La nostra classe 4°E indirizzo “Trasporti e Logistica” dell’
I.T.T.”G.Chilesotti “di Thiene (VI) ha realizzato un approfondimento
relativo al grande esodo dei profughi verificatosi nell’Altopiano di
Asiago e nella fascia pedemontana a seguito della spedizione punitiva
(Strafexpedition) organizzata dall’impero austro-ungarico.
Non è stato un esodo di poco conto, anche se la storiografia attuale dà poca voce a questo evento della nostra storia, dato che non solo ha coinvolto oltre 100.000 persone provenienti da 24 comuni del vicentino ma ha segnato la fine definitiva di una lingua, parlata da secoli nella comunità montana, ossia il cimbro, e di una civiltà ad essa strettamente connessa.
Gli studenti, tenendo conto del proprio indirizzo di studi, hanno avviato un’intensa attività di storia laboratoriale che li ha portati a partecipare attivamente al recupero di testimonianze storiche da parte dei pochi profughi ancora viventi, nonchè ad una minuziosa ricerca archivistica a livello comunale e parrocchiale sia nei comuni di origine dei profughi, sia nei comuni di accoglienza. Il tutto supportato da una ricerca di fonti storiche, a livello locale e non, piuttosto interessanti.
L’analisi e l’approfondimento si sono sviluppati avendo come punto di focalizzazione l’organizzazione logistica, effettuata sia dai rappresentanti dello Stato Italiano, sia dalla Curia, particolarmente attiva e sensibile verso tale problematica. Via via, relative al grande esodo sono state ricercate ed analizzate le strutture logistiche di comunicazione e da ultimo la logistica di accoglienza. Non manca la voce degli intellettuali italiani che hanno prestato attenzione a questo evento storico, purtroppo dimenticato o accantonato dai più.
La nostra classe vorrebbe proporre il progetto e chiedere un contributo economico al fine di realizzare una pubblicazione che dia voce a tale argomento il quale dimostra un’attenzione verso la storia territoriale del Veneto.
Non è stato un esodo di poco conto, anche se la storiografia attuale dà poca voce a questo evento della nostra storia, dato che non solo ha coinvolto oltre 100.000 persone provenienti da 24 comuni del vicentino ma ha segnato la fine definitiva di una lingua, parlata da secoli nella comunità montana, ossia il cimbro, e di una civiltà ad essa strettamente connessa.
Gli studenti, tenendo conto del proprio indirizzo di studi, hanno avviato un’intensa attività di storia laboratoriale che li ha portati a partecipare attivamente al recupero di testimonianze storiche da parte dei pochi profughi ancora viventi, nonchè ad una minuziosa ricerca archivistica a livello comunale e parrocchiale sia nei comuni di origine dei profughi, sia nei comuni di accoglienza. Il tutto supportato da una ricerca di fonti storiche, a livello locale e non, piuttosto interessanti.
L’analisi e l’approfondimento si sono sviluppati avendo come punto di focalizzazione l’organizzazione logistica, effettuata sia dai rappresentanti dello Stato Italiano, sia dalla Curia, particolarmente attiva e sensibile verso tale problematica. Via via, relative al grande esodo sono state ricercate ed analizzate le strutture logistiche di comunicazione e da ultimo la logistica di accoglienza. Non manca la voce degli intellettuali italiani che hanno prestato attenzione a questo evento storico, purtroppo dimenticato o accantonato dai più.
La nostra classe vorrebbe proporre il progetto e chiedere un contributo economico al fine di realizzare una pubblicazione che dia voce a tale argomento il quale dimostra un’attenzione verso la storia territoriale del Veneto.
Descrizione del progetto
La nostra classe 4°E indirizzo
“Trasporti e Logistica” dell’ I.T.T.”G.Chilesotti “di Thiene (VI) ha
realizzato un approfondimento relativo al grande esodo dei profughi verificatosi nell’Altopiano di Asiago e nella fascia pedemontana a seguito della spedizione punitiva (Strafexpedition) organizzata dall’impero austro-ungarico.
Non è stato un esodo di poco conto,
anche se la storiografia attuale dà poca voce a questo evento, dato che
non solo ha coinvolto oltre 100.000 persone provenienti da 24 comuni del vicentino ma ha segnato la fine definitiva di una lingua, parlata da secoli nella comunità montana, ossia il cimbro, e di una civiltà ad essa strettamente connessa.
