lunedì 2 marzo 2015

Da Ici a Tasi, il nome cambia ma la tassa raddoppia

IL PAESE DEI TARTASSATI

In quattro anni le imposte sono cresciute del 115%


Nell’arco di quattro anni i governi hanno fatto appello a tutta la loro fantasia per cambiare il nome delle tasse sulla casa ma il risultato, a dispetto delle promesse, è stato un aumento esponenziale delle imposte. Dall’Ici all’Imu per arrivare alla Tasi e alla Tari, dal 2011 al 2014 il peso delle tasse per i proprietari di immobili è più che raddoppiato aumentando del 115%. Se nel 2011 gli italiani pagavano 14,8 miliardi di euro, nel 2014 la cifra è salita a 31,88 miliardi. E questa corsa dovrebbe continuare anche quest’anno. Le imposte locali sugli immobili, tra Imu, Tasi e Tares, dovrebbero arrivare infatti a 31,88 miliardi rispetto ai 27,80 miliardi di euro del 2013.

Secondo un dossier messo a punto dalla Confcommercio sulla fiscalità con particolare attenzione a quella immobiliare, emerge che qualora scattassero le clausole di salvaguardia previste dalla legge di Stabilità, nel triennio 2015-2018 si arriverebbero a pagare ben 72,7 miliardi di tasse in più. "È un pericolo da scongiurare, perché potrebbe compromettere la ripresa economica» ha commentato Mariano Bella, direttore dell'ufficio studi dell'associazione dei commercianti che sollecita di rimettere mano alla tassazione per abbassarla. «Se si vuole che il 2015 sia l’anno dell’uscita dalla crisi bisogna abbassare le tasse e la spesa pubblica», dice a chiare lettere il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. «Registriamo segnali di risveglio della nostra economia che devono però essere supportati con interventi di riduzione fiscale su imprese e famiglie, che siano certi e generalizzati".

Dal dossier della Confcommercio emerge che ogni famiglia spende in tasse locali circa 4.200 euro l’anno. E in rapporto al Pil sono più che raddoppiate dal 1995 al 2014, passando da 2,9% a 6,5% dunque l'aumento è stato più alto a quelle centrali. Il dato provvisorio per il 2014 della pressione fiscale complessiva, tra tasse locali e centrali comunque dovrebbe attestarsi al 43,8% rispetto al Pil. In termini di valore i tributi locali, sempre nel 2014, pesano per 104,7 miliardi e quelli centrali per 381,6 miliardi.

"I soggetti che spendono di più e male sono costretti dal patto di stabilità anche ad aumentare le imposte" ha spiegato Bella, citando l'esempio di Calabria e Campania dove un contribuente con imponibile Irap e Irpef pari a 50 mila euro paga 850 euro di tasse annuali in più rispetto alla Lombardia. "È un federalismo da rivedere - dice Bella - anche perchè genera iniquità e incertezza". A livello regionale a servizi spesso peggiori corrispondono imposte maggiori, con una perdita di reddito netto rispetto ai minimi di oltre il 7%.

All’orgine dell’alta tassazione c’è il problema di una spesa pubblica troppo alta e poco efficiente. "Nonostante negli ultimi vent'anni la percentuale di spesa pubblica sul Pil sia cresciuta del 5%, l'Italia non è riuscita a crescere" ha sottolineato Mariano Bella confrontando la situazione italiana con quella migliore di Portogallo, Spagna e Francia. Questo si spiega con l’inefficienza della nostra spesa pubblica. "Ridurne il peso si può" dice Confcommercio e indica gli esempi di Svezia, Austria e Germania.

Quanto all’aumento della tassazione immobiliare la conseguenza è la "riduzione del rendimento netto degli immobili, del crollo dei prezzi e questo incide sulla riduzione dei consumi perché ci si sente più poveri".

Il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani parla di un vero e proprio "esproprio legalizzato di 2.000 miliardi consumato ai danni degli italiani per la caduta dei valori immobiliari dovuta ad una tassazione insostenibile".

Laura Della Pasqua il tempo.it
(segnalato da Odette)

1 commento:

  1. Ma varda ti che situasion disastrosa, ma lora come mai i seita a darghe el voto a sti quatro saltruni?

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