mercoledì 23 luglio 2014

Gatto mattone


 – Agosto 1915 -
Località strada della cingella


Mi chiamo Guido Leonardi detto Gatto Mattone, tutto perché da bambino avevo un gatto fulvo e a chi mi domandava il nome del gatto rispondevo: gatto mattone. Tutto sommato mi piace e mi rende simpatico, ...forse.  Adesso sono qui in contrada dei Bàisse attendato con una compagnia di sanità che opera nella casa più a sud, appartengo  al battaglione Bassano, sono aggregato come portaordini  (sono piccolo di statura e corro veloce) come servizio armato ci sono due reparti della brigata Alessandria, piemontesi bonari e sornioni. Amano stendersi sui prati a nord dei Bàisse, ma non di rado arrivano colpi di artiglieria nemica che provoca un fuggi  fuggi  generale. Sulla montagna di fronte a noi ci sono i nostri, sù fino a ridosso del forte di Luserna e sulla sinistra, appena sopra una radura detta di Belfiore, ci sono gli Austriaci .
Pochi giorni fa la nostra linea di Belfiore è stata attaccata e purtroppo ci sono stati molti prigionieri, anche il capitano comandante. Sulla nostra destra c’è una mulattiera chiamata Cingella che porta in due ore in zona di Vezzena, dove proprio stasera sul far della notte devo portare degli ordini scritti al comandante della brigata Treviso. Partirò verso le dieci; se tutto va bene in cinque-sei ore sarò di nuovo sul mio giaciglio di paglia asciutta che mi attende. Mi dicono che andremo in due perché  stanotte sarà movimentata, spero di non trovare guai. La valle sotto di noi stasera è insolitamente silenziosa:  spari, grida, sassi, ...niente! Tutto tace! Questa ombrosa valle è la Torra profonda e selvaggia, per adesso nessuno di noi ha avuto il privilegio di andarci, anche perché  per esercitarsi al lancio ci buttano sassi e sipe, le nostre bombe a mano. Dalla contrada si vede la strada che serpeggia giù fino al paese di S. Pietro, abbandonato dalla popolazione nel maggio scorso. Che tristezza vedere le case vuote, le stalle aperte e le vie silenziose! Già molte case sono state saccheggiate e per la strada si vedono buttati a terra mobili, coperte, biancheria varia e persino la canonica con tutti i libri e documenti parrocchiali è devastata…e pensare che gli ufficiali ci avevano minacciato punizioni, ma non è servito! La guerra ci rende tutti come affamati di non so cosa, la sensazione che oggi ci siamo, domani chissà, ci dà una specie di libertà da criminali. Un’auto sta arrivando, ne scende un ufficiale magro con gambali di cuoio, parla col capitano medico e se ne va. Guai in vista. Difatti, dopo un po’  il capitano mi chiama: Gatto, parti subito! E mi dà una busta gialla indirizzata al comando della brigata Treviso sita nel bosco della Brusolàda  zona  Bassòn,   verrà  insieme  con me  un fante;  tutti e due armati del fucile che di solito noi portaordini non portiamo, per essere più veloci nella corsa. Il sergente mi  avverte che stanotte ci sarà da ballare, io non ci bado; penso che il mio lavoro è portare la busta a destinazione e basta; …, ma mi sbagliavo.                                                                                                                                                    Ore 9,30 partenza per la Brusolàda.