Gli studenti, tenendo conto del proprio
indirizzo di studi, hanno avviato un’intensa attività di storia
laboratoriale che li ha portati a partecipare attivamente al recupero di
testimonianze storiche da parte dei pochi profughi ancora viventi,
nonché a una minuziosa ricerca archivistica a livello comunale e
parrocchiale sia nei comuni di origine dei profughi, sia nei comuni di
accoglienza. Il tutto supportato da una ricerca di fonti storiche, a
livello locale e non, piuttosto interessanti.
L’analisi e l’approfondimento si sono
sviluppati avendo come punto di focalizzazione l’organizzazione
logistica, effettuata sia dai rappresentanti dello Stato Italiano, sia
dalla Curia, particolarmente attiva e sensibile verso tale problematica.
Via via, relative al grande esodo sono state ricercate ed analizzate le
strutture logistiche di comunicazione e da ultimo la logistica di
accoglienza.
Non manca la voce degli intellettuali
italiani che hanno prestato attenzione a questo evento storico,
purtroppo dimenticato o accantonato dai più.
La nostra classe vorrebbe proporre il progetto e chiedere un contributo economico al fine di realizzare una pubblicazione che dia voce a tale argomento il quale dimostra un’attenzione verso la storia territoriale del Veneto.
La realizzazione del testo storico ha coinvolto la classe 4°E dell’indirizzo “Trasporti e Logistica” dell’Istituto “G.Chilesotti”
in quanto gli studenti hanno raccolto i documenti più importanti e poi
realizzato il testo corredato da grafici, alcune foto inedite e da un
originale copertina.
Per la diffusione del testo verranno
organizzate delle serate nelle zone interessate dalla Grande Guerra
aperte al pubblico con una presentazione multimediale, la lettura del
testo e un dibattito conclusivo.
I nostri eventi
Il libro sarà presento ufficialmente il 23 maggio sera al Teatro comunale “Fonato” di Thiene (VI) con il patrocinio del Comune e in quell’occasione potremmo eventualmente consegnare a mano le copie del libro.
Altre serate di presentazione saranno organizzate nei comuni dell’Altopiano di Asiago e in alcuni comuni della pedemontana.
Durante queste serate, oltre a distribuire le 500 copie del libro,
verrà richiesto un piccolo contributo spese e ciò che se ne ricaverà
verrà reinvestito per l’acquisto di materiale didattico (software, nuovi
PC, ecc.) per la scuola.
È senz’altro apprezzabile questo progetto dei ragazzi dell’ITT Chilesotti, ma che dire di noi? Dobbiamo vergognarci in silenzio?
RispondiEliminaL’Alta Valle dell’Astico è stata l’unica valle del Vicentino, e forse dell’intero fronte, divisa dal confine per lungo e per largo; completamente distrutta; evacuata in due direzioni diverse e con tempi diversi. Che ha visto i propri figli combattere in campi avversi, che ha visto i suoi profughi trattati da stranieri sia nell’Impero che anche nel Regno, che ha dovuto ricostruire per poi tornare ad emigrare. Tutti! Sia vincitori che vinti. Perché comune era il destino che li accomunava prima, durante e anche dopo.
Di questo non rimane nulla, nessuna istituzione locale che ne perori il ricordo nel centenario in cui tutti, anche chi meno ne fu colpito, corrono ad incentivare rievocazioni, memorie e chiedere fondi.
Quel mercoledì mattina del 27 giugno 1917, quando i pochi nostri alpini superstiti della battaglia dell’Ortigara attraversarono Porta Manazzo da prigionieri, segnati nel corpo e nell’anima da un mese di combattimenti durissimi e da ordini scellerati, incrociarono gli sguardi di alcuni soldati dell’imperatore che provenivano dalla medesima Valle, che avevano lavorato con loro, che insieme erano andati a ballare. “Féne restar chìve con valtri” Gli dissero. “No podémo mia” Risposero questi affranti.
Un giorno o l’altro verrà da noi qualcuno anche a spiegarci cos’è stata l’emigrazione.
La nostra Valle ha molte cose originali e non banali da dire e da mostrare, sia riguardo alla guerra che all’emigrazione. Ci sarebbe materia per allestire un museo permanente che tenga viva la memoria, che è anche un insegnamento. Perché un popolo senza memoria merita le sua disgrazie.
