sabato 7 marzo 2015

Esiste ancora la meritocrazia?

La follia italiana sembra non conoscere limite, tra un quarto di secolo del paese rimarrà forse solo la sua connotazione geografica. Si capisce come muterà il quadro economico nei prossimi anni anche osservando la dinamica e consistenza delle iscrizioni nelle scuole superiori. La menzogna che l’elite culturale sinistroide ci ha profilato in questi ultimi due decenni sarà additata come una delle cause principali del declino industriale ed imprenditoriale della nazione. Secondo questi imbonitori di pensiero siamo tutti uguali e pertanto tutti dobbiamo avere la stessa formazione e tutti dobbiamo arrivare a svolgere mansioni da colletto bianco decorosamente ricompensate, evitando che ci possa essere qualcuno più pagato di altri. I meriti non devono diventare elementi discriminatori. Sono proprio questi artefici del pensiero radical chic di sinistra (ideologi, docenti universitari ed esponenti della lotta di classe) che hanno svilito e distrutto la funzione principale di ogni apparato scolastico ovvero selezionare e formare. La scuola intesa come insieme di istituti scolastici ed atenei è stata trasformata in un ridicolo network di diplomifici e laureifici. Il concetto di fare selezione delle risorse umane, attraverso la riparazione estiva delle proprie lacune e l’utilizzo della bocciatura, è stato sotterrato, perchè non è giusto bocciare, non è giusto premiare chi è più bravo di altri o fermare chi è stato sfortunato o chi è più lento degli altri.
Soprattutto non deve passare l’dea che se qualcuno è più bravo di te deve per questo avere un trattamento economico sostanzialmente diverso da quello tuo. Qualcuno potrebbe definirla l’origine della follia. Tutto il mondo persino quello animale è incentrato sul concetto di sopravvivenza del più bravo, del più forte e del più dotato. Di certo Madre Natura non permette al lupo più ritardato di diventare capobranco o al tonno più lento di sfuggire alle fauci di qualche squalo bianco. L’assenza di meritocrazia in Italia e la sua sistematica fossilizzazione a valore centrale nella vita amministrativa ed imprenditoriale del nostro paese prende forma proprio con le varie riforme scolastiche che abbiamo avuto negli ultimi due decenni. Se torniamo indietro a 25 anni fa, sicuramente chi ha la mia età, si ricorderà dei suoi primi anni di scuola superiore. Le possibilità che allora un ragazzo aveva davanti a sè in termini di cursus honorum erano strettamente collegate ai risultati o alle difficoltà raggiunti durante il trienno della scuola media. ¼ dei vostri compagni di classe di allora abbandonava lo studio per entrare nel mondo del lavoro come solitamente apprendista operaio o artigiano, 1/3 dei compagni di classe si divideva tra i vari istituti tecnici (geometri, periti industriali e ragionieri), un secondo terzo si iscriveva alle varie scuole professionali ed infine quei pochi che rimanevano venivano iscritti ai vari licei (classico, scientifico, linguistico ed artistico).
Uso il termine venivano in quanto tale decisione era più un vezzo della loro famiglia che un effettivo desiderio di intraprendere quel percorso di studi. All’epoca in gergo giovanile chi andava a scuola in un liceo era etichettato come una sorta di cremino o di figlio della nuova borghesia italiana rampante (erano gli anni dello yuppismo). Tra l’altro era anche una sorta di status sociale poter dire mio figlio è iscritto al classico o allo scientifico. La favola che mi è stata sempre raccontata è che il liceo avrebbe consentito una formazione multidisciplinare con un’infarinatura a 360 gradi su molti campi applicativi, che sarebbe stata utile soprattutto in caso in cui successivamente si sarebbe deciso di accedere agli studi universitari. Chi frequentava il liceo veniva chiamato “liceale” dagli altri suoi coetanei, ma il termine liceale aveva una connotazione dispregiativa, della serie “figlio di papà” o “pseudo intellettuale che se la tira” o “sfigato con i libri di latino dentro lo zaino”. Stando ai moniti dell’epoca, la fatica di quegli studi privi di applicazione pratica nella vita di tutti i giorni sarebbero poi stati ripagati ampiamente nel tempo. Purtroppo anche questa fu una grande favola di gioventù. Il liceo non solo non è servito a nulla ma nel tempo si è dimostrato un grande limite per l’accesso al mercato del lavoro. Non è la scuola che fa la differenza, ma l’individualità e l’ambiente in cui ognuno decide di dare sfogo e forma al proprio destino.
Oggi stando alle graduatorie di iscrizione per il prossimo anno ormai oltre il 60% dei ragazzi italiani si iscrive al liceo, ¼ viene attirato dagli istituti tecnici ed il restante ¼ nelle altre varie categorie scolastiche (professionali e private). Il liceo di oggi di certo non è quello di 25 anni fa, ormai è un percorso di studio che fa ridere e non serve assolutamente all’attuale mondo del lavoro, al pari di quasi tutti i corsi di laurea ormai sviliti più alla pari di una raccolta punti delle merendine. Mi permetto di fare queste considerazioni avendo insegnato temporaneamente tanto nelle scuole superiori quanto nelle università. Ai genitori sconsiglio vivamente di iscrivere i loro figli nei licei di oggi e tanto meno di avviarli post liceo al mondo universitario a meno che non si trattino di quelle facoltà in cui oggettivamente si studia e non si sta parcheggiati in attesa dei 25 anni per presentarsi sul mercato con un’inutile laurea in scienza delle comunicazione o in giurisprudenza. Siamo in piena rivoluzione industriale, la scuola italiana è incapace di fornire una formazione in grado di preparare i ragazzi al nuovo mondo che verrà, probabilmente un percorso di studi non convenzionale può dare quella soddisfazione e smarcamento sociale in grado di creare gratificazione tanto professionale quanto reddituale. Tra 25 anni vedrete che fine faranno i vari liceali diplomati nei prossimi cinque anni. Già vedo come sono ridotti i miei coetanei che non sono arrivati alla laurea, per i vostri figli sarà ancora peggio. Rircordate, la scuola serve per selezionare e formare, non per sbandierare il vostro status economico alla società.
(considerazioni inviatemi da una 47enne - tratte dal Blog di Eugenio Benetazzo) - 
 E voi che ne pensate?


