Quando mai avremmo
pensato di vivere una situazione come quella che ogni giorno
affrontiamo?
La cosa che credo sia
veramente atroce e dolorosa, è non poter stare vicino a chi soffre,
a chi sta perdendo la vita, a chi in un letto d’ospedale si sente
perduto e solo, negli ultimi momenti da vivere.
Non avere contatti, non
poter tenere una mano, non vedere chi si ama e sapere che non si può
fare nulla, è tremendo.
Soli e abbandonati, così
ci si deve sentire… E chi è a casa ad aspettare, si sente dentro
un vuoto e un senso d'impotenza che diventa un dolore ancora più
grande. Si vive come sospesi: non avere comunicazioni certe, ricevere
una brutta notizia, vivere il rito del saluto con tanto vuoto dentro
e fuori, con la mancanza di quegli abbracci che sostengono e cercano
di dare forza. Non solo chi se n’è andato si è sentito solo,
anche i singoli membri della famiglia devono superare il distacco da
soli, devono cercare di elaborare un lutto in modo diverso e
certamente più pesante.
La speranza che io
conservo, la prendo dalle parole di due Pastori: il Vescovo di
Vicenza e quello di Padova. Il primo ha parlato di un personaggio che
nella narrazione della Passione di domenica, ha avuto un ruolo
importante: Giuseppe di Arimatea che con coraggio chiede il corpo di
Gesù (gli apostoli erano scappati impauriti) per dargli una degna
sepoltura, con le pratiche in uso in quel tempo.
Quest’uomo si accolla
il compito prezioso di preparare Gesù per la sepoltura; in questo
nostro tempo possiamo associarlo ai tanti operatori sanitari, medici
e infermieri che in questo periodo hanno cercato e cercano di
alleviare il dolore di tante persone, di accompagnarle nel distacco
da questa vita… Io penso a Giuseppe e a chi lo ha aiutato a
profumare e fasciare Gesù, con tutta me stessa voglio sperare e
prego che chi ha il triste dovere di occuparsi di questo particolare
incarico, lo faccia sempre con cura, con rispetto, con l’attenzione
di cui c’è bisogno.
Il
Vescovo Claudio nel suo messaggio sempre di domenica, ha ricordato il
ritornello del Salmo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?”. Ha pensato ai tanti malati che in un letto
d’ospedale si sentono abbandonati da Dio e dalla propria famiglia, che sta comunque soffrendo e ha fatto un riferimento a Gesù: pur
avendo invocato il Padre, ha avuto fiducia in Lui e questo diventa
per noi tutti un appoggio; ci appoggiamo alla Parola di Gesù e alla
sua testimonianza per vivere noi stessi, con la fiducia che Dio Padre
non ci abbandona e non abbandona i nostri cari nemmeno nel momento
della morte.
Da queste parole
cerchiamo di trarre un po’ di conforto, di sollievo; tante sono le
famiglie anche nella nostra valle che hanno perso un loro caro in
questo tempo così difficile… a loro va il mio pensiero e la mia
preghiera.
Lucia Marangoni Damari
6 aprile 2020
Chi vive questi momenti, ha il cuore che urla... anche se nessuno lo sente... e qualsiasi loro reazione è da comprendere con il massimo rispetto. Non è facilissimo rimanere ancorati alla fede. Io credo che... o si rafforza ulteriormente... o svanisce totalmente...
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