Si aspettava giusto l’Acqua Santa, ma le pulizie di primavera, andavano fatte.
Si buttava all’aria tutta casa.
Da nonna per aiutarla, veniva la Poldina, una cugina di babbo, perchè lei non ce la faceva più, e io davo una mano come la sanno dare i figlioli che fanno di tutto per dar noia, così vengon mandati via alla svelta… “Sortimi di torno giù… e fo’ dammè… sennò t’ammazzo!”… parole che appena pronunciate, sortivano la magia di veder sparire noi piccoli come d’incanto.
Si partiva dalla cima, dalla soffitta e si andava là là o giù giù a secondo del ritmo della giornata, perché eran lunghe le pulizie totali e ci voleva quasi una settimana per far tutto! Ogni angolo veniva spulciato di fino… si spostavano mobili, si rigiravano materassi e si disfacevano anche, e allora contemporaneame
I fazzoletti in capo si sprecavano, me lo mettevo anch'io e salivo su in soffitta coi secchi d'acqua, non per passare il cencio, non esisteva, l'acqua serviva per annacquare il pavimento. Con una catinella o un catino, si bagnava in terra, appunto per raccogliere il sudicio alzando meno polvere quando si spazzava. Di solito il pavimento delle stanze era di mattoni e così si faceva per pulire, poi dopo, nelle camere ma solo dopo alla fine, a volte si dava il rosso, una polverina stemperata con la segatura, che serviva per tingere i mattoni che così rinnovavano il colore, che per un po' rimaneva vivo, e tingeva anche i piedi se camminavi scalza.
In soffitta i mattoni del pavimento erano proprio vecchissimi, mai colorati, perchè quella parte della casa serviva ormai solo come rifugio di tutto ciò che era inutilizzato, oltre naturalmente che da magazzino di generi alimentari... c'erano agli, patate, cipolle, fagioli secchi, ceci... c'era il grano, e avena e granturco per animali e cristiani, c'era farina pronta per pane e polenta. C'erano i “castelli”, speciali impalcature, che sostenevano dei cannicci, dove venivano conservate noci e uva e mele per l'inverno, e poi c'erano non sempre, ma spesso, i salumi. Prosciutti e salami penzolavano dal soffitto insieme a catene di salsicce e pezzi di lardo.
A me piaceva quando nonna mi diceva “Vammi a piglià du' fagioli”... o “ du patate...”...
Correvo su e facevo spesa... c'era tutto ciò che serviva o come meglio diceva nonna “ Di quello che c'era... un ci mancava nulla”. La soffitta mi piaceva, mi ci rintanavo spesso. Cera anche montato il vecchio letto della Cleofe e il suo cassettone. Anche se sul letto ormai era rimasta solo la rete, io mi ci appoggiavo su una copertaccia e ci restavo a giornate leggendo i miei libri, o i giornalini, che tenevo rigorosamente costuditi proprio lì, nella stanza di mezzo, in altrettanti scatoloni datati anno per anno.
Ripulire la soffitta per l'acquasanta, era per me, ritrovare aspetti dimenticati, che invece volevano dire una vita precedente, e in quei momenti le cose, gli oggetti, prendevano il sopravvento e mi facevano godere di epoche passate che per forza non avevo vissuto, ma che potevo immaginare.
Oltre al letto e al cassettone, della Cleofe c'era anche una zuppiera bianca, messa in una rientranza. Nonna mi diceva che la “massaia”, la bisnonna, ci teneva dentro la conserva... io mi figuravo che un giorno in qualche modo l'avrei recuperata e l'avrei fatta rivivere... insieme dei catini di coccio e macinini da caffè, ferri da stiro di ferro, un brocchetto per l'acqua, e in un angolo un arcolaio, che mi davano l'idea di ciò che poteva essere la quotidianità in un epoca, ancora più povera di quella mia, che già tanto ricca non era... e poi c'erano le cassapanche che nemmeno si sapeva a chi risalissero e dentro tutte le coperte bianche tessute a telaio anche da nonna e rifinite con la trina all'uncinetto.