11 commenti:

  1. Considerazioni di Eugenio Benetazzo economista di Sandrigo CARLA scusami ma ritengo giusto precisare perché io seguo il suo blog da tempo.ciao e buon lavoro

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  2. Caro Aquila, fai benissimo a precisare. Io non seguo il blog di Benetazzo (ci darò una sbirciatina), ma io non ho scritto che SONO di una 47enne, bensì INVIATEMI ed è probabile che anche lei le abbia copiate dal blog che tu citi e non ne ha citato la fonte. Grazie per l'osservazione.

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  3. Consiglio di leggere sul sito di Benetazzo anche il seguito di questa amara ma purtroppo reale riflessione, pubblicato ieri venerdi 6 marzo. Ross

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  4. Sono una mamma con il figlio universitario e gradirei l opinione di MadMax su questo articolo perché lo trovo molto preparato in tema di economia .GRAZIE

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    1. Grazie per l'immeritata fiducia, e mi scuso per il ritardo:Onestamente non sò che dire.L'articolo è un sfogo frullando tutte le frustrazioni di tipo ideologico confluendole nel picconare la scuola.
      Le scuole era più difficili una volta ? si,lo erano.Sono più semplici oggi,si lo sono. quindi ?
      Nulla a che vedere col lavoro.chi oggi è in pensione o in profumo di pensione ha vissuto il miglior periodo economico possibile.Questo è finito e si sta evolvendo in un nuovo modello già in atto da un ventennio.

