Da quando sono venuta al
mondo, il mio paese è Pedescala e sono vissuta per più di
vent’anni, proprio davanti alla chiesa. Il suono delle campane che
a tante persone dà fastidio, era per me talmente abituale che,
quando ero a letto, non sentivo mai il “Padre Nostro”.
La mia famiglia di
origine, per più di 100 anni, ha avuto il compito di portare le
“bronse” per fare il fuoco nuovo, nella Veglia Pasquale; era
compito di mia nonna fare il minestrone da portare agli uomini, nella
notte dei Santi, quando le campane erano suonate a mano, tirando le
grosse funi per molte ore. La famiglia Marangoni Damari, è sempre
stata a disposizione della parrocchia, dei preti che la guidavano,
tanto che mio papà dava una mano con tutto quello che c’era
bisogno, anche nel prestare attrezzi e tutto quello che serviva; per
tanti anni è stato “Frabrisière”, un compito che ha sempre
svolto con dedizione e impegno.
La mia chiesa: un
edificio che ho imparato a conoscere da piccola, che mi ha visto
ricevere i sacramenti, mi ha accolta sposa e via via… Amo la mia
chiesa perché è raccolta, piccola, intima, ma piena di meraviglie
che i nostri avi hanno costruito e comperato con enormi sacrifici per
dare bellezza a un luogo di culto, alla casa di Dio.
Ed è per questo, che ora
più che mai, sento il desiderio di raccogliermi fra le sue mura e
pregare: senza luci, senza nessun rumore, ammiro quello che mi sta
intorno, ed è come aprire uno scrigno pieno di tesori. Mi è tornato
alla mente che, molti anni fa, catechista dei ragazzi delle medie
(che ora hanno vent'anni) ho voluto fare una ricerca sui dipinti
della chiesa e ho chiesto al parroco di allora, don Francesco
Alberti, se poteva darmi notizie. Gentilmente mi ha trascritto quanto
trovato nell’archivio e in più, ha cercato contatti per sapere
qualcosa di più del pittore così da avere altre notizie. Durante un
incontro di catechismo ho portato i ragazzi in chiesa e insieme,
restando in silenzio, abbiamo ammirato i dipinti, gli altari, le
statue, l’organo.
In seguito, i ragazzi
hanno scritto tutte le notizie e fatto un cartellone che ci ha
insegnato molte cose.
Vi scrivo di seguito le
notizie avute dal parroco.
Notizie dall’archivio
Parrocchiale di Pedescala,
Miotto don Giuseppe
16/07/1959 Per affreschi
eseguiti in chiesa dai
Proff. Miglioraro
Lire 2.000.000
(duemilioni)
16/07/1959 Per pensione
dal 5/05/ al 16/07/1959
Presso la famiglia
Panozzo
Lire 93.300
16/07/1959 - Per mc 5 di
sabbia, lire 4.500
- Per kg 7 di chiodi, lire 3.000
- Per giornate lavorative di
- Paolo Gerosa e sue forniture varie,
- lire 14,300
19/07/1959 Per giornate
lavorative di Luciano Dalle Ore
e di Meneghini Francesco,
a 100 lire l’ora, lire 11,000
Quindi le pitture e i
lavori conseguenti hanno costato
Lire 2.126.100
Le notizie che seguono,
le ha avute su richiesta, don Francesco Alberti da Lorenzo Brunazzo,
giornalista e redattore culturale del settimanale “La Difesa del
Popolo”, dove ha seguito le pagine di cultura, storia locale, arte
e spettacolo.
Miglioraro Galliano, in
realtà si chiamava Galiano, nasce ad Abano il 25 aprile 1896 da
Vincenzo e Catterina Ventura. Il padre faceva il calzolaio (?) A tre
anni la famiglia si trasferisce a San Pietro Montagnon, allora
frazione del comune di Battaglia Terme, dove aprono una trattoria da
Cencio (Cencio è il soprannome di Vincenzo). Galliano frequenta
l’Accademia di Belle Arti a Venezia (o forse a Modena). Collabora
con Achille Casanova alle decorazioni del Santo (il decoratore
bolognese ha lavorato al Santo tra il 1902 e il 1943). In particolare
esegue con il fratello Armando la parete di fondo dell’altare del
Santissimo e due affreschi nel chiostro delle Magnolie.