Non venivano usate mai, ma in quel periodo si tiravano fuori tutte, venivano lavate, ripulite solo dall'odore di chiuso in cui rimanevano per un anno, e messe sui letti per l'occasione. Tutti i letti in quei giorni sembravano degli altari, e tutta la casa viveva improvvisamente
L'acqua si usava invece a secchiate per il pavimento della cucina e del salotto. Lavare per terra voleva dire far così, rovesciare acqua sul pavimento, strusciare e poi si buttava fuori dalla porta … si rifiniva con della segatura che riasciugava e basta... capitava solo allora e in pochi altri periodi nell'anno, ma in quel momento tutto era perfetto... tutto era strusciato lavato ripulito messo in ordine, preciso, non c'era un capello fuori posto per quando arrivava il prete. Perchè si riduceva tutto lì... aspettare il momento che arrivasse il parroco per la benedizione, poi come in un teatro, in una scenografia, appena passato il prete, si riponevano gli addobbi.
Venivano tirati fuori tovaglie e tappeti, centrini per le vetrine, i lenzuoli erano quelli ricamati, sulle federe spiccava un bellissimo “Buona notte” tutto arzigogolato...
Sulle porte e gli stipiti di legno, si passava un olio che li faceva ritornare lucidi e come nuovi. Persiane, vetri, finestre tutto veniva strigliato a dovere.
Mai visto il salotto e la cucina così lustri. Le seggiole in fila, i cuscini sopra, la tovaglietta piazzata sulla tavola con il vassoietto pronto e bicchierini.
Oltre a qualche uovo, al prete si preparava un rinfreschino...
Lui arrivava sgonnellando, tutto intonacato e col suo codazzo di bimbetti. Arrivava a piedi in un corteo, perchè non ne aveva uno solo dietro, di chierichetti. I miei amici tutti... Nellone, Alessandro, Roberto, Sergio, Moreno... facevano a gara a partecipare col prete alla benedizione, voleva dire mangiare a ufo dolci da tutte le parti...perciò si condendevano quel ruolo e io me li trovavo tutti in casa come a scuola.
Don Armando impartiva ordini e occhiataccie ai ragazzini, come faceva in chiesa, poi faceva il giro della casa, entrava in tutte le stanze, proprio tutte e brontolava sottovoce le orazioni che servivano per benedire.
Alla fine, si fermava un attimo con nonna, beveva il suo bicchierino … i miei amici arraffavano ciò che potevano e infilavano in tasca e il corteo ripartiva verso un altra abitazione.
A volte mi pareva che il prete ripartisse un po' storto e allora pensavo ridendo che doveva essere brillo, a furia di bicchierini di vinsanto che non poteva rifiutare... ma la sensazione era bellissima, sembrava davvero di aver ricevuto un esorcismo che rassicurava e si vedeva, traspariva dalla casa stessa, e soprattutto dal volto di nonna, che mentre chiudeva l'uscio dietro al prete, tirava anche un sospiro di sollievo e sorridendo diceva fra se con gli occhi e davanti a me ad alta voce... “ Se Dio vole è finita anche per quest'anno!...”
Queste pulizie possono corrispondere alla ricerca dello Hametz (o Chametz)
RispondiEliminaLa Torah ha numerosi comandamenti che regolano il chametz durante Pesach(Pasqua Ebraica):
il comandamento positivo di far "sparire il lievito dalle vostre case" (Esodo)
non possedere chametz nelle abitazioni "Non si veda lievito presso di te"
non mangiare chametz né misture contenenti chametz, "Non mangerete nulla di lievitato"
Le proibizioni cominciano in tarda mattinata alla vigilia di Pesach, il 14 del mese di Nisan nel calendario ebraico. Chametz è permesso nuovamente a partire dalla sera dopo l'ultimo giorno di Pesach. Le case ebree tradizionali passano svariati giorni prima di Pesach a pulire dappertutto ed eliminare ogni traccia di chametz dalla propria abitazione.
(Wikipedia)
hametz.... grano, farro, avena, orzo, segala