Dopo aver passato il primo maggio a Taranto con il Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti, Miseria Ladra continua il suo viaggio e questa volta si sposta al Nord.
Siamo stati a Monselice, una cittadina della bassa padovana, ospiti
della scuola di Giustizia, Pace e Integrità del Creato (gpic) "Liberi
per Liberare" dei frati Minori del Veneto. Grazie a loro abbiamo anche
incontrato i comitati ambientalisti della zona, da sempre impegnati
nella difesa del territorio.
Questa città è stata protagonista di
diverse vicende che, come a Taranto, coinvolgono giustizia sociale e
ambientale. Qui Italcementi, multinazionale di materiali da costruzione,
aveva in programma di investire 160 milioni per rinnovare il proprio
impianto. Un'operazione detta di revamping: al posto dei tre camini
sarebbe stata costruita una torre di 89 metri. In cambio l'azienda
avrebbe potuto continuare l'attività per altri 29 anni. Nello
stabilimento lavorano circa quattrocento dipendenti, tra chi è
direttamente operaio Italcementi e chi invece è impiegato con l'indotto.
A
pochi chilometri c'è il Parco dei Colli Euganei, un luogo dalle grandi
risorse agricole, con impianti termali e zona di attrazione per il
turismo. Sottoscrivere l'accordo sarebbe significato condannare questa
zona all'inquinamento di polveri sottili dovute alle emissioni, tra
ossidi di azoto e biossidi di cloro, altamente tossici. Inoltre
l'impianto Italcementi non è l'unico: in circa 5 chilometri
quadrati, si trova anche la Cementeria di Monselice e Cementeria Zillo a
Este, paese vicino. La più alta concentrazione di cementifici in Europa.
Contrari
da sempre al progetto di revamping sono i comitati "Lasciateci
respirare" e "E noi", nati dalla partecipazione dei cittadini e
appoggiati da alcuni rappresentanti delle amministrazioni locali. Il
progetto è stato bloccato da un ricorso al Tar del Veneto, su proposta
prima dei comitati e poi dei comuni di Este e Baone. Lo stesso tribunale
amministrativo ammette:
“La previsione di un nuovo ciclo produttivo di durata di 28 anni, l’innalzamento di una nuova torre alta ben 89 metri, la costruzione di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa non contengono, ma aggravano notevolmente e palesemente l’impatto ambientale e paesaggistico oggi esistente”.
A inizio anno però
il consiglio di Stato accoglie il ricorso di Italcementi rispetto alla
decisione del Tar. Il revamping non viene avviato e l'azienda decide di
trasformare l'impianto produttivo padovano in un centro di macinazione. I
comitati si oppongono al progetto, che non avrebbe diminuito le
emissioni, ricevendo la solidarietà della Commissione Ambiente, Sanità
Pubblica e Sicurezza Alimentare (Envi) del Parlamento europeo:
"È paradossale che strutture di questo tipo abbiano limiti di emissioni addirittura più permissive di quelle degli inceneritori (Direttiva IPPC 2008/1/CE). Il risultato è che per fare il cemento si brucia di tutto e che le immissioni nell’atmosfera e le ceneri di combustione che finiscono nel prodotto se li beccano i cittadini".
Italcementi
ha deciso di cessare anche quest'attività e adesso, ai danni ambientali
causati in questi anni, si somma il dramma del futuro ancora incerto di
circa quattrocento lavoratori. Ancora difficile è contare i
decessi legati all'inquinamento poiché non ci sono degli studi
specifici. Ciò che si sa per certo è che almeno una sessantina di ex
dipendenti dell'Italcementi sono morti di patologie tumorali. Lo stesso parroco della cittadina si è detto più volte "stufo di celebrare funerali dei lavoratori delle cementerie".
In
questa zona l'impegno dei comitati non si è mai fermato e questo ha
messo in guardia chi difendeva gli interessi della multinazionale: poco
tempo fa il sindaco di Monselice, Francesco Lunghi ha presentato una
'class action' contro tutti coloro che in un modo o nell'altro si sono
opposte al progetto di revamping. Anche qui come a Taranto
sembra che sia necessario scegliere tra salute e lavoro, contrapponendo
diritti Costituzionali non alienabili. Non si sarebbero potuti
trovare degli ammortizzatori per i lavoratori dell'impianto? Non si
poteva investire su filiere produttive non inquinanti, sostenendo la
formazione dei lavoratori da ricollocare? E dopo tutti questi anni di
inquinamento e polveri sottili chi ridarà indietro alla cittadinanza
territorio e salute? I costi sociali e ambientali nel bilancio da chi
vengono contabilizzati?
Chi ha logorato ambiente, terra, salute e
lavoro in queste zone lo ha fatto nel nome del profitto, senza mai
tenere conto di chi ne avrebbe subito le conseguenze. Secondo i dati
aggiornati al 2011 del ministero dello Sviluppo Economico, con l'avvento
della crisi dal 2008 la produzione del cemento è crollata di un terzo.
Inoltre l'industria cementiera è capital intensive quindi nel lungo
termine non si possono mantenere gli impianti al 50-60% della capacità,
perché diventano insostenibili. Italcementi sapeva tutto questo
sin dall'inizio, ma invece di cercare di tutelare la salute e il lavoro
ha scelto la via del profitto fino all'ultimo, arrivando anche a
denunciare e chiedere un risarcimento di 160 mila euro per diffamazione e
danni all'immagine a "Lasciateci respirare" e "E noi". I comitati invece hanno scelto l'altra via, quella che cerchiamo di far crescere e conoscere con la nostra campagna.
Per questo portare qui Miseria Ladra e confrontarsi con chi ha vissuto tutto questo è importantissimo: significa
costruire un punto di vista generale condiviso sulla giustizia
ambientale e sociale, rafforzando conoscenze e pratiche capaci di
renderle possibili, avendo come obiettivo urgente e necessario la
riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera
energetica. E' questa l'unica strada in grado di riconnettere il diritto al lavoro con quello alla salute.
(Giuseppe de Marzo Miseria Ladra)
segnalato da Odette
(Giuseppe de Marzo Miseria Ladra)
segnalato da Odette
mi no savevo gnente.....
RispondiEliminaEssere informati è importante ed è già qualcosa, anche se poi poco o niente in certe situazioni si può fare. Spessissimo usano la nostra ignoranza (nel senso di ignorare) perchè siamo abituati poco a leggere.
RispondiEliminaPurtroppo dobbiamo fare questo passo verso l'informazione se vogliamo più democrazia e libertà.
EliminaIo l'ho sempre saputo che in quel di Este, Monselice e dintorni, di cementifici hanno le tasche piene.
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