      Questo è evidente a tutti,peccato che ognuno tragga le conclusioni sulla base delle proprie esperienze.peccato che le esperinze passate non riflettono quello che succede oggi.
      Cerco di essere socratico,cinico (impudente e sfacciatoecc ecc ) e dico sempre mezza verità.
      Il problema di fondo è la domanda,sta collassando.L'offerta invece si sposta come un quanto di luce.ossia oggi qui domani li e dopo domani là.Grazie a nixon,a clinton,al Wto,All'euro e a breve il ttip.Da noi grazie a tutti incondizionate,per lo meno sono uniti.
      Io non vedo il problema posto nell'articolo. La probabile risultante è la disoccupazione precaria sia col diploma sia con la laurea.si spera un laureato avrà più medoto nell'accatastare la pila di rotoli cucina durante il turno al supermercato.
      questo è quanto,pur non dicendo nulla di interessante o rilevante.
      p.s. leggete benetazzo, poi però andate avanti di livello........Krugman,Stigliz e tanti altri.
      Saluti

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    2. ops scusa gli errori , uso mac con tastiera tedesca/correttore inglese e con questo blog (template) è un disastro scrivere direttamente nella finestra.Di solito devo fare una nota e poi fare copia incolla.Stasera avevo poca voglia e pago pegno.

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  5. Benetazzo, animale di razza ariana, da sempre sparla che pare fuori d'epoca, non solo fuori senno. E non mi pare ne abbia indovinate molte, fino ad oggi.
    Direi che, se nella Valle ci fosse qualche laureato liceale in più, non si sarebbe in queste magre condizioni. Già… ma quelli emigrano… anche cacciati dalla invidia dei paesani.
    Trovarsi a rievocare il centenario della GG come sta avvenendo qua, cari miei, la dice lunga sul valore della cultura e sul valore della incultura; nemmeno la propria storia recente interessa, si conosce, si usa, per migliorare le proprie condizioni. Solo "separate", verbo che la dice lunga ...
    Che dire, guardiamoci attorno, di chi siamo preda? dei vari benetazzo, che sono l'oro colato, sotto varie etichette politiche o pseudopolitiche. Emigrano da una contrà all'altra, continuando a mestare la m... che mestavano dov'erano. Sputando sul proprio ed altrui piatto... eccoli i benetazzi.

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  6. Benetazzo ... Benetazzo ... continui spararle grosse, sembri fuori di testa. È ignobile sparare nel mucchio di indifesi, di persone che con notevole impegno e sacrificio hanno conseguito una laurea, due lauree, qualche master e devono andare all’estero per trovare lavoro e, talora, il successo.
    Mi meraviglio che le tue idee “ariane” possano trovare spazio in questo blog.
    È vero, la scuola è stata facilitata non negli ultimi due decenni, bensì negli ultimi 50 anni. Nel 1960 hanno eliminato l’esame di integrazione necessario per inscriversi alle medie (di allora) ed hanno creato la scuola media unificata, abrogando la vecchia scuola media e gli istituti di avviamento professionale. Nel 1963 hanno eliminato l’esame di integrazione per quanti volevano iscriversi alle scuole superiori. Nel 1969 l’hanno ulteriormente facilitata, consentendo di spostarsi da una scuola media superiore, all’altra. Nel 1970 hanno facilitato l’esame per il conseguimento del diploma ed hanno consentito a chiunque, in possesso di diploma, di inscriversi a qualsiasi facoltà universitaria, pur essendo privi di specifica preparazione di base.
    Sono stati commessi madornali errori, ma di tutto ciò non è assolutamente colpa dei giovani.
    Io ai giovani, invece, raccomando di studiare, studiare e studiare ancora. La carriola è capace condurla con perizia l’individuo privo di titoli di studio, ma il laureato sa condurla meglio. Ora, e ancor meglio nel futuro, guai a coloro che non sanno destreggiarsi, per mancanza di cultura, nella società sempre più rapace.
    Benetazzo, un vecchio proverbio dice: “Nela bote del’artesan se non piove ancò, piove doman”.
    L’Italia è all’ultimo posto, tra le nazioni dell’OSCE, come percentuale di laureati, però, nel contempo, e ciò è illuminante, intellettuali tipo Benetazzo, numerosi giornali italiani e televisioni, continuano propinarci che ci sono troppo laureati e pochi muniti di diploma di istituto professionale (meccanici, falegnami, ecc…).
    Magari ci fosse un laureato per famiglia!!!

