giovedì 25 dicembre 2014

Mille piccoli Natali

A distanza per colpa dei chilometri? 

Nuove geometrie sentimentali? 

Ecco come gestire, spezzettandola, 

la festa più «difficile» dell’anno. 

Con un consiglio: 

non sforzatevi troppo


di Caterina Ruggi d’Aragona



Ventitrè dicembre ore 9: motori accesi a Trento, destinazione Napoli. In auto, per caricarla al rientro di olio e conserve della nonna. Ore 21 cena dalla mamma di lei che, a sorpresa, ha invitato amici e conoscenti per un party con i lustrini. Il cenone della Vigilia è dai genitori di lui. Il giorno di Natale? Sveglia alle 8, si parte per Matera: 3 ore e mezzo di viaggio per non mancare al pranzo degli zii, con il papà di lei. Un rito che si ripete il 26, ad Altamura. Per poi rientrare, con pancia piena di capretto e verdurine selvatiche, a Napoli. Non vedranno l’ora di tornare a Trento, loro due soli? Il 27 dicembre restituirà a Francesca e Matteo l’armonia della quotidianità. «Però Natale è famiglia», dice lei.
E come lei Enrica, che vola da Milano a Cagliari per soli due giorni di focolare domestico; Roberta che raggiunge l’isola da Copenaghen e tutti i pendolari che si ritrovano sul solito treno/aereo. La risposta è la stessa: «Natale è famiglia». Sebbene un terzo degli italiani – secondo il sondaggio di Hotels.com – sogni un Natale alternativo fuori dai confini nazionali, l’85 per cento di loro crede che avrebbe nostalgia della sua famiglia. È vero che in Italia come altrove la famiglia si è ristretta (da una media di 3,3 componenti nel 1971 a 2,4 nel 2011) e, sempre secondo l’ultimo censimento Istat, una famiglia su tre è unipersonale, composta da una sola persona.
Alla contrazione, sempre a causa di separazioni e divorzi raddoppiati in un decennio, corrisponde poi l’incremento della categoria famiglie allargate, che sono circa 800 mila. Geometrie variabili che complicano l’organizzazione delle feste. Perché a prescindere da tutto Natale «resta comunque, in Italia come altrove, il momento in cui, costi quel che costi, si vuole, si deve riunire la famiglia, si trattasse pure dell’unico giorno in assoluto in cui ciò avviene», scriveva Isabella Rossi Fedrigotti sul Corriere di due anni fa. Costi quel che costi. Sicuramente una gran fatica. Perché quelle geometrie variabili hanno splittato il Natale in pranzi, cene e cenoni, pre-cene, aperitivi, festine e merende.
C’era una volta Babbo Natale... Quando credevamo al pancione con la barba, la festa era una sola: a casa della nonna, tutti assieme. Un evento che magari si moltiplicava: il 24 sera vongole, per qualcuno capitone, e comunque pesce, o brodo; il 25 agnolotti, lasagne, agnello, cappone...; il 26 gli avanzi, di cibo e parenti. Tra un pasto e l’altro la tombola, il Mercante in fiera (si è capito a chi piaceva?), ancora panettone, frutta secca, e un po’ di sana noia. Chi si annoia a Natale 2014?
Famiglie liquide, allargate, ristrette, dislocate, macinano chilometri per riunirsi, si spremono le meningi per inventarsi occasioni alternative che facciano stare dentro tutti, evitando imbarazzi e rancori. «Tutti, ma non tuttissimi», suggerisce Raffaele Morelli, psichiatra e direttore di Riza Psicosomatica. «Per 2/3 delle donne che vivono al nord Italia — spiega il professore — il Natale è il periodo di maggiore stress dell’anno. L’acquisto dei regali, l’allestimento della casa, la spesa e la preparazione di pranzo o cenone, il traffico e soprattutto l’idea di rincontrare parenti che non vedono da tempo, compresi quelli che non sopportano, scatenano un’aggressività che rischia di esplodere proprio a tavola. Per evitarlo è meglio dire qualche No».
Lisa si ritrova «con tre famiglie moltiplicate per i rispettivi parenti vecchi e quelli acquisiti, conseguenza del proliferare di matrimoni (ah, adulti recidivi!)». A lei e agli altri protagonisti del libro SmALL Christmas, 25 racconti autobiografici raccolti dall’associazione SmALL families (solo a Milano le famiglie monogenitoriali sono 92.138, +24,32 rispetto a 5 anni fa) il professor Morelli suggerisce di rinviare la grande riunione con l’ex, la compagna dell’ex e i figli che l’ex ha avuto dalla nuova compagna molti anni dopo la separazione. «Non c’è bisogno di stare tutti assieme per armistizio. Bisogna avere il coraggio — suggerisce lo psichiatra — anche di dire “No, non voglio invitare quella cognata che mi sta antipatica”. Uomini, che sognate la famiglia ideale, ascoltate la saggezza innata che porta le donne a cercare di evitare le situazioni di conflitto». È per evitare conflitti e imbarazzi che in questi giorni molte donne (e uomini) stanno organizzando l’aperitivo, il giochino pomeridiano o la merenda per i bambini, il tè, il buffet informale o la cena al ristorante...: centomila Natali per evitare la formalità del pranzone, e magari il confronto con l’anno scorso, quando papà non aveva ancora un’altra casa.
«Non ce ne è bisogno. Tutto ciò che è forzato complica le cose. Meglio quelle semplici, che vi vengono naturali. I bambini capiranno. Si divertiranno. Anche i figli di separati. Perché i bambini, gli unici esseri umani che, trasformando il disagio in creatività non cronicizzano la sofferenza, imparano dall’atmosfera affettiva. Per loro il Natale è favola, è attesa». Consiglio agli adulti: alleggerire. «Dimenticate il perfezionismo. Non sarà una gara tra lasagne. Vostra suocera non è lì per giudicarvi. Proprio non la sopportate? Imitate i bambini: per un giorno giocate a travestirvi da fata, principessa, da eroina, o semplicemente cambiate look, per essere uno, nessuno, centomila». E chi di posto a tavola ne ha uno solo? «Si goda la sua solitudine: non un veleno, ma l’occasione di incontro con le parti migliori di sé, che apre spazio alla creatività. Dedicatevi ai vostri interessi, a Natale più che negli altri giorni», suggerisce Raffaele Morelli.
(segnalata da Ross)

1 commento:

  1. quanta roba e quanto longa par Nadale, che no ghemo el tempo de lagerla tuta! Carla, moderati!

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