Caro Gianni il tuo commento vale mille e mille libri anche se è triste da lacrime sincere. Sono stati i nostri nonni non bisavoli antichi, sono stati quelli che ci hanno allevati, noi con i genitori troppo lontani, ad averlo vissuto. E hanno già incominciato a dirci gli altri cosa è successo e noi a non capire. è sufficiente leggere qualche commento qui sotto per meritarci la damnatio memoriae che ci perseguita. Siamo sassi levigati dall'Astico e dagli anni vuoti, che almeno qualcuno conservi nel cuore della pietra il ricordo di quello che è stato. Andrea
EliminaProprio così Andrea, ci meritiamo tutto se non siamo capaci di meditare e fare tesoro della nostra piccola storia, quella che ci ha condizionato per generazioni e ancora ci condiziona.
EliminaMa come vedi la strada è ancora lunga. La nostra generazione porta una responsabilità gravissima, della quale solo ora comincia (forse) a rendersi conto.
Basterebbe evocare i versi di un autore che ti so amato: Meditate che questo è stato: .....
L'Italia, gli italiani non meritano Primo Levi. Potrà fare orrore ma nella stessa Germania, che Levi non è mai riuscito a perdonare, le sue parole risuonavano più alte che tra gli italioti brava gente. Nel nostro amato e disperato Paese non c'è spazio per chi chiede di ricordare senza usare il passato per giustificare o mistificare il presente. Se capita e se lo farà ancora non perderti la grande guerra meschina di Alessandro Anderloni, tra tutte le cose fatte sulla prima guerra mondiale è forse tra le migliori. In Italia siamo sempre tutti innocenti, ma non è vero. "No podémo mia" lo ricorderò. Andrea
EliminaGhi fato ben a votare chili ca ghì... pedo dei altri!
RispondiEliminaPar nosbaliare, mi sun sta casa chel dì.
la va chei ne la fràca, vèa lèsarve la lege!
a parte che il tuo commento mi sembra fuori posto, sappi che chi non vota di sicuro sbaglia, prova a pensare....
EliminaTi ca tessì andà, dime come che la xe cambià, dime!
Eliminael fora posto xe parchè prima ghevo leto del fassa, volea sparagnare
do volte sto trabacolo che perdo 10 minuti par na risposta, eco!
Giusto Gianni, ben detto.
RispondiEliminaDici ben caro Gianni. Niente di niente, non è possibile.
RispondiEliminaSono dello stesso parere di Gianni.
RispondiEliminaLa nostra Valle ha dovuto subire i danni delle assurde velleità imperialiste dell'Italia pre-fascista. L'Italia non si accontentava tanto della Venezia Giulia e del Trentino, che, peraltro, l'Impero Asburgico era disposto cedere in cambio della neutralità italiana, ma voleva anche l'entroterra dalmato e una parte della Turchia (il Dodecaneso ed altre terre turche.
Tutti territori non italiani, persi poi, in seguito al disastro della seconda guerra mondiale.
Sono invece contrario ad alcune cose, per esempio al raduno degli alpini di Trento, previsto nel 2018 e alla conseguente reazione dei nostalgici trentini ed altoatesini filo austriaci.
Riaprire vecchie ferite, come quelle dovute alla vittoria italiana, oppure ai crimini compiuti dagli italiani contro i slavi, ovvero alle foibe di cui sono stati protagonisti i titini nei confronti degli istriani (italiani) è sempre sbagliato, perché si rinfocolano odi che dovrebbero essere ormai sopiti.
La memoria storica deve servire piuttosto ad evitare il ripetersi di altri massacri e di altre distruzioni e di vivere in solidarietà e fratellanza con i vicini!!!
Al tempo era di moda l'imperialismo,pure noi, italiani, volevamo il nostro orticello nel mediterraneo per ricordare con nostalgia gli avi romani e i mercanti veneziani.In Cina non ho idea del percome fin lì,eppure avevano visto lungo.
EliminaLa memoria storica non serve quasi a una beata fava,tranne che per i miei commenti inutili.seppur ci si impegna le cose si dimenticano in fretta,molto di fretta,quasi da non crederci più.
Ad esempio:un paio di anni fà, son certo di questo fatto: la clerici,montesano,conti e tanti altri ci han sollazzato l'ugola su quanto sia bello ruttare a fine pasto con un bussolotto di acqua,zucchero e limonene (usavano limoni di sicilia,spero) al pleonastico sorbetto,comunemente adottato nella liturgia del matrimonio pastoso.
