domenica 26 aprile 2020

La “mia” chiesa


Da quando sono venuta al mondo, il mio paese è Pedescala e sono vissuta per più di vent’anni, proprio davanti alla chiesa. Il suono delle campane che a tante persone dà fastidio, era per me talmente abituale che, quando ero a letto, non sentivo mai il “Padre Nostro”.
La mia famiglia di origine, per più di 100 anni, ha avuto il compito di portare le “bronse” per fare il fuoco nuovo, nella Veglia Pasquale; era compito di mia nonna fare il minestrone da portare agli uomini, nella notte dei Santi, quando le campane erano suonate a mano, tirando le grosse funi per molte ore. La famiglia Marangoni Damari, è sempre stata a disposizione della parrocchia, dei preti che la guidavano, tanto che mio papà dava una mano con tutto quello che c’era bisogno, anche nel prestare attrezzi e tutto quello che serviva; per tanti anni è stato “Frabrisière”, un compito che ha sempre svolto con dedizione e impegno.
La mia chiesa: un edificio che ho imparato a conoscere da piccola, che mi ha visto ricevere i sacramenti, mi ha accolta sposa e via via… Amo la mia chiesa perché è raccolta, piccola, intima, ma piena di meraviglie che i nostri avi hanno costruito e comperato con enormi sacrifici per dare bellezza a un luogo di culto, alla casa di Dio.
Ed è per questo, che ora più che mai, sento il desiderio di raccogliermi fra le sue mura e pregare: senza luci, senza nessun rumore, ammiro quello che mi sta intorno, ed è come aprire uno scrigno pieno di tesori. Mi è tornato alla mente che, molti anni fa, catechista dei ragazzi delle medie (che ora hanno vent'anni) ho voluto fare una ricerca sui dipinti della chiesa e ho chiesto al parroco di allora, don Francesco Alberti, se poteva darmi notizie. Gentilmente mi ha trascritto quanto trovato nell’archivio e in più, ha cercato contatti per sapere qualcosa di più del pittore così da avere altre notizie. Durante un incontro di catechismo ho portato i ragazzi in chiesa e insieme, restando in silenzio, abbiamo ammirato i dipinti, gli altari, le statue, l’organo.
In seguito, i ragazzi hanno scritto tutte le notizie e fatto un cartellone che ci ha insegnato molte cose.
Vi scrivo di seguito le notizie avute dal parroco.

Notizie dall’archivio Parrocchiale di Pedescala,
Miotto don Giuseppe

16/07/1959 Per affreschi eseguiti in chiesa dai
Proff. Miglioraro

Lire 2.000.000 (duemilioni)

16/07/1959 Per pensione dal 5/05/ al 16/07/1959
Presso la famiglia Panozzo
Lire 93.300
16/07/1959 - Per mc 5 di sabbia, lire 4.500
  • Per kg 7 di chiodi, lire 3.000
  • Per giornate lavorative di
  • Paolo Gerosa e sue forniture varie,
  • lire 14,300
19/07/1959 Per giornate lavorative di Luciano Dalle Ore
e di Meneghini Francesco, a 100 lire l’ora, lire 11,000

Quindi le pitture e i lavori conseguenti hanno costato
Lire 2.126.100

Le notizie che seguono, le ha avute su richiesta, don Francesco Alberti da Lorenzo Brunazzo, giornalista e redattore culturale del settimanale “La Difesa del Popolo”, dove ha seguito le pagine di cultura, storia locale, arte e spettacolo.