È stato il Casanova ad
aiutarlo negli studi, Galliano non si è sposato. È stato sindaco d
Montegrotto dal 1951 al 1960. È ricordato come una persona onesta e
disinteressata. Galliano muore a Montegrotto il 4 agosto 1963
(Romualdo) Armando
Miglioraro
Nasce il 4 dicembre 1915
a Battaglia. Erano in otto fratelli, che il padre Vincenzo aveva
avuto da due mogli.
Galliano che era 20 anni
più vecchio, lo prese sotto la sua protezione e lo mantenne agli
studi all’Accademia di Venezia. Si sposa nel 1949 con una figlia di
albergatori.
Nel 1956 le commesse
erano ormai calate, per cui decide di aprire un albergo a
Montegrotto, con la moglie. L’Eliseo aveva poche camere ed era
gestito all’inizio soprattutto dalla moglie. Nel 1962 diventa
necessario ingrandirlo, per cui Armando aiuta la moglie nella
gestione. Resta il suo studio al settimo piano, dove continua a
lavorare a olio. Ha tre figli: Eva, Claudia e Armando. Muore il 19
dicembre 1999.
“Dalle foto che ho
visto del Battesimo di Gesù e del Sant’Antonio in gloria, direi
che ha prevalso lo stile “spigoloso” alla El Greco, di Armando
Miglioraro, più che quello “liberty” del fratello più anziano.
Le pitture assomigliano
molto alle immagini della chiesa di Montegrotto.”
I dodici dipinti danno un
tocco di calore alla chiesa, raccontando brani evangelici; sono poi
presenti tre altari: il Maggiore, l’altare di San Giuseppe e quello
della Madonna del Rosario, con i Santi Caterina e Domenico.
Poi due nicchie con le
statue dei Santi Antonio e Barbara, la Via Crucis in legno, l’organo
a canne con una storia particolare e tanti arredi sacri.
Questa è la mia chiesa,
il luogo di culto per gli abitanti del mio paese, un posto pieno di
storie semplici, di persone normali che hanno fatto donazioni per
comperare i corredi sacri; sono state regalate tovaglie di varie
fatture, calici che portano, nel loro contenitore, i nomi di chi li
ha voluti offrire e tutto questo soltanto per abbellire, per un
sentimento di lode a Dio, di amore per la Sua casa. La comunità di
un tempo era tutta unita per i bisogni della propria chiesa: ognuno
dava quello che poteva, con le proprie capacità, con quello che
sapeva fare, con un impegno costante, con la forza di volontà che
distingueva quelli che ci hanno preceduto e per questo è sempre da
ricordare.
Quando entriamo nella
nostra chiesa, qualsiasi essa sia, dovremmo guardarci attorno e
ringraziare chi l’ha costruita, ricostruita dopo ognuna delle due
guerre, mantenuta nel tempo e chi, ai nostri giorni, dove c’è poco
interesse per la casa di Dio e la religione in generale, continua a
tenerla "viva" con gesti nascosti, ma sempre importanti.
Un grande grazie quindi
per questi semplici tesori ma preziosi e importanti che anche dopo
secoli, ci sanno ancora raccontare qualcosa di unico. La mia speranza
è che, dopo queste semplici notizie, sappiamo apprezzare di più
quello che ci sta intorno e, guardando, possiamo farci coinvolgere da
quello che osserviamo, pensando a quanta storia è passata e da
quanta bellezza siamo circondati. Con la consapevolezza che tutto
questo è da salvaguardare, curare, amare, rispettare, conoscere di
più.
Lucia Marangoni Damari
p.s. le foto che ho fatto
non sono il massimo… le ho fatte con il telefonino e senza le luci
accese, visto che non ci sono celebrazioni. Consiglio una visita in
chiesa.
Per dare un assaggio
potete guardare le foto, ma v'invito a visitare la mia chiesa, per
recitare una preghiera e guardando i dipinti, pensare a quanta
devozione hanno avuto i nostri padri, in tempi di povertà. Hanno
donato quello che avevano, hanno costruito, edificato… hanno
lasciato a noi la loro memoria, l’esempio di una dedizione
completa; noi abbiamo fatto qualcosa, ma certamente molto meno di
loro…
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