Questa mappa degli inizi del XVII secolo è forse la più antica a rappresentare il nostro territorio con un certo dettaglio e nella sua interezza. Venne redatta a seguito della Sentenza Roveretana del 1605 con la quale si
fissarono i confini fra i possedimenti della Serenissima Repubblica e dell'Impero d'Austria, evidenziati in mappa da una vistosa linea rossa.
Con quella sentenza venne nominata una commissione per terminare le divergenze di interessi in materia di confine e giurisdizione fra la città di Vicenza, i conti Von Trapp (divenuti signori di Beseno), il comune di Arsiero e quello di Folgaria, nonché il Vescovo di Trento e la Repubblica di Venezia, per cercare di
porre fine alle secolari liti per i confini settentrionali dei nostri
Altopiani. Fu in questa circostanza che anche il pianoro di Vezzena fu sottratto al
comune di Rotzo e assegnato a Levico e la parte settentrionale della piana di Marcesina fu
tolta ad Enego e unita al Comune di Grigno in Valsugana. L'accordo si
riproponeva pure di sistemare la secolare contesa fra Lastarolli e Folgaraiti
per il possesso del Cherle. In nessuno di questi casi la soluzione fu
pacificamente accettata dagli abitanti, dato che le rivendicazioni e le contese si protrassero ancora a
lungo, ma il confine giurisdizionale allora tracciato resistette formalmente fino ai tempi moderni, salvo quello fra Le Laste e Folgaria, che subì ulteriori ritocchi nel secolo successivo.
Vediamo un po' che informazioni si
possono ricavare da questo documento:
La strada principale di comunicazione
che risale l'alta Val dell'Astico scorre ancora tutta sulla sinistra orografica
del torrente, collegando Cogollo e Pedescala senza passare per Arsiero. Sembrerebbe
tuttavia intuirsi anche una via secondaria che collegava Velo a Forni,
attraversando il Posina e quindi la Campagna di Arsiero. La diramazione che
conduce a Rotzo si stacca in prossimità di Settecà lungo il sentiero
delle Banchette. La via maestra prosegue
quindi per San Pietro, Casotto, Scalzeri, Longhi, Brancafora, Ciechi e Carotte, salendo poi di lì al Covalo di Rio Malo e al Dazio di
Lavarone attraverso i Sassi Donati, lungo la via dell'Anzin (sentiero CAI 595). Non c’è evidenza dell’attuale tracciato
della SS.350 che passando per Busatti e Buse porti agli altopiani Lavarone e Folgaria. Sicuramente esisteva una fitta rete di sentieri di comunicazione fra il fondo valle e la montagna, ma ragionevolmente solo quelli mappati erano transitabili a soma.
A quel tempo, Lastebasse aveva il suo capoluogo alle Laste Alte sul Cherle (Laste Superiore), mentre in basso lungo la destra orografica del torrente giacevano le sue allora quattro contra’ di valle (Laste Inferiore): Posta, Giaconi, Busati e Leoni. Di Montepiano, Tamburinari e altri masi minori non c’è ancora traccia. La Val della Torra è indicata come “Tovera” e in capo al suo impluvio è segnata "Campo Rosa"; stranamente non è indicata Luserna e fa un po' specie che si registri una malga e non un centro abitato, per quanto marginale fosse all'epoca quel maso. Ciò probabilmente perché Camprosà era un crocevia viario nel tragitto che conduceva da San Pietro a Monterovere e quindi in Valsugana attraverso il Menadòr e dove confluiva anche il collegamento con Rotzo e la parte più occidentale dei Sette Comuni. In prossimità del confine sulla Torra, dopo l’abitato di San Pietro è indicato un “Restelo”, ovvero una barriera doganale/sanitaria. Altro “Restelo” appare in prossimità del ponte di contra’ Posta. Questi due erano certamente i due principali e presidiati accessi viari fra i territori dell'Impero e della Serenissima.
