Il vento da nord, gelido,
tagliava la montagna come lo spago taglia la polenta sul tagliere, e
bianche farfalle di neve, inquiete, volteggiavano senza mai trovare
la via del suolo.
Ruth si scosse piano,
aprì un occhio, poi senza fretta anche l’altro; stava cosi bene
lei in quel tepore magico che per nessuna ragione al mondo avrebbe
voluto muoversi. Ma certo ormai il tempo era scaduto e volente o
nolente quel giorno avrebbe dovuto uscire in ogni caso. «Maledetto
mese di marzo – pensò - che riporti sempre indietro l’orologio
delle stagioni». Attese ancora un po’ al calduccio, sperando che
almeno il vento la smettesse di strapazzare le cime degli abeti e di
scompigliare le piume dei corvi imperiali, loro erano i soli a non
temerlo quell’insopportabile ventaccio, anzi, sembrava quasi che
ne godessero a sfidarlo, volandogli contro. Ormai doveva essere verso
mezzogiorno quando si decise: con movimenti rapidi si
scosse di dosso le ultime briciole di sonno e si affacciò all’uscio. Il vento continuava a soffiare con inusitata cattiveria e Ruth si strinse nelle spalle, un brivido le fece rizzare i peli della pelle; ma non era per il vento, no, la causa non poteva essere che quell’odore inconfondibile, acre e penetrante, che un solo animale lascia dietro di sé con tanta forza. Ruth si guardò attorno guardinga, non le faceva paura quella bestia, ma era imprevedibile, non si sapeva mai cosa le passasse per il cervello, sempre meglio starle alla larga e non provocarla.
scosse di dosso le ultime briciole di sonno e si affacciò all’uscio. Il vento continuava a soffiare con inusitata cattiveria e Ruth si strinse nelle spalle, un brivido le fece rizzare i peli della pelle; ma non era per il vento, no, la causa non poteva essere che quell’odore inconfondibile, acre e penetrante, che un solo animale lascia dietro di sé con tanta forza. Ruth si guardò attorno guardinga, non le faceva paura quella bestia, ma era imprevedibile, non si sapeva mai cosa le passasse per il cervello, sempre meglio starle alla larga e non provocarla.
Il pensiero non aveva
ancora finito di formarsi nella sua mente, quando sentì quel grido
inconsulto: «AIUTO UN ORSO!» E poi lo spezzarsi di rami e l’ansimare
forte della bestia spaventata. «UN ORSO» ripeté mille volte l’eco
del bosco. Ruth sorrise, mentre con calma si avviò verso il grosso
larice i cui germogli golosi e invitanti la chiamavano per un rapido
spuntino. «Che animale sciocco e rumoroso - pensò - non distingue un
orso da una signorina orsa.»
Verso sera il vento cessò
la sua pazza corsa e le nuvole si stracciarono in riccioli d’oro
contro il cielo di ametista; a Ruth tornò in mente il vecchio detto
che suo padre le ripeteva continuamente: «dopo il brutto arriva
sempre il bello»... che nella sua lingua, la lingua di Ruth... e di
suo padre, suonava più o meno cosi: «Nå in letz khinta hèrta daz
schümma.»
Che orso saggio era suo padre...
Che orso saggio era suo padre...
Andrea Nicolussi Golo
(questi suoi racconti li troverete prossimamente
sui pannelli dei sentieri intorno a Luserna,
uno è già stato messo, proprio da dove si vede la Valle)
Ma sara veramente così feroce l'Orso?????? Non certo quanto l'uomo.....................bellisimo racconto sono felice di sapere che verranno esposti sui sentieri dell'Altopiano. Floriana
RispondiEliminaAvete visto sul GV d'oggi che la camera dell'albergo delle Vezzene ha filmato il passaggio di un orso ? State attenti se andate passeggiare sui monti, potete incontrarlo (forse sono due o tre, chissà ?) Attento Andrea a Luserna !
RispondiEliminaOdette conosci vero la storia: "ho visto cento orsi...! beh proprio cento no, ma cinquanta... forse non saranno stati cinquanta, ma erano più di dieci di sicuro... insomma un orso l'ho visto! Beh forse non era proprio un orso..." Ecco non è cambiato niente tutti vedono orsi dappertutto, ma che siano proprio orsi nessuno ne è certo.
RispondiEliminaIo comunque essendo pronipote dell'ultimo uccisore di orsi delle Norre porto impresso il marchio di Caino e benché faccia di tutto per incontrarlo lui mi sfugge. Ho persino cercato di nascondere il mio orribile puzzo di umano con il sistema empirico che chi ha avuto la ventura di leggere Guardiano di Stelle e di Vacche ben ricorda... ma niente l'orso non mi vuole incontrare. Che sia parente di Don Sponcio? L'orso intendo.
Ah Ah Ah ! Ma allora, Sponcio era parente del poro Dino ?
EliminaIn Francia dicono : ho parlato con l'uomo che ha visto l'uomo che ha visto il cacciatore che ha visto l'orso....
Hüppes Andrea, biar haban gaspillt un gapattet, est iza chemmt dar nono un darnaach me glinzighe chimmet dar tondar un me guuten sleppen fan aars boda macht lachan dar péero.
EliminaIntanto hanno messo un collare a l'orso di Vezzene e lo possono seguire adesso. Ma come un orso solo avrebbe potuto uccidere tutte le mucche dell'Altopiano ?
EliminaScusate : volevo dire tutte le mucche che i giornali dicevano uccise ultimamente.
Eliminai Giornali si sà fan quel che serve sapere, ossia una mucca non fà primavera.
EliminaBene Andrea, cavalchiamo anche l'orso. Mi fai venire in mente, per associazione, un pensiero di Flobert: "Nessuno, mai, riesce a dare l'esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle".
RispondiEliminaMa forse che il silenzio lo sa dire meglio di tutto ? Avete visto il film "il grande silenzio" girato in Chartreuse nel monastero della Grande Chartreuse ? Se non avete paura del silenzio, ve lo consiglio.
RispondiEliminaIl pensiero di Flaubert mi fa pensare ad un gioco di parole di Daniel Pennac, scrittore francese contemporaneo, che dice : il bovarysmo è una malatia "testualmente" trasmissibile.
Altri dicono, anche : rispettiamo il senso poi la magia delle parole farà il resto. Il peso delle parole secondo Freud!