domenica 7 dicembre 2014

Santa Barbara

Giornata uggiosa quella di ieri, 4 dicembre 2014: pioggia forte il mattino e pioggerella durante il pomeriggio, ma era, ripeto, il 4 dicembre, ricorrenza di santa Barbara e santa Barbara è festeggiata non solo nella chiesa cattolica, ma pure in quella ortodossa ed è invocata contro la morte improvvisa per fuoco, quindi patrona dei minatori, protettrice da fulmini e saette, patrona degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi, della Marina Militare italiana, dei Vigili del Fuoco, delle armi di Artiglieria e Genio, dei geologhi, dei montanari, dei lavoratori nelle attività minerarie e petrolifere, degli architetti, dei campanari, di torri e fortezze, dei dipendenti ANAS, dei Cantonieri ecc., insomma, una miriade di persone! Santa Barbara nacque nel 273 d.C. in Asia Minore (Izmit – Turchia) ma poi si trasferì a Scandriglia (provincia di Rieti) perché il padre era collaboratore dell’imperatore Massimo Erculeo che gli aveva donato ricchi possedimenti in Sabina. Si dice che Barbara fosse molto intelligente oltre ad essere molto bella, e quindi era richiesta da molti pretendenti però non aveva alcuna intenzione di sposarsi bensì di consacrarsi a Dio. Il padre (Dioscuro) non accettava assolutamente questa sua decisione e fece costruire una torre per rinchiudere Barbara al suo interno; prima di entrarvi Barbara volle immergersi per tre volte nell’acqua di una specie di piscina vicino alla torre per ricevere il battesimo, poi fece realizzare tre finestre nella torre stessa in nome della Trinità. Il padre, visto che la figlia si professava cristiana nonostante il suo parere contrario, la trascinò dal giudice Marciano perché fosse torturata ed uccisa. Pare fossero compiute su di lei torture incredibili, alle quali miracolosamente sopravvisse, finchè il padre stesso eseguì la sentenza capitale decisa dal giudice, il taglio della testa. Appena eseguita la sentenza, una saetta dal cielo lo incenerì. Le reliquie della martire nel 1009 furono portate nella chiesa di s.Giovanni a Torcello: questa è la storia di S. Barbara, che poi, nella tradizione popolare, si arricchisce sempre di nuovi particolari, ma resta il fatto che S. Barbara è anche patrona della mia contrada, di Valpegara, ed io, per l’occasione, cerco, ormai da anni, di tornarci. 
La cappellina a lei dedicata, nella piccola piazza, rimane illuminata, e nel vecchio “casélo” si celebra la Messa; ieri sera è stata fatta alle 19.30 e don Giorgio ha pure portato un “poster” della santa. C’erano circa trenta persone, tra cui quattro bimbi e tre ragazzi, ma io sentivo presenti anche tutti quelli che rivedo, anno dopo anno, nei vari pannelli appesi alle pareti e che contengono molte fotografie degli abitanti della Valpegara di un tempo, persone in maggioranza già… andate avanti, ma che amo immaginare accanto, soprattutto in quest’occasione; 
terminata la Messa, chi ha potuto e voluto si è fermato per un momento di allegra condivisione di polenta, salsicce, vin brulé, formaggio, cioccolato caldo preparati dai solerti volontari... io sono ripartita quasi subito perché il tempo non era al meglio e la strada da fare non proprio breve; uscendo dal “casélo” ho percorso, nel buio e nel silenzio quieto della tarda sera, le stradine a me note, sostando davanti alla mia casa natia; sentivo particolarmente vicino il nonno, nonno Fortunato, avvolto nel suo tabarro nero, con il capello floscio sulla testa e quell’aroma di trinciato a poco prezzo che metteva nella pipa e d’un tratto sono tornata bimba con la sua voce che mi diceva “te si stà brava a vegnère sù anca stasera” e quella mia terra improvvisamente si è animata di voci, di suoni e di canti, come quand’ero bambina ed ogni suo angolo, per la ricorrenza, si riempiva di persone che scendevano da Tonezza o salivano dai vari paesi della zona per la gioia di stare assieme... c’era persino l’albero della cuccagna! No, non si sentiva il freddo allora, solo, ripeto, la gioia di condividere momenti di festa con l’allegria travolgente che contraddistingueva un tempo non proprio così lontano. Ciao terra mia, ciao S. Barbara e… grazie; 
certe emozioni fanno bene al cuore, lo fanno vivere e respirare. 
Ada

