mercoledì 30 luglio 2014

La Val Torra




La Val Torra, valle misteriosa ed oscura, fu, per molti secoli la sola via di comunicazione fra l’Altopiano dei sette Comuni e la Val d’Astico. Il suo nome deriva, secondo alcuni storici, da  THOR  dio del tuono, divinità dei popoli  cimbro tedeschi. E’ una  valle lunga circa dieci chilometri che, partendo dall’Astico, dopo circa novecento metri é cavalcata da un ponte in pietra , di circa venti metri, costruito un secolo fa da un celebre scalpellino, tale Giovanni Sartori, dai Lucca, autore di diverse altre opere. Questo ponte congiunge il paese di San Piero con quello di Casotto e si chiama Ponte delle Sleche (in lingua cimbra: sentiero in pessime condizioni). 

Partendo da qui,  la valle si incunea in un forra (gola, canyon) con strapiombi da ambo le parti  alti in certi punti più di duecento metri;  la sua larghezza è di non più di dieci metri. Pericolosissima all’inverno per i candelotti di ghiaccio di cinque, sei metri di lunghezza, cinquanta, sessanta centimetri di circonferenza,  che quando cadono provocano il fragore di una bomba.  Si allunga così per circa quattro chilometri fino allo "Spissaròto" ove ha luogo la presa d’acqua dell’acquedotto di San Pietro.



 
Il torrente prende la sua forma  nell’impluvio della località Bìsele, patria delle famiglie ROSSATO, detti GALENI. Dopo circa  seicento metri si infila in un canyon di cinquanta metri di profondità e di sei metri di larghezza, cavalcato da un ponte in cemento e carrozzabile ora, ma che un tempo era una misera passerella in legno che serviva per alimentare gli abitanti del Bìsele di farina macinata nei mulini della Val d’Astico e portata fin quassù a spalle passando per Belfiore, Luserna. Di qui passavano le raccoglitrici di funghi che, partendo da Luserna, venivano nelle nostre  montagne a funghi russi, cochi, brise ecc. Il giorno dopo li portavano a Trento a venderli. Di ciò posso testimoniare per averle incontrate più di una volta alla Porta e fin nel Trugole. Quando le vedevo mi facevano paura: erano tutte infagotà sù con un gran fazzoletto in testa,  la faccia rossa, i oci sbarà fora, el bigòlo con le do séste tacà sù... Via a gambe levate!...  

Sembra che in una enorme pietra posta accanto al ponte  fosse stato scolpito un gallo con sotto questa scritta: “Quando questo gallo canterà... la famiglia ROSSATO scomparirà”...






Da sempre la TORRA fu confine orografico naturale fra gli abitanti della sinistra di origine veneta e quelli destra Casotto. Divenne pure di Stato quando nel  1600 la Repubblica di Venezia la consegnò alla diocesi di Trento  di fatto nelle mani dei conti TRAPP.       
Sembra che verso l’anno 1100 si siano stabiliti nel nostro Altopiano  dei coloni provenienti dalla Baviera, colpita a quei tempi da grande carestia. Stabilitisi a Luserna  verso l’anno 1400, alcune famiglie scesero e si stabilirono prima a Belfiore, dissodando le magre zone piane e vivendo di pastorizia, e poi, quando la Val d’Astico risultò più sicura, nell’attuale paese. Verso il 1740 ebbero la loro prima chiesa dedicata a San Giovanni Nepomuceno.                                                                               


Sotto i conti Trapp, Casotto ed il vicino Pedemonte divennero  paesi austriaci, con la bandiera dai colori asburgici:  giallo e nero e con l’aquila.   Un servizio di dogana, un ordinamento familiare  scolastico e religioso in tutto conforme al Codice Civile Austriaco e con una “REGOLA” propria alla gestione del patrimonio comunale. E' stupefacente e forse anche ammirevole come ancor oggi, dopo un secolo, abbiano nel cuore il nostalgico ricordo di Francesco Giuseppe e della "zia Zita" (molti  hanno ancora oggi i loro ritratti appesi in casa) e questo malgrado tutte le sofferenze, le umiliazioni, le privazioni  patite solo nei quattro anni di guerra ’15-’18: rinchiusi a BRAUNAU in baracche fatiscenti, trattati come prigionieri, obbligati anche giovanissimi a lavorare, un vestito e un paio di scarpe l’anno! Fuori dalle baracche potevano leggere a caratteri cubitali: “ITALIENIER  RAUS “... 


