sabato 19 luglio 2014

Volontari in ospedale

Ieri era venerdì 18 luglio, e quindi giorno di “turno di servizio” in ospedale come volontaria AVO in quella che ora è definita “geriatria polifunzionale” e che, al De Lellis, era semplicemente “geriatria”. In questi ormai otto anni di volontariato sono sempre rimasta in quel reparto, al quale sono stata assegnata sin dal mio inizio; non è che l’impegno sia poi così arduo, anzi, sono circa tre ore settimanali, quindi cerco di essere sempre presente per loro, per quelli che amo definire i “miei” anziani ma che tali spesso non sono, o almeno non nel senso che solitamente viene attribuito a tale termine: continuo a sperimentare situazioni stupefacenti, ovviamente accanto alle altre più frequenti che scandiscono lo scorrere del tempo.
Sto pensando che non c’è stata una volta in cui abbia detto “stamattina non ne ho voglia”; quello che mi pesa è certamente la condizione atmosferica: con il caldo forte lasciare l’auto in sosta in quella spianata sotto il sole cocente mi fa terribilmente paventare il momento in cui risalirò per rientrare a casa, ma tant’è!
Una volta varcata la soglia del reparto ogni pensiero, ogni preoccupazione, ogni ansia o timore, ogni disappunto, ogni stanchezza e pure ogni malessere spariscono quasi d’incanto: entro in un mondo speciale, dove si vivono giorni speciali, dove il tempo pare rallentare e le ore fondersi in un’attesa più o meno quieta dell’evolversi della situazione; accanto a volti ormai noti che mi salutano con gioia trovo nuovi “arrivi” ai quali cerco di avvicinarmi con ancora più rispetto...permesso, posso? Il camice bianco talora li inganna ma capiscono quasi subito, dalla targhetta colorata e ben visibile, che non rientro proprio nella categoria dei sanitari e si tranquillizzano; saluto Nello, già ricoverato da oltre quaranta giorni: mi sorride come sempre, un sorriso dolcissimo anche se sdentato, e mi dice che dovrebbero mandarlo a Thiene, ma che teme di vedere di meno la sua Margherita, che ha un po’ di problemi a camminare, e quasi piange. “Ma Nello, gli dico, da Piovene a Thiene è quasi più veloce che da Piovene a Santorso, e poi Margherita è venuta anche ieri sera, non l’abbandona di certo!” “Già, mi risponde, la torna anca stasera sala, la me vol ben, ma mi, sensa de ela, a son perso!”. Lo tranquillizzo ancora un po’ e quando torna il sorriso lo saluto e passo nella seconda stanza; c’è un uomo molto sopito, che respira a fatica, che venerdì scorso non c’era; accanto la moglie cerca di ingannare il tempo facendo a tratti un po’ di “parole crociate”. Mi avvicino e noto sul comodino (quanto rivelano gli oggetti sui comodini!) una maglietta pulita ed una foto di ragazza posata sopra. Non dico nulla, chiedo solo alla signora da quanto è stato ricoverato il marito e se abbia bisogno di qualcosa... basta questo, e lo sguardo su quella foto, perché il mio tempo si colmi della loro vita, del dramma di una figlia deceduta per un incidente non causato da lei, del dolore incontenibile del padre che l’ha consumato, del dolore immenso della madre che però sente la presenza della figlia sempre, anche in quella stanza di ospedale... le chiedo se voglia farsi un giretto e sorridendo dice che vorrebbe andare a prendersi qualcosa da mangiare, ma solo se resto lì, accanto al marito. Ci mancherebbe! Certo che resto e, mentre la moglie va a procurarsi quanto necessario, gli parlo sottovoce, gli dico che la figlia gli sta sorridendo ed il respiro un po’ affannoso si quieta. Passo in un’altra stanza e noto una signora, distinta, capelli argentei, orecchini di perle... la vicina di letto mi fa: “sala quanti ani che la gà?” Temo sempre queste domande, anche se cerco ovviamente di “tenermi bassa”, ma prima che possa