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  9. esiste la meritocrazia ?
    La meritocrazia è un idea con un peccato originale insito.Non si può essere meritocratici,inevitabilmente qualcuno non è contento del merito altrui rispetto ai propri.
    A Sparta,nel periodo d’oro del tempo,formavano e selezionavano i propri cittadini fin dalla nascita.Se eri un poco storpio o dallo sguardo poco vispo,prendevano il pargolo e lo gettavano giù dalla cima del monte.Questo per garantire un eccellente resa in guerra.Non si può certo dire che non avessero formazione e meritocrazia.

    La skuola deve selezionare e formare senza avere doveri pedagogici.La meritocrazia deve essere intesa solo nell'ambito formativo, non in una palestra della vita lavorativa.Se così la si deve intendere, allora dovrebbe produrre un lavoratore specializzato e stupido. anzi la stupidità dovrebbe essere un percorso formativo fin dall’infanzia perché di stupidi non ce n'è mai abbastanza di ben formati e selezionati.
    Nessuno vuole lavorare con uno bravo e intelligente,si preferisce quantomeno che manchi una delle due qualità,.Se non è lo stato di natura a fornire il beota, reputo doveroso per una società civile almeno formare la stupidità portandola ad un livello comunemente accettato da altri stupidi.
    In altre parole, la scuola non deve fare nulla più di quanto fà e non deve essere un contrappeso per equilibrare una società.Si può migliorare ? certo, fin dallo stipendio dei professori,poi nelle strutture e infine anche per gli studenti.

    Benetazzo è un bravo eco-nomista.Egli ha capacità sciamaniche, riesce a parlare di economia o di scie chimiche fin alle sabbie bituminose anche da Malta.Dice di essere stato il primo ad aver visto il crollo derivante dai mutui subprime (ossia il credito verso chi non ha garanzie).
    Questo meritato primato ,a mio avviso, dovrebbe essere condiviso con un illuminato cameriere italiano che incontrai durante una sera di gala a maui nel febbraio del 2008.Il simpatico cameriere, sui sessant’anni, mi informò che stava per scoppiare un casino in america. Nel settembre del 2008 saltò la Lehman Brothers come detonatore di una bolla creditizia di proporzioni gigantesche.

    Prima Legge della stupidità

    Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero degli individui stupidi in circolazione:

    a) persone che reputiamo razionali ed intelligenti all’improvviso risultano essere stupide senza ombra di dubbio;

    b) giorno dopo giorno siamo condizionati in qualunque cosa che facciamo da gente stupida che invariabilmente compaiono nei luoghi meno opportuni.

    E’ impossibile stabilire una percentuale, dato che qualsiasi numero sarà troppo piccolo.

    Seconda Legge

    La probabilità che una certa persona sia stupida é indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona, spesso ha l'aspetto innocuo/ingenuo e ciò fa abbassare la guardia.
    Se studiamo la percentuale di stupidi fra i bidelli che puliscono le classi dopo che se ne sono andati alunni e maestri, scopriremo che è molto più alta di quello che pensavamo. Potremmo supporre che è in relazione con il basso livello culturale o col fatto che le persone non stupide hanno maggiori opportunità di avere buoni lavori. Però se analizziamo gli studenti ed i professori universitari (o i programmatori di software) la percentuale è esattamente la stessa.
    Le femministe militanti potranno arrabbiarsi, ma la percentuale di stupidi è la stessa in ambo i sessi (o in tutti i sessi a seconda di come si considerano).
    Non si può trovare nessuna differenza nelle razze, condizioni etniche, educazione, eccetera.


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