Soltanto uno dovrebbe risalire al secolo precedente; quello della Madonna che si trova verso metà percorso, a guardia del bivio che s’addentra nelle Valpiane.
Esso è anche l’unico con la classica struttura a tabernacolo in muratura, mentre gli altri consistono in piccole edicole o nicchie con statue o quadri di santi applicate sulla roccia nei luoghi teatro degli scampati pericoli.
Questo della Madonna si trova in posizione strategica, prima della Val Longa su uno slargo nel bosco.
È edificato in muratura di sassi e calce, intonacato e dipinto, con il tetto di cemento embricato e una cavità a volta. Si trova in posizione un po’ rialzata e rientrata rispetto alla strada. Il fondo della nicchia è affrescato con una figura stilizzata della Vergine, sul medaglione di sinistra è raffigurato San Pietro, su quello di destra l'Angelo adorante e dalla volta incombe lo Spirito Santo in foggia di colomba.
Si tratta di rappresentazioni di maniera, come se ne incontrano molte nei capitelli nostrani, dove la resa dei particolari anatomici riflette l'acerbità dell'arte. L'insieme però è evocativo e irradia un'aura di pace e serenità.
Sugli spioventi interni dello sporto del tetto è iscritta, a caratteri maiuscoli latini, la dedica:
“O MARIA BENEDICETECI E PROTEGGETECI SU QUESTO NOSTRO CAMMINO”
Nel tempo si sono resi necessari diversi interventi di manutenzione, probabilmente uno nel 1965 e l'ultimo nel 2005, che lo ha dotato di un nuovo tetto in legno sovrapposto all'esistente copertura in lastra di cemento.
Di fronte al capitello, sulla destra, al termine del parapetto in legno che corona il piccolo altare, è stata piantata una croce in occasione dell'Anno Santo del 2000, mentre più sotto, sulla sinistra, è stata posta da Edoardo Sella una piccola edicola in legno che custodisce un crocefisso di metallo, portato dal Venezuela da Gianfranco Sartori in ricordo del fratello Mirko, stroncato in un incidente di motociclistico nel 1954 a soli 19 anni.
Questo
era un luogo di agognata e meritata sosta nella salita in montagna. Da una trentina d'anni, su iniziativa di Edo e dell'allora parroco don Romeo Martello, entrambi figli di carrettieri, s’è instaurata la tradizione di celebrare sul posto una Santa Messa a metà estate.
In quella occasione sono molti i paesani che affrontano la Singéla memori delle quotidiane fatiche dei loro avi e si portano fino a quella meta per non dimenticare quanto quella strada abbia significato per le passate generazioni, dove lavoro, fatica e pericolo, ma anche fede e speranza erano compagni di vita.
Si narra che l’edicola sia stata eretta per voto fatto da un malgàro di Posellaro in favore della figlia in pericolo di vita. Non ci è stato tramandato il suo nome, sicuramente era foresto e sfuggiva quindi alle modalità di identificazione in uso in paese. Così, mentre tutti gli altri portano il riferimento al loro autore, questo è rimasto semplicemente La Madòna dela Singéla, oppure, più brevemente: El Capitélo.
Non
si conosce neppure l’anno esatto di costruzione, probabilmente è il più antico di questa strada e fu edificato verso la fine del XIX° secolo quando il comune pose mano alla sistemazione dei
sentieri della montagna per permettere il transito dei carriaggi a tiro
animale.
Fu infatti solo verso la fine dell'ottocento che la Singéla, in più riprese, assunse il
tracciato e la conformazione attuale, prima era una serie di impervi
sentieri appena idonei al transito
pedonale e allo strascico. Ma fu tra le due guerre che essa assurse a via di comunicazione fondamentale per le attività del paese.
Questa innovazione permise il fiorire in paese dell’attività dei cavalàri, addetti al trasporto a valle del legname per mezzo dei baròssi trainati dai muli. Prima di allora e per secoli, la conduzione del legname veniva effettuata con le menàde, ovvero lo scivolamento dei tronchi per gravità su alvei vallivi o condotte gelate, appositamente predisposte nella stagione invernale.
Dal fondovalle della Torra il legname veniva quindi trascinato con i buoi in prossimità dell'Astico e infine, in primavera, fatto fluitare sul torrente ingrossato dallo scioglimento delle nevi fino alle segherie della pianura, come ben ci ha documentato Don Giovanni Toldo nella sua storia del paese.