A quel tempo, Lastebasse aveva il suo capoluogo alle Laste Alte sul Cherle (Laste Superiore), mentre in basso lungo la destra orografica del torrente giacevano le sue allora quattro contra’ di valle (Laste Inferiore): Posta, Giaconi, Busati e Leoni. Di Montepiano, Tamburinari e altri masi minori non c’è ancora traccia. La Val della Torra è indicata come “Tovera” e in capo al suo impluvio è segnata "Campo Rosa"; stranamente non è indicata Luserna e fa un po' specie che si registri una malga e non un centro abitato, per quanto marginale fosse all'epoca quel maso. Ciò probabilmente perché Camprosà era un crocevia viario nel tragitto che conduceva da San Pietro a Monterovere e quindi in Valsugana attraverso il Menadòr e dove confluiva anche il collegamento con Rotzo e la parte più occidentale dei Sette Comuni. In prossimità del confine sulla Torra, dopo l’abitato di San Pietro è indicato un “Restelo”, ovvero una barriera doganale/sanitaria. Altro “Restelo” appare in prossimità del ponte di contra’ Posta. Questi due erano certamente i due principali e presidiati accessi viari fra i territori dell'Impero e della Serenissima.
Non è facile capire quanti ponti esistessero
a quel tempo sull’Astico. Farebbero pensare a degli attraversamenti i 5 tratti rossi che segnano il torrente e che
potevano costituire altrettanti passaggi dirimpetto a ciascuna delle frazioni lastarolle di fondovalle. È verosimile che essi fossero
delle rudimentali passerelle pedonali in legno ad uso dell'economia locale per la coltivazione del pendio imperiale della valle. Stupisce che non sia segnato il ponte di Pedescala, che dovette essere l’unico nel tratto mediano della Valle.
Delle pertinenze di Forni-Tonezza sono segnati questi due abitati e la frazione di Valpegara, ma non le altre, come Barcarola, Soglio, Maso, ecc.; questo a differenza delle contra' lastarolle, che invece sono ben evidenti, pur non costituendo abitati più significativi. Così pure le vallecole del comprensorio lastarollo sono ben evidenziate diversamente da quelle dirimpetto e delle aree adiacenti. Dunque è probabile che al topografo interessasse mappare particolarmente le zone direttamente interessate dal confine di stato e sia stato volutamente meno preciso sulle altre. Perciò è verosimile che la mancanza di indicazioni relativamente a nuclei abitati attuali non significhi che allora non esistessero ancora, ma piuttosto che non fossero rilevanti ai fini per cui la mappa fu commissionata. Mancano infatti anche riferimenti a Castelletto e Albaredo, che a quel tempo certamente già esistevano.
Delle pertinenze di Forni-Tonezza sono segnati questi due abitati e la frazione di Valpegara, ma non le altre, come Barcarola, Soglio, Maso, ecc.; questo a differenza delle contra' lastarolle, che invece sono ben evidenti, pur non costituendo abitati più significativi. Così pure le vallecole del comprensorio lastarollo sono ben evidenziate diversamente da quelle dirimpetto e delle aree adiacenti. Dunque è probabile che al topografo interessasse mappare particolarmente le zone direttamente interessate dal confine di stato e sia stato volutamente meno preciso sulle altre. Perciò è verosimile che la mancanza di indicazioni relativamente a nuclei abitati attuali non significhi che allora non esistessero ancora, ma piuttosto che non fossero rilevanti ai fini per cui la mappa fu commissionata. Mancano infatti anche riferimenti a Castelletto e Albaredo, che a quel tempo certamente già esistevano.
Buona sera ho letto quanto sopra l'ho trovato molto interessate.
RispondiEliminaLe chiedo una cortesia, mi potrebbe indicare dove si trovava e dove si trova adesso la contrada denominata "Leoni"? (Laste Inferiore): Posta, Giaconi, Busati e Leoni. Grazie
Mi spiace che la risoluzione della foto non permetta ingrandimenti tali da rendere leggibile i dettagli della mappa, altrimenti si vedrebbe che la contra' Leoni (scritto "Lioni" sulla mappa), si trovava lungo la valle subito a monte dei Busatti e prima delle Buse e consisteva di 5 abitazioni separate. Si trovava quindi sulle terre che vennero cedute in seguito a Folgaria e che i lastarolli dovettero abbandonare quando il confine fu fissato definitivamente ai Busatti. In questa mappa del 1608 anche le case di contra' Buse allora situate sulla destra orografica dell'Astico appartenevano ancora ai Lastarolli. Di quegli insediamenti non mi risulta siano rimasti ruderi, come pure delle Laste Alte, che furono distrutte con il trasferimento degli abitanti nell'attuale capoluogo nel 1760.
EliminaGrazie, mio padre mi ha raccontato di Laste Alte, ma mai della contrada Leoni. Lo informerò. La curiosità mi era nata anche per il mio cognome: Leoni; comunque mio padre afferma che le nostre origini sono di Verona da parte paterna, e Busatti da parte materna. Buona giornata
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