E chi non ricorda la solenne cerimonia  dell’agosto scorso, la posa della corona nella casa natale del Capitano SCHÜTZEN  G. B. Sartori e l’inaugurazione della strada del Bersaglio a : STANDSCHÜTZEN COMPANIE  di Pedemonte e Casotto?! I Standschützen (tiratori al bersaglio), si dicevano ”Eredi di una tradizione secolare, difensori della loro terra, fedeli servitori dell’imperatore”, il TIROLO come sola patria. Erano giovani, meno di diciassette anni ed anziani di più di cinquanta. Vestivano giacca e pantaloni di panno, calzettoni di lana, scarpe chiodate, sul bavero cucita  l’aquila tirolese. Il primo soldato italiano caduto alle marogne nella Val d’Astico fu opera di uno schütze di Casotto. Furono  questi stessi schützen che, partiti i soldati italiani, si precipitarono a San Pietro  depredando e devastandone le case! E, massimo sacrilegio, rubarono le campane per fonderle e fare cannoni! 

E questo, non fu loro mai perdonato! 
   


E' per questo che fino a qualche tempo fa, quando dai Baise o dai loti si vedeva uno da Casotto dall’altra parte della Torra, si gridava:
"PAGA LE CAMPANE" e l'eco della valle ripeteva... ANE... ANE... ANE  
E loro offesi rispondevano:
"PAGA TO MARE, REGINA DELE P... 
ANE... ANE.. ANE"
Lino Bonifaci

19 commenti:

  1. Grazie Lino, peccato non vedere nella pagina anche questo ponte di pietra.

    RispondiElimina
  2. Sono notizie queste, sconosciute a noi giovani. A volte tristi, a volte colorate, ma sempre bene da sapersi. Sono particolari che nei libri di scuola non sono riportate.
    Ben vengano dunque questi tipi di racconti. Grazie a voi tutti che siete tanto bravi.

    RispondiElimina
  3. Come correttamente riporta Lino, il ponte di Rossato venne costruito dall'omonima famiglia di Maso Scàlzeri che fino alla fine del settecento aveva larghi possedimenti nel Bìsele. Questo ponte permetteva il trasporto delle granaglie macinate nel loro mulino, in tutta la montagna. I Rossato, come altre famiglie della Valle (es. Serafin e Spagnolo a San Pietro) erano di simpatie filofrancesi e con la Restaurazione degli Asburgo dopo la Conferenza di Vienna, subirono delle ritorsioni venendo espropriati proprio di quelle terre. Il gallo dei Rossato, che siglava il basamento del ponte, si può ancora ammirare affrescato sull'ingresso della loro casa avita agli Scalzeri.

    RispondiElimina
  4. Non sapevo che Galeni fosse un soprannome dei Rossato, piuttosto che di alcune famiglie Nicolussi di Luserna, che forse però erano loro fittavoli al Bìsele ne acquisirono il nome.
    C’è qualcuno che può confermare questa ipotesi?

    RispondiElimina
  5. finalmente, era ora, adesso posso dormire tranquillo, la storia de pagare le campane è venuta fuori,grazie Lino

    RispondiElimina
  6. Sponcio
    A no go mia capìo ben parchè le lusernàte gheva i oci sbarà fora e la facia rossa. Se podaria pensare che anche l’autore non sia sta messo massa ben par farghe stò effetto a quele pore done.

    RispondiElimina
  7. E no me par gnanca che sia el caso de fare tute ste storie parchè i ghe dava dele Puritane. Le dovaria essare sta anca contente de passare par gente timorata.