4 commenti:

  1. Cara Ada, Grazie per questa evocazione. La foto è bellissima. Sui pannelli appesi al Casélo di Valpegara avrai visto anche la foto di una vecchia festa di Santa Barbara, anni 20, quando Valpegara era una della contrà più popolate della Valle. Su questa foto ci sono tante persone, care al mio cuore, tra le quali la più importante, mia mamma ancora ragazzina. Grazie ancora.

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  2. Meglio ora mai contenti di nulla o meglio quando ci gustavamo un pezzo di mandolato a Valpegara e Casotto?

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  3. A volte, qualche profumo fa ritornare ricordi passati ed è bello farsi avvolgere ... poi si rimettono i piedi per terra. Anche a Pedescala c'è stata, domenica 7, la processione con S. Barbara, non tanta gente al seguito e anch'io ho ripensato a quando, piccina, vedevo i minatori che lavoravano in cava, andare a messa, pregare e far festa alla loro Santa. Non sono passati tanti anni, ma sembrano cose tanto lontane... Ai bambini ho stampato un'immagine e la storia in beve di S.Barbara: non è molto, ma qualcosa bisogna pur fare perchè tutto non venga scordato..Lucia

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    1. S. Barbara dei minatori infatti. Lucia, parli a giusta ragione dei minatori della cava ma ricordiamo anche tutti gli emigrati della Valle che hanno lavorato nelle miniere del Minnesota(USA), fine XIX°s. inizio XX°s, poi quelli che sono andati nelle miniere del Belgio e della Francia, anni 40-50.
      Con il Belgio, c'era l'intesa fra i due governi (legge del 19.10.1945) secondo la quale questo Stato si impegnava a dare 24 quintali di carbone all'anno a l'Italia, per ogni Italiano che andava lavorare nelle sue miniere. (i Belgi non volevano più scendere!)
      23000 vicentini hanno accettato.
      Berto Barbarani, uno dei maggiori poeti veneti del novecento.ha scritto una bellissima poesia sull'emigrazione in America " I va in Merica"

      (Allego, in ricordo al poeta ; c'è posto credo)
      I VA IN MERICA
      Fulminadi da un fraco de tempesta,
      l’erba dei prè par ’na metà passìa,
      brusà le vigne da la malatia
      che no lassa i vilani mai de pèsta;
      ipotecado tuto quel che resta,
      col forrnento che val ’na carestia,
      ogni paese el g’a la so angonia
      e le fameie un pelagroso a testa!
      Crepà la vaca che dasea el formaio,
      morta la dona a partor ’na fiola,
      protestà le cambiale dal notaio,
      una festa, seradi a l’ostaria,
      co un gran pugno batù sora la tola:
      "Porca Italia" i bastiema: "andemo via!"
      E i se conta in fra tuti. – In quanti sio?
      Apena diese, che pol far strapasso;
      el resto done co i putini in brasso,
      el resto, veci e puteleti a drio.
      Ma a star qua, no se magna no, par dio,
      bisognarà pur farlo sto gran passo,
      se l’inverno el ne capita col giasso,
      pori nualtri, el ghe ne fa un desìo!
      Drento l’Otobre, carghi de fagoti,
      dopo aver dito mal de tuti i siori,
      dopo aver fusilà tri quatro goti;
      co la testa sbarlota imbriagada,
      i se da du struconi in tra de lori,
      e tontonando i ciapa su la strada!

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