La notte è di un chiarore spettrale, la luna sembra ci rida e con i nostri scarponi chiodati ci sentiranno anche gli austriaci. Un po’ di fortuna mi viene incontro: scopro che il mio compagno di viaggio conosce la zona essendo nato nella valle dell’Astico, parla poco e non sembra contento di accompagnarmi sulla cima del Campolongo. Il nostro forte tace, le granate di giugno lo hanno messo fuori combattimento.Peccato! Arriviamo dove la strada spiana e prima di un burrone pericoloso sulla nostra destra scorgiamo una baracca in legno, ne esce tutto trafelato un tenente della territoriale che ci impone l’alt. Dopo aver controllato i documenti ci avverte che nella zona alta, sotto una parete di roccia imponente chiamata soglio alto, arrivano dei colpi e non sanno da dove e quindi dovremmo essere veloci e prudenti al passaggio sotto il soglio. Salutiamo e via. Immerso nei miei pensieri non mi accorgo che sto sudando. La strada si fa più erta e si sentono spari in lontananza, sù verso nord. Il bosco adesso ci sta proteggendo e camminiamo più svelti; nelle vicinanze di una marcata curva a destra facciamo sosta e ne approfittiamo  per bere. Giovanni, il mio socio, mi dice che se tornerà a casa sano da questa guerra in questo posto farà un capitello dedicato a tutti i passanti: una Madonna che benedica chi passa. Sono certo che lo farai, gli dico. Intanto erano quasi le dieci e la luna sembrava quasi da toccare, la montagna sembrava brillare di luce propria, il profumo di resina ci avvolgeva, ma dei forti scoppi verso Camporosato  ci fecero tornare nella realtà. Dopo alcuni tornanti eravamo sotto la parete di roccia, notammo dei mucchi di fieno e la voglia di stenderci a dormire era grande. Delle pallottole vaganti nessuna traccia, quindi guadagnammo in breve tempo la cima Cingella. Sentivamo rumore di spari, ma verso i Fiorentini, lontano da noi. Di buon passo eccoci a Camporosato, una bellissima malga da alpeggio trasformata in campo militare, c’era una forte presenza di artiglieria e si stavano spostando verso il Costesìn. Noi scavalcammo il dosso di fronte e arrivammo vicino alle prime linee italiane. Erano circa le undici. Vicino a noi sentimmo una banda musicale che suonava la marcia reale, non capimmo, uno squillo di tromba ci fece girare lo sguardo verso il Bassòn e subito tutta la fanteria attaccò al grido Savoia la cima del Bassòn. Scoppi, gracchiare delle mitragliatrici, lampi, grida, lame di luce dei fari illuminavano tutto. Non sapevamo cosa fare; in quella confusione nessuno sapeva dirci dove stava il comandante della brigata Treviso. Un sottotenente ci venne incontro e ci ordinò di seguirlo, ma fummo travolti da un battaglione che stava per attaccare. Il buio, il fumo, la paura fecero che ci trovammo coinvolti nella battaglia e subito persi di vista il mio compagno. Un tizio, credo un sottufficiale, gridava “avanti avanti“, ma correre in quel groviglio di reticolati, terreno sconvolto, tra morti, feriti e pallottole che fischiavano da tutte le parti non era facile, non feci in tempo di prendere il mio fucile che uno scoppio mi fece volare per dieci metri dentro una dolina, svenni e al mio risveglio mi ritrovai guardato a vista da un tipo con due baffi enormi. Ero prigioniero, ma mi stavano curando le bruciature che avevo nelle gambe e nel collo. Meno male, mi dissi. Dopo vari campi di prigionia ora sono, credo, nella zona di Vienna. Di giorno lavoriamo sulla ferrovia e un capo baracca mi ha procurato carta e matita e ho potuto scrivere della mia unica notte di guerra. Se tornerò a casa andrò certamente a visitare il capitello del mio socio, o almeno lo spero. Zona di Vienna, Campo 14, Baracca 7. Che Dio me la mandi buona...      

1937 - ritorno sulla Cingella -              
Lo cercai, ma mi dissero che era partito per il Sud America, ma un saluto te lo mando da qui dai Bàisse. Tutta la contrada è rimessa a nuovo.  Nessuna traccia dell’ospedale;  la strada è sempre quella e ho visto il tuo capitello. Magnifico! A guardare negli occhi Maria ci si sente tranquilli. Che pace, che silenzio. Ce l’abbiamo fatta tutti e due chissà se un giorno mi racconterai dove eri finito, sù sulla Brusolàda. Ho visto la gente fare il segno della croce e pregare sotto il tuo capitello. Chissà se sanno anche ricordarsi di te;  io credo di si. Ho saputo che più di mille giovani sono morti per il Bassòn,  noi siamo stati anche un po’… fortunati…. Ho visitato la malga tra il profumo del latte e del formaggio, ho rivisto dove mi hanno fatto prigioniero e ho notato ancora parecchio materiale bellico in giro. Mi auguro che questi posti possano tornare al loro antico splendore. Ho rivisto volentieri il paese di S. Pietro, pieno di gente, di bambini e donne tutti al lavoro nei campi. Belle le loro terrazze tutte coltivate a semina e l’acqua della fontana in piazza: ti ricordi che fresca e che buona? Hanno persino una specie di cooperativa che lavora il latte; ho provato il loro squisito formaggio: una delizia. Auguro a questa gente tanta felicità e prosperità. Sai... ho saputo il contenuto della busta gialla, era scritto: AL TENENTE COLONELLO MARCHETTI COMANDO 115 REGGIMENTO FANTERIA TREVISO: le comunico che ospedale case Bàisse S. Pietro dispone venti posti letto disponibili, già allertati per ore ventitrè, Sua richiesta di pennini nuovi e inchiostro non sono disponibili, domani a mezzogiorno  gradita Sua presenza al comando di brigata in ARSIERO firmato GENERALE COMANDANTE VILLA. Come tu sai il povero Marchetti cadde quella stessa notte, magari al comando qualcuno si domandò come mai  mancava il  Marchetti.
Ti saluto Giovanni, un giorno la rifaremo insieme la Cingella, ne sono sicuro!                                                                                                                                                                                                                                                                             Case Bàisse S. PIETRO IN VALDASTICO                
Agosto 1937 - Guido Leonardi -                                                      

2 commenti:

  1. Se si puo dire racconto "sul vivo" ; emozione e storia. Grazie Piero. Chissà se questo Guido Leonardi, gatto mattone, abbia avuto sette vite, dopo.
    Intanto quella volta ha avuto fortuna.

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  2. gentilissima Odette...un saluto, ciao

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