Miglioraro Galliano, in realtà si chiamava Galiano, nasce ad Abano il 25 aprile 1896 da Vincenzo e Catterina Ventura. Il padre faceva il calzolaio (?) A tre anni la famiglia si trasferisce a San Pietro Montagnon, allora frazione del comune di Battaglia Terme, dove aprono una trattoria da Cencio (Cencio è il soprannome di Vincenzo). Galliano frequenta l’Accademia di Belle Arti a Venezia (o forse a Modena). Collabora con Achille Casanova alle decorazioni del Santo (il decoratore bolognese ha lavorato al Santo tra il 1902 e il 1943). In particolare esegue con il fratello Armando la parete di fondo dell’altare del Santissimo e due affreschi nel chiostro delle Magnolie.
È stato il Casanova ad aiutarlo negli studi, Galliano non si è sposato. È stato sindaco d Montegrotto dal 1951 al 1960. È ricordato come una persona onesta e disinteressata. Galliano muore a Montegrotto il 4 agosto 1963
(Romualdo) Armando Miglioraro
Nasce il 4 dicembre 1915 a Battaglia. Erano in otto fratelli, che il padre Vincenzo aveva avuto da due mogli.
Galliano che era 20 anni più vecchio, lo prese sotto la sua protezione e lo mantenne agli studi all’Accademia di Venezia. Si sposa nel 1949 con una figlia di albergatori.
Nel 1956 le commesse erano ormai calate, per cui decide di aprire un albergo a Montegrotto, con la moglie. L’Eliseo aveva poche camere ed era gestito all’inizio soprattutto dalla moglie. Nel 1962 diventa necessario ingrandirlo, per cui Armando aiuta la moglie nella gestione. Resta il suo studio al settimo piano, dove continua a lavorare a olio. Ha tre figli: Eva, Claudia e Armando. Muore il 19 dicembre 1999.

“Dalle foto che ho visto del Battesimo di Gesù e del Sant’Antonio in gloria, direi che ha prevalso lo stile “spigoloso” alla El Greco, di Armando Miglioraro, più che quello “liberty” del fratello più anziano.
Le pitture assomigliano molto alle immagini della chiesa di Montegrotto.”

I dodici dipinti danno un tocco di calore alla chiesa, raccontando brani evangelici; sono poi presenti tre altari: il Maggiore, l’altare di San Giuseppe e quello della Madonna del Rosario, con i Santi Caterina e Domenico.
Poi due nicchie con le statue dei Santi Antonio e Barbara, la Via Crucis in legno, l’organo a canne con una storia particolare e tanti arredi sacri.

Questa è la mia chiesa, il luogo di culto per gli abitanti del mio paese, un posto pieno di storie semplici, di persone normali che hanno fatto donazioni per comperare i corredi sacri; sono state regalate tovaglie di varie fatture, calici che portano, nel loro contenitore, i nomi di chi li ha voluti offrire e tutto questo soltanto per abbellire, per un sentimento di lode a Dio, di amore per la Sua casa. La comunità di un tempo era tutta unita per i bisogni della propria chiesa: ognuno dava quello che poteva, con le proprie capacità, con quello che sapeva fare, con un impegno costante, con la forza di volontà che distingueva quelli che ci hanno preceduto e per questo è sempre da ricordare.
Quando entriamo nella nostra chiesa, qualsiasi essa sia, dovremmo guardarci attorno e ringraziare chi l’ha costruita, ricostruita dopo ognuna delle due guerre, mantenuta nel tempo e chi, ai nostri giorni, dove c’è poco interesse per la casa di Dio e la religione in generale, continua a tenerla "viva" con gesti nascosti, ma sempre importanti.
Un grande grazie quindi per questi semplici tesori ma preziosi e importanti che anche dopo secoli, ci sanno ancora raccontare qualcosa di unico. La mia speranza è che, dopo queste semplici notizie, sappiamo apprezzare di più quello che ci sta intorno e, guardando, possiamo farci coinvolgere da quello che osserviamo, pensando a quanta storia è passata e da quanta bellezza siamo circondati. Con la consapevolezza che tutto questo è da salvaguardare, curare, amare, rispettare, conoscere di più.


Lucia Marangoni Damari

p.s. le foto che ho fatto non sono il massimo… le ho fatte con il telefonino e senza le luci accese, visto che non ci sono celebrazioni. Consiglio una visita in chiesa.

Per dare un assaggio potete guardare le foto, ma v'invito a visitare la mia chiesa, per recitare una preghiera e guardando i dipinti, pensare a quanta devozione hanno avuto i nostri padri, in tempi di povertà. Hanno donato quello che avevano, hanno costruito, edificato… hanno lasciato a noi la loro memoria, l’esempio di una dedizione completa; noi abbiamo fatto qualcosa, ma certamente molto meno di loro… 


















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