venerdì 15 agosto 2014

I fantasmi del gorgo


                                                                     

      Nei nostri frequenti spostamenti alla ricerca di avventura, ci trovavamo spesso a ciondolare nella zona di Casotto, percorso il sentiero delle sleche si apriva per noi un mondo fatto di fantasia e paure. Quelle alte rocce, l’acqua che ci scorreva sotto, il lago buio e misterioso, ci davano brividi da nuovi esploratori.
A giugno le ciliegie di Ugo ci allietavano le scorribande, stando attenti che il padrone non arrivasse, ci gustavamo i succulenti frutti, oggi credo che non esistano più o perlomeno quei ciliegi non dessero più i frutti di una volta, il mio amico Sandro sempre prudente e attento faceva sempre una ottima vigilanza.     Entrare nella grotta del rio Torretta era emozionante, il plic ploc delle gocce che cadevano sul lago ci regalavano fantasie di mostri sguscianti dalle acque trasparenti, ma nere nella profondità della grotta.
La voglia di imbarcarsi con un canotto verso l’interno ci tormentava, ma trovare il natante era più facile a dirsi che a farsi. Alle volte l’acqua era così trasparente che risultava difficile da vedere, buttare avanti un sasso era saggio per non cadere nel lago. 
Un centinaio di metri dopo il ponte esistono dei ruderi di una casa, luogo chiamato Bersaglio, probabilmente il sito veniva colpito con colpi d’arma da fuoco durante la scuola tiri, oppure si facevano dei tiri al bersaglio in quel luogo da parte degli abitanti di Casotto, Regolamilitare nell’impero di Francesco Giuseppe. 
Lì ci troviamo su una magnifica balconata e lo sguardo sulla valle della Torra e dell’Astico ci fa pensare ad alta voce ”che posto stupendo”... 
Sotto i rami ombrosi del grande albero, un bellissimo esemplare di ippocastano, c’era spesso una signora anziana di Casotto; quando ci vedeva cominciava a brontolare, ma appena eravamo al cospetto della Madonnina, diventava più affabile e con un fare investigativo ci chiedeva lumi sulla nostra presenza. 
A noi piccole pesti ci sembrava di parlare con una forestiera, la prendevamo per matta, sempre ci chiedeva se avevamo incontrato sul sentiero verso il capitello della Torra il sergente.
Sapevamo che la conversazione finiva sempre sul sergente, e con sorrisetti da ebeti la deridevamo; sul suo sergente non ci fece capire molto, ma una volta ci disse che la valle non sarà sempre cosi, un giorno tornerà tutto come prima e il suo (e ci teneva a rimarcarlo) sergente tornerà a prenderla. 
Sicuramente dopo alcune stagioni quel sottufficiale dell’impero asburgico tornò a prenderla e nelle calde serate estive, seduti sulla panca sotto il gigantesco ippocastano si saran goduti il fresco della val Torra. 
Un tiepido sole già scaldava la campagna, i vari appezzamenti di terreno erano tutti coltivati a patate e i filari delle viti muovevano in modo frenetico le foglie, disturbate da un vento dispettoso e fresco; noi alla ricerca di nidi di merli sgambettavamo dalle parti del Gorgo: luogo mitico per tutta la gioventù del paese, con le sue tumultuose e  fredde acque era ed è un ambiente naturale come pochi. Portarsi con coraggio sotto la cascata del Gorgo di sopra era un divertimento, in pochi secondi lo spostamento d’aria provocato dalla cascata ci toglieva il respiro lasciandoci fradici, ma inebriati dal momento. 
Sul sentiero verso il ritorno, prima del capitello della Torra, sentimmo dei richiami, un filo di voce; girandoci scorgemmo la figura a noi nota della Maria poma,simpatica vecchietta che spesso prendevamo in giro, ma  sempre con delicatezza. Restammo stupiti di incontrarla lontano da ”Casa Nostra” dove viveva, certo fu che l’incontro si svolse frenetico e comico. 
Si mise a parlare, ma il suo discorso non era del tutto comprensibile, ogni tanto ci facevamo dire un’ave Maria per calmarla e tra un’ave e un respiro profondo capimmo che il Gorgo aveva l’acqua rossa e sulla sua riva c’erano dei soldati con le tende. 
Stupiti e curiosi tornammo giù in valle, sotto il ponte delle sleche; la Torra ingrossata dal disgelo, sembrava aver fretta di raggiungere il suo fiume, lo slalom tra le rocce era molto marcato e l’uscita dalla gola era violenta e impetuosa. 
Con passo veloce e curiosità crescente scendemmo l’ultima rampa di scalini, saltammo il muro di contenimento del torrente e via verso la piccola spiaggia del Gorgo.
L’acqua del lago era agitata, la cascata spingeva le onde verso riva, ma del campo militare nessuna traccia, strano invece il colore dell’acqua: era di un rossiccio argilloso, dovuto certamente a smottamenti di terreno a monte del piccolo lago. Tornammo di fretta verso casa, delusi e amareggiati per non aver incontrato i soldati, in più iniziò a piovere facendoci correre sotto la volta del capitello. 
San Carlo ci guardava con sguardo di compassione e visto che la pioggia non cessava, partimmo lo stesso verso casa.
Arrivati sotto i poggioli di "Casa Nostra" una voce conosciuta ci chiamò, capimmo subito che la Maria poma ci aveva preso in giro e grande fu lo sconforto. 
Noi che sempre facevamo gli idioti con lei, stavolta ci aveva gabbati, presi per il sedere in quella maniera costò un po’ di vergogna, ci salutammo con un “zé mejo ca no ghe lo contémo a nissùn".
Seduta sulla sedia di paglia, guardando verso Valpegara la Maria pomarideva.

Piero Lorenzi

1 commento:

  1. Bellissimo. quante persone avranno sognato tra i boschi e le acque del mitico Gorgo??????????Floriana

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