martedì 7 aprile 2020

Morire da soli…


Quando mai avremmo pensato di vivere una situazione come quella che ogni giorno affrontiamo?

La cosa che credo sia veramente atroce e dolorosa, è non poter stare vicino a chi soffre, a chi sta perdendo la vita, a chi in un letto d’ospedale si sente perduto e solo, negli ultimi momenti da vivere.

Non avere contatti, non poter tenere una mano, non vedere chi si ama e sapere che non si può fare nulla, è tremendo.

Soli e abbandonati, così ci si deve sentire… E chi è a casa ad aspettare, si sente dentro un vuoto e un senso d'impotenza che diventa un dolore ancora più grande. Si vive come sospesi: non avere comunicazioni certe, ricevere una brutta notizia, vivere il rito del saluto con tanto vuoto dentro e fuori, con la mancanza di quegli abbracci che sostengono e cercano di dare forza. Non solo chi se n’è andato si è sentito solo, anche i singoli membri della famiglia devono superare il distacco da soli, devono cercare di elaborare un lutto in modo diverso e certamente più pesante.

La speranza che io conservo, la prendo dalle parole di due Pastori: il Vescovo di Vicenza e quello di Padova. Il primo ha parlato di un personaggio che nella narrazione della Passione di domenica, ha avuto un ruolo importante: Giuseppe di Arimatea che con coraggio chiede il corpo di Gesù (gli apostoli erano scappati impauriti) per dargli una degna sepoltura, con le pratiche in uso in quel tempo.

Quest’uomo si accolla il compito prezioso di preparare Gesù per la sepoltura; in questo nostro tempo possiamo associarlo ai tanti operatori sanitari, medici e infermieri che in questo periodo hanno cercato e cercano di alleviare il dolore di tante persone, di accompagnarle nel distacco da questa vita… Io penso a Giuseppe e a chi lo ha aiutato a profumare e fasciare Gesù, con tutta me stessa voglio sperare e prego che chi ha il triste dovere di occuparsi di questo particolare incarico, lo faccia sempre con cura, con rispetto, con l’attenzione di cui c’è bisogno.

Il Vescovo Claudio nel suo messaggio sempre di domenica, ha ricordato il ritornello del Salmo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Ha pensato ai tanti malati che in un letto d’ospedale si sentono abbandonati da Dio e dalla propria famiglia, che sta comunque soffrendo e ha fatto un riferimento a Gesù: pur avendo invocato il Padre, ha avuto fiducia in Lui e questo diventa per noi tutti un appoggio; ci appoggiamo alla Parola di Gesù e alla sua testimonianza per vivere noi stessi, con la fiducia che Dio Padre non ci abbandona e non abbandona i nostri cari nemmeno nel momento della morte.

Da queste parole cerchiamo di trarre un po’ di conforto, di sollievo; tante sono le famiglie anche nella nostra valle che hanno perso un loro caro in questo tempo così difficile… a loro va il mio pensiero e la mia preghiera.



Lucia Marangoni Damari

6 aprile 2020

1 commento:

  1. Chi vive questi momenti, ha il cuore che urla... anche se nessuno lo sente... e qualsiasi loro reazione è da comprendere con il massimo rispetto. Non è facilissimo rimanere ancorati alla fede. Io credo che... o si rafforza ulteriormente... o svanisce totalmente...

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