mercoledì 1 aprile 2020
L'angolo della Poesia
OCCHI A MANDORLA
Dall'Oriente, dove ogni mattina,
il sole del mondo nasce e,
fiammeggiante di rosso scarlatto,
dall'alto del cielo, all'uomo sorride,
c'è un vento che giunge dall'Est
che ora soffia penoso.
Increduli, come chi si risveglia
da un sogno, abbiamo sentito la brezza
di Levante mutarsi nel gelo pungente
del Maestrale. Cos'è, sennò, quel turbinio
di freddo e di lacrime, che scendono
come pioggia dagli occhi tristi della Terra?
L'ululato che squarcia
la trama spessa del silenzio e,
sibilando lungo le strade,
passa e travolge ogni cosa: le case, le cose,
le piazze, il buonsenso della gente,
le piccole gioie quotidiane.
È l'aria putrida e insalubre,
che corre veloce per il mondo e
non si ferma al casello autostradale;
l'alito malevolo che scivola e s'acquatta
per le strade come un'ombra di notte.
Passando sotto le porte,
com'acqua sotto i ponti,
asciuga l'ultimo soffio di vita
di chi sente sempre più vicino
il termine ultimo del suo viaggio terreno:
i vecchi,i deboli, tutti. Fiaccole che,
ad una ad una, inesorabilmente
si spengono e tutto diventa buio.
È un bagno di morte: la spada di Damocle
che trafigge e fa sanguinare
il cuore ansante del mondo. E allora
le cose del mondo, per chi resta,
non sono più le cose familiari
di sempre.
Il cielo è diventato
una landa incolore
e le stelle si sono spente:
abbiamo perso i nostri punti fermi
e si procede a tentoni in questa valle
d'ombra e di silenzio.
Anche i laghi e i fiumi non ci sono più;
Il vento dell'Est li ha prosciugati,
e noi siamo come viandanti assetati
nell'arido deserto
che sono diventate le nostre città.
Le colline brulicanti di verde e di vita,
le albe che infuocano i cieli di Marzo,
i tramonti a picco sul mare
e ogni altro scorcio di mare e di cielo,
che fanno di questa nostra terra,
un Paradiso perduto,
se anche esistessero ancora,
non ci è più dato vederli
da dietro le prigioni delle nostre case.
La "dolce vita" della gioventù
ha perso il suo sapore,
se non possiamo più camminare
insieme gli uni accanto agli altri,
mangiare, ballare, cantare o
ascoltare musica
in un qualsiasi locale
della nostra città, il sabato sera.
Ma come fa la vita a
non sapere di insipido se
non ci è più concesso nemmeno
di abbracciare e baciare
le persone che amiamo?
Il sapore è il gusto amaro dell'esilio.
Un uomo svuotato degli affetti
e delle piccole cose, che sono
il pane della vita, è un uomo che ha perso
la sua umanità. Siamo macchine, generate
da un Mostro che non abbiamo ancora vinto.
Non ancora! Ma questo Mostro,
che ogni uomo atterrisce, ahimè, non porta
gli occhi a mandorla! Non ha razza,
nè età, nè confini, se non quello
della stupidità umana: quella densa
nebbia che ci impedisce di vedere
la luce in fondo al tunnel.
Maria Morrone
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