    RispondiElimina
  8. Non mi ha mai convinto l’etimologia di Torra derivante da Thor, inteso come divinità nordica. Se è vera (e personalmente non ne sono affatto convinto) l’origine dei primi abitanti come scesi dalla Baviera nell’alto medioevo, a quel tempo essi erano cristiani già da secoli e questa ipotesi sarebbe assurda. "Tor, Tuar" in cimbro ha significato di portone, porta (il toponimo di "Porta" ricorre anche nel testo di Lino). Anche Lucca potrebbe derivare da “Lukha”, che significa varco, breccia, passaggio. Prima che nel 1600 terrazzassero le rive dei Lucca e lì s'insediassero delle famiglie, probabilmente la località era semplicemente un passaggio nel bosco che conduceva in montagna.
    La Torra rappresenta infatti la “porta” di accesso alla montagna, come i Lucca il suo naturale ”varco” per chi vi accede da San Piero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo...... e aggiungo che il cognome "Sartori", il più numeroso a Casotto, non è certo un cognome bavarese........

      Elimina
    2. di Bafiera fursi no, ma dela Bassa Sassonia magari anca. Wolfgang Sartorius von Waltershausen, insigne astronomo e geologo che potrebbe ispirare al Sera un bel gnomone dodecaedrico da mettere in giardino.

      Elimina
  9. Questa parte della Valle mi ha sempre affascinata, forse proprio per i suoi camminamenti impervi e misteriosi, forse per la curiosità di sapere dove si poteva arrivare, mi sono goduta le spiegazioni del racconto rivivendo le emozioni provate in gioventù ma stando seduta comodamente al riparo dai pericoli. Grazie Lino !!!!!!Floriana

    RispondiElimina
  10. Sponcio, sarebbe lungo a spiegare.Luserna é un paese di origine cimbrotedesca vissuto per secoli separato dal mondo.Usi, costumi,dati sommatici differenti dei nostri. Quando passavamo per la strada ci guardavano con lo stesso sguardo che noi guardiamo i neri,
    e noi guardavamo loro come fossimo in un paese di Eschimesi. Ti parlo di settanta anni fa.Ancor oggi potrei indicarti persone di San Pietro con origini di Luserna.....

    RispondiElimina
  11. Che interessante leggere tutte queste notizie arcaiche e non riguardanti i nostri stimatissimi vicini casottini (come diceva la cara Silvia).
    VERAMENTE bravo Lino...

    RispondiElimina
  12. Bello! qua ogni desiderio è un ordine! Lino ancora grazie! quanto mi dispiace non riuscire a fare quel percorso, per vivere di persona quel che hai raccontato... (vecchia frattura della caviglia...). Mannaggia...

    RispondiElimina
  13. però manca un inchino al signore della Torra, chi sarà il signore della torra...la risposta è nel sito di casotto nel post sul campanile di roccia della valle.

    RispondiElimina
  14. questo signor Lino non credo di conoscerlo ma ho letto tutti i suoi racconti in questa settimana e sono semplici ma molto belli. il ponte di rossato tante volte sentito nominare e mai passata e ora lo vedo in foto. quasi quasi vado a vederlo quest'estate che mi pare tanto suggestivo. magari chissà che fresco in agosto e quanti ciclamini!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. il ponte della foto non è il Rossato ma quello delle sleche, sul sentiero capitello della torra-casotto, ciao

      Elimina
  15. Guarda sto quà,de che se sente un po' de spussa de polvere da sparo(el bersaglio le li' sora)lu el ghe se sempre!!!Giustissimo quelle due fotografie sono del ponte delle sleche,che mi go descritto bene come opera del celeberrimo scalpellino Giovanni Sartori Baston. Ebbi l'onore di conoscerlo personalmente essendo ,nella mia tenera età,mio vicino di casa.Il ponte dei Rossato,l'ho conosciuto quando era in legno decrepito,tutto scricchiolante tanto che le vacche non volevano passarci sopra.Ora é in vil cemento!!!!

    RispondiElimina

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...