lunedì 27 aprile 2020

Giorni sprecati


Una strana sensazione rispetto ai primi giorni della quarantena. 
Si continua a morire, ma nell'aria non c'è nulla di tragico. 
Molte persone sentono una sorta di delusione: anche questa volta non cambierà niente. E tornare nel mondo fa quasi paura. Non siamo attesi da nessun fervore collettivo, ma da diffidenza. 
Ognuno può portare la malattia agli altri, non si sente la vigilia di una grande svolta epocale. La verità è che c'è una minoranza di persone che credono al mondo, credono ancora alla luce dei corpi. Per troppi, il corpo ormai è diventato un semplice mezzo di trasporto. E' il mezzo per andare al lavoro, per andare dal parrucchiere, per andare al bar, per andare al mare. Alla fine il corpo è il mezzo di trasporto del telefonino, è la carrozza in cui trasportiamo il giocattolo degli adulti e dei bambini. Non so se facciamo ancora in tempo a ravvivare la situazione. Siamo dentro una tragedia abortita, attutita. Da una parte il dolore dei parenti delle vittime, dall'altra un'umanità che ha perso anche l'appuntamento col panico. Più si fa concreta la possibilità di non ammalarsi e più si avverte l'evanescenza del sacro, la fessura in cui lentamente si sta svuotando l'eccezionalità di questi giorni.
I morti continuano a essere un dettaglio in questa vicenda, un numero. Siamo dentro un mondo sfiatato, la fine del virus ci porterà piano piano alle beghe della politica, riporterà un fiume di macchine nelle strade. L'umanità non ha guide, non ha maestri. Non ha neppure voglia di piangere, di fermarsi veramente a riflettere. Forse qualcuno avrà la tentazione di cambiare la sua vita, ma la maggioranza sembra pronta a riprendere la via delle merci sul binario produzione e consumo. Erano giorni preziosi e li abbiamo sprecati, ormai comincia a essere penosamente chiaro.
Franco Arminio

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