Erano anni che lo
guardavo e ogni volta rimandavo la sosta, oggi no, il momento è buono,
metto la freccia a destra e salgo il colle.
Il paese dormicchia al mio tranquillo passare, la strada sale fino al centro del paese dove
mi fermo. Non vedo subito l'indicazione, ma poi la scorgo dietro di me e
la seguo, stradina stretta e asfaltata, tra villette assonnate e
silenzi.
Dopo poco arrivo su un piccolo slargo dove fermo il motore.
La casa del guardiano mi accoglie bianca e vuota, sembra abbandonata,
non si scorge l'entrata al colle dalle pietre nere.
Delle tabelle
spiegano il luogo e da una piccola entrata sulla destra ci si
addentra nella campagna coltivata e ben tenuta. Il silenzio avvolge
il visitatore preceduto da un inchino penitente, in fondo al vialetto
si vede il colle con il suo maniero sulla cima, nero e teutonico.
Leggo che sono sul col Maor, antico baluardo delle genti montanare,
ora sono sotto gli spalti, neri e arcigni, dei grandi scalini portano
verso una piccola entrata stretta, ancora penitente. La sensazione è
quella di varcare la soglia di un antico castello, severo e
imponente. Un breve corridoio mi porta nella grande sala, al centro
un leggio in granito con due grandi libri di bronzo, si leggono nomi
e campi di battaglia; sempre avvolto dalla penombra mi accorgo che
delle figure coperte da enormi cappotti mi invitano alla riflessione.
Esco, prendo il camminamento che porta all'esterno e al riposo eterno
di questi sfortunati soldati. Una tabella avverte che qui riposano
3463 soldati dell’armata austrogermanica calata in Italia durante
la prima guerra mondiale, sono qui, sotto una specie di giardino
pensile di cotognastro, accarezzati dal vento che da sud corre verso
nord.
Lascio il luogo, un corvo gracchia solitario, forse l'inverno
è ostinato a non lasciare la valle del Piave.
Quero (Belluno) -
cimitero di guerra germanico 01 marzo 2015
Piero Lorenzi
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