
Gianni Spagnolo
E oramai una missione umanitaria, di diritto internazionale. Tanti si sono impegnati e cercano soluzioni.
RispondiEliminaCosa dice, per esempio, il projetto Melting Pot Europa ?(1)
"Se l’Unione Europea avesse aperto vie legali, ad esempio per i profughi siriani, eritrei, somali, non ci sarebbero stati morti e non ci sarebbe nemmeno stata la necessità di finanziare costose operazioni di soccorso come «Mare nostrum».
"Le missioni diplomatiche (176 paesi) che rappresentano la Santa Sede nel mondo, potrebbero fare ciò che le ambasciate degli Stati europei negano: rilasciare visti di ingresso perché le famiglie, i bambini, le donne, gli uomini possano raggiungere l’Europa su mezzi di trasporto legali e sicuri, invece di essere costretti a pagare gli scafisti e morire a migliaia sui barconi"
"L’aereo costa quattro volte meno dei trafficanti con barconi!
Al primo semestre 2014, i due terzi dei richiedenti di asilo sono stati registrati in solo sei paesi, secondo il Alto commissariato dell'ONU per i profughi.
Germania : 65700
Stati Uniti : 52800
Francia : 29000
Svezia : 28500
Turchia : 27700
Italia :24500
(1) Melting Pot Europa è un progetto di comunicazione indipendente nato nel 1996 e frutto dell’impegno collettivo di associazioni, esperti, avvocati, docenti, attivisti, giornalisti, fotografi, videomakers, che mettono a disposizione il loro lavoro per la realizzazione di questo spazio di informazione e approfondimento libero, autonomo e gratuito.
Tu capisce bene cossa. No paisani.bravva
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