Ebbene,tale sorbetto non potendolo sventolare come medicinale al prezzo di 12 €/kg, con maestria tipica di chi la sà lunga sui bisogni altrui,l'han partorito con lo chic-coso nome di Gran Soleil.
Eppure nessuno con memoria storica si è accorto della sua morte commerciale da quasi 1 anno, a parte un ristretto gruppo di diabetici.
Abbiamo spezzato le reni agli austroungarici, spezzermo le reni al fassa schifo.
RispondiEliminaLa Valle non perdona! ha bloccato gli austriaci, ha legnato i todischi, tarè quili della A31 che fine chei fa!
RispondiEliminaNon so' dove vivi mio caro vecio montanaro, forse per il calcificio riusciremo a fermarli, e ho i miei grandi dubbi, ma per quanto la A31 lavori di importanza europea, come vogliono farci credere, noi siamo solo dei piccolissimi granelli di sabbia in una spiaggia immensa pronti ad essere spazzati via dal primo soffio fatto dall' attuale politico di turno, solo per i propri interessi e della sua casta. Tanti auguri
EliminaVeramente gli austriaci sono arrivati fino ad Arsiero e i tedeschi pare ne abbiano date più di quante prese, almeno stando in valle. Se tanto mi da tanto non c'è proprio da stare allegri neanche col Bortolo e la Lumaca.
RispondiEliminaDon, sono arrivati fino al ponte dei Schiri, e siamo ancora in valle.
EliminaVero che ne abbiamo prese più che date, ma li abbiamo (li hanno, pardòn) fermati.
Ancora gallerie a darci una mano, dal Summano... e le gallerie della A31 non perdonano, vedrai!
Caro Catone sei contrario e dici che e' sbagliato ricordare crimini come la vittoria Italiana della prima guerra, o le foibe o i crimini italiani contro i slavi perche' secondo te riaccendono vecchi rancori, ma ricordare un eccidio nazifascista su una bacheca ciclabile e' dovuto, come hai detto l' 8 febbraio Brontolo 11. Quello si che riaccende vecchi rancori e ferite mai chiuse. Da te mi aspetto un po' di coerenza.
RispondiEliminaCaro Baldo, ho appena letto il tuo commento, sai, sono ancora poco pratico del blog.
EliminaÈ vero, l’8 febbraio scrivevo, a proposito della bacheca lungo la pista ciclabile, la seguente frase: “informare il lettore che alcune contrade, e/o frazioni dello stesso Comune, sono state oggetto di devastazione e massacro di tutta la popolazione non riuscita a fuggire in tempo alla rappresaglia dell’orda tedesca furente, non solo è lecito, ma è atto dovuto”.
Alcune volte mi sbaglio nel comportamento o nelle mie considerazioni e, appena mi accorgo, o se me lo fanno notare gli altri, chiedo scusa e mi correggo.
Nel commento in data 28 febbraio, mi dichiaravo sia “contrario al raduno degli alpini di Trento, previsto nel 2018”, che alla conseguente, peraltro già in atto, “reazione dei nostalgici trentini ed altoatesini filo austriaci”.
Vedi caro Baldo, sono del parere che, un conto è informare su un avvenimento realmente accaduto, come l’eccidio di Pedescala, un altro, invece, è compiere gesti che possono riaprire inutilmente vecchie ferite. La sfilata dei nostri gloriosi alpini, infatti, potrebbe avvenire in una qualsiasi altra Regione, anziché nel Trentino.
E' vero che li abbiamo fermati, ma loro erano impegnati su tre fronti, quello orientale contro la Russia quello occidentale contro Francia e Inghilterra e quello centrale contro noi. La maggior parte dellì esercito AustroUngarico era impegnato nella linea Francese. Se avessero avuto solo quello contro noi ci avrebbero spazzato via come una foglia secca e sarebbero arrivati fino a Roma. Ma la cosa piu' assurda e' che abbiamo vinto l' unica guerra che dovevamo perdere. Adesso staremmo molto ma molto megliio. Nella conferenza di pace a Parigi del 1919 fra i stati vincitori siamo stati trattati, da parte della Francia e Inghilterra, come quasi dei perdenti. Di quello che abbiamo chiesto ci e' stato concesso una piccolissima parte.