azzardare un numero la signora Adele previene me e pure la vicina di letto e mi dice “centodue, a ottobre” . Dire che rimango sbalordita è dire poco... avrei azzardato settantacinque anni, ma centodue!!! La vicina aggiunge: “beh, mi a ghe ne compio ottantaotto eh!” ed allora mi complimento pure con lei e chiedo che ricette, che segreti abbiano per essere così serene, anzi liete e vivaci mentalmente; la signora Adele, quasi centodue anni, mi dice che ama la musica e che l’ha sempre amata, sia la classica che quella leggera, che addirittura compone canzonette ; ne intona una che conosco pure io e, sottovoce, la accompagno; la vicina mi dice che invece legge molto (sul comodino, infatti, ci sono due libri)..le saluto e passo ad un altro stanzino dove trovo una signora, pure questa arrivata da ortopedia e quindi per me “nuova”, anziana, ma già in poltrona, con un aspetto allegro e ben consapevole. L’accento non mi pare delle nostre parti e quindi è il mio “aggancio”… mi conferma che è abruzzese, ma aggiunge quasi subito che abita a Lastebasse da moltissimo tempo.” A Lastebasse! Ma allora conosce la mia terra!” aggiungo io. La signora mi guarda e mi chiede subito di dove sia, ed io le dico che sono nata a Valpegara..ed ecco che il mondo diventa famiglia! “Ma come, ma davvero!, ma allora conosce...” Poi legge il cartellino “... Agostini? ma parente della Maria Scarpari?” “Sì, le rispondo, era la moglie del fratello maggiore di mio papà, dello zio Massimo, papà invece era Lodovico, o Vico” ed allora si inanellano i ricordi “io sono la moglie di Lorenzo Munari, ha novantasei anni sa mio marito; adesso io devo andare a Malo per la riabilitazione, ma poi torno a Lastebasse eh! E’ venuto a trovarmi anche stamattina mio marito, con il deambulatore, ma è venuto! E adesso posso dirgli che ho conosciuto la figlia di Vico e sarà contento”. Ecco, presumo che molti che abitano in valle e magari leggeranno queste righe avranno conosciuto la signora Giacinta ben prima di me ed è per questo che ho voluto scrivere qualcosa.
Di solito riesco a capire chi è della mia valle, e confesso che è sempre gioia per loro e per me; sono molti i rapporti iniziati in quel luogo e poi proseguiti oltre quelle stanze, oltre quelle mura, magari in altre stanze fino ad una partenza per gli spazi infiniti dei cieli, o invece nelle case dove ancora questa vita consente loro di gustare il sapore dei ricordi e l’affetto dei familiari.
Tutto qui; la valle, la mia valle, la mia terra, sono con me anche nel Nuovo ospedale Unico Alto Vicentino di Santorso perché ogni persona che incontro in quel reparto, e che da quella terra proviene, trova un angolino libero per lei nel mio cuore, non privilegiato rispetto agli altri ma forse più familiare, ed arricchisce sorprendentemente e dolcemente la mia vita.
Ada

2 commenti:

  1. E' stato bello leggere questo scritto e conoscere questa realta', peraltro descritta molto bene ed in modo garbato. Immagino quanto sia prezioso questo volontariato, per i ricoverati in primo luogo, ma anche per chi vi si presta.
    Spero che altre persone siano invogliate a fare altrettanto. Mi stupisce un poco che non vi siano interventi e considerazioni su questo scritto e questi temi, magari da parte di qualche Anonimo come me. Anche se posso capire.
    Grazie sincere, gentile Signora, di questo scritto e di questa condivisione.

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    1. Opera cristiana; come quella di visitare gli anziani nelle case di riposo, i prigionieri, dare corsi (benevolato) contro analfabetismo, per l'alfabetizzazione anche dei immigranti, ecc.......Brava Ada, queste buone azioni fanno bene anche a quello che le fa.

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