[* Quantunque sia invalso l'uso topografico di chiamare questa strada Cingella, io la chiamerò Singéla, come sempre si è chiamata da noi. Nessun paesano infatti si è mai sognato di chiamarla Cingella e mi sembra assurdo, e anche ridicolo, italianizzare questo toponimo che è solo nostro]
Gianni Spagnolo 8/7/13
Bravo come sempre Koskri, alla fine devi raccogliere tutto in un libro.
RispondiEliminaIl libro, caro Gino, è già stato scritto. E' stato inciso sulla terra dal sudore di ogni generazione che si è succeduta. E' scritto in una lingua che ormai non si comprende quasi più; una lingua che la nostra generazione ha avuto appena modo di sentire. E' scritto sulle masiére, sulle vanéde, sui strodi, sul disegno dei boschi, dei prati e dei campi, sui capitelli, sulle vecchie contra', case, téde, stale e bàiti superstiti, sulle rode e sui ponti, sulle antiche piante da frutto rinsecchite che ancora resistono in qualche angolo remoto; nelle storie che ci hanno raccontato. Quello che forse manca non è un libro, ma la capacità di leggere.
RispondiEliminaSempre sublmi i tuoi racconti e la frase sopra mi riempie di commozione. hai mai notato che quando si entra in valle ti entra nelle orecchie un rumore di sottofondo come se ti racontsse il suo passato???????Floriana
EliminaHai ragione su tutto, però, perché scrivere tutte queste pagine di storia solo in un blog e non su un libro?
RispondiEliminaIl libro resta, mal che vada te lo leggi al lume di candela se dovesse mancare la corrente, i blog come sappiamo, nel malaugurato caso che la corrente manchi o che Page e Sergey i fondatori di google, decidessero che non gli interessano più, o spariscono, o ti fanno pagare per averlo, e per il secondo caso almeno da parte mia non sarà tutto gratis ancora per molto.
Cmq tu pensala come vuoi. ma da parte mia un bel libro con i tuoi racconti ci starebbe un sacco bene nella nostra biblioteca...
a bientot il tuo Koskri
Gianni, sono pienamente d'accordo con Gino. Sarebbe un vero peccato perdere tante pagine della nostra storia. Ho letto qui sul blog tante belle storie del nostro passato e farne un bel libro per la nuova generazione non sarebbe una brutta idea.
EliminaRenata ci sarebbe anche un libro da scrivere sulla gente della Val d'Astico. Questa valle è una valle particolare perchè ha sofferto molto più delle altre, delle guerre, dell'emigrazione. Questo passato, come diceva anche Gianni S., ha condizionato il futuro, l'"oggi" che conosciamo.
EliminaBeh, io ne propongo almeno un paio.
RispondiEliminaQuesto coi racconti, e l'altro con le battute sponcike!
Sai che ci penso da un po'???
RispondiEliminaOgnuno sceglie un tema che riguarda la valle e dopo mettiamo assieme i capitoli. Scriviamoinsieme un libro comune. Alago aggiunge le foto vecchie, quelle dei cantieri ecc..., Lucia farà le "interviews" dei personaggi VIP della valle, Carla cercherà i commenti magnifiques di Sponcio, la parte storica la lasciamo a Gianni e Lino; la parte natura a Gino, la parte sentieri/turismo a Nicolo e Piero, la parte filosofica a Philo, i racconti dei nonni a Floriana, il fondo valle a Sera, il destra Astico a Agos, Genio, l'archivista generale, Heidi avrà "carte blanche" per scegliere il suo tema, come tutti gli anonimi magnagatti, (gonti desmentegà qualchedun ?)per arrivare ad un capo-lavoro, alla guerra e pace de TolsNoi.
Eliminaaggiungere ...La parte de Ricardo Stefani : i fiori della valle.
EliminaRenata : sei un ottima cuoca ? Ti propongo le ricette della valle.
ok ci sto :-)
EliminaSe ve serve uno che ve scorreggie la bossa....
RispondiEliminaMetela là, la bossa, e dane l'ok par metare in lebercolo le to sparate!
Eliminae l'imprimatur preventivo a oci sarà, sula fiducia.
Ragazzi, e-ti-mo-lo-gi-ca-mente, cosa significa SINGELA ?
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