RispondiEliminasu Baldo, non lasciarci sulle spine cos'è successo nella reggia. perchè ci han trattati come perdenti e chi ?
RispondiEliminaHo apprezzato molto i commenti di Gianni e di Andrea, un po’ meno qualche altro di retorica pregiudiziale. Gianni si riferisce alla storia dei piccoli non ha quella dei grandi che ci hanno inculcato. I piccoli perdono sempre la guerra, anche quando la vincono e sono quelli che ne sopportano tutto il peso e i sacrifici. Erano Uomini quelli che s’incontrarono quel giorno al varco di Manazzo, uomini che condividevano tutto fuorché il passaporto, ma quello, per chi conosce la vera storia della nostra Valle, non è mai stato un problema. Erano uomini sfiniti, imprigionati in logiche a loro per lo più estranee e che in quel momento videro emergere la loro umanità. C’era anche mio zio fra loro: erano i 72 superstiti del Btg. Bassano che resistette sulla cima dell’Ortigara fino al quasi totale annientamento e ricevettero l’onore delle armi dai loro nemici. (Perché non l’hai scritto questo, Gianni?) (Rimando alla lettura della nota a fondo pagina 191 del libro di Don Antonio Toldo “Valdastico Ieri e Oggi” redatta dal M° Carlo Pesavento).
RispondiEliminaRiuscirono a scambiarsi qualche frase frettolosa e del pane secco, poi i nostri furono dispersi in Galizia, Moravia e Polonia, dove alcuni patirono più che in guerra. Di queste vicende si parlava sottovoce nei filò, perché allora non stava bene discorrere di queste cose e a noi ragazzi, educati dal regime al più indomito spirito di Patria, non piacevano queste strane intelligenze col nemico.
M permetto di rivolgermi all’Amministrazione Comunale, al Gruppo Alpini, al Dirigente Scolastico, a chiunque abbia a cuore la memoria della propria terra: INVESTITE IN CULTURA, PROMUOVETE LA CONOSCENZA, NON LASCIATE MORIRE LA MEMORIA.
Guardate che la cultura costa più impegno che soldi. Qui non vale l’alibi dei soldi che mancano. Se non fate niente sarete colpevoli nei confronti dei vostri figli.
Hai ragione Gianni, anch’io mi vergogno. Mi vergogno di non aver fatto niente e di aver tollerato che non si sia fatto niente. Ma non è mai troppo tardi!
Bravo Philo, ma allora perché, prima che sia troppo tardi, le persone che hanno a cuore questo argomento non provano a scrivere qualcosa, magari a più mani. Certamente verrà fuori del bene, e si renderà un poca di giustizia a quanti hanno sofferto così tanto in quel periodo. Io ci sto
EliminaPhilo: non l'ho scritto perché il taglio della mia riflessione, come hai riconosciuto tu setsso, non era epico ma prettamente umano. Comunque è vero, il colonnello austriaco fece schierare i suoi e ordinò il Presentat' Arm; a testimonianza che il valore e l'umanità non conoscono confini. Di quei 72, 12 erano dei nostri (dal territorio di Rotzo).
RispondiEliminaGiorgio: Hai ragione e basterebbe anche poco. Per esempio qualche prof delle medie potrebbe andare in Archivio di Stato, prelevare i fogli matricolari dei 19 soldati morti e ricordati sul monumento ai caduti e sulla facciata della chiesa e dare agli studenti (meglio se della stessa famiglia del caduto) un foglio ciascuno su cui fare una ricerca guidata sulla storia di quel soldato: reparto, luogo e circostanze della morte, ecc. Costo= Zero; Impegno=Mezza giornata di trasferta a Vicenza + un po' di sostegno ai ragazzi. Rusultato=Imparerebbero quanto la Storia abbia morsicato la pelle della nostra gente e a guardare gli eventi da un nuovo punto di vista. Ci sto anch'io.
Scusate, io nel leggere queste cose mi VERGOGNO e m'indigno! A Thiene o da altre parti fanno qualcosa e qui in Valle, teatro della GG non c'è nessuna iniziativa?
RispondiEliminaGavèn votà massa bèn, vito!
RispondiEliminaE poi, con quelli che amano la loro Valle, amano la loro Terra, con tutti i parenti vicini e lontani!!!
nemo, mejo de così cosa pretendere?