Nella
storia del paese di San Pietro nessuno può mettere in dubbio
l'importanza che acquistò nei secoli l'alveo del torrente
Torra. E' stato, fino alla fine dell'ottocento, per gli abitanti di
San Pietro, la sola strada transitabile che collegava le ricche
montagne dell'altipiano con la Valle dell'Astico. Era l'accesso a
quelle “Montagne di Vicenza” cosiddette “Montagne esterne
dell'altipiano” confinanti con la Valsugana austiaca, cioè:
Vezzena, Costesin, Bisele, Camporosato ecc... che ai primi
albori dell'anno mille non appartenevano al Comune di Rotzo, ma bensì
ai Conti Ezzelino da Romano e dopo la loro caduta, nel 1261,
furono acquistate dal comune di Vicenza a cui San Pietro apparteneva
amministrativamente.
Bisogna sapere che i pochi abitanti del Paese
nel 1200 erano dei “servi della gleba”, dipendevano dagli enti
ecclesiastici del Monastero, che era situato su un cuccuzzolo nel
luogo dell'attuale chiesa.
Questa appartenenza fu la causa, anche se
non la sola, per cui il paese di San Pietro, pur trovandosi
entro i confini del territorio del Comune di Rotzo, tracciati
nel convegno di Cogollo nel 1204, non apparteneva a tale comune, ma
fu ad esso aggregato solo nel 1578 con il famoso “Lodo Piovene”.
Era un paese, dal punto di vista civile, completamente sconosciuto
nella lista delle “Ville” del territorio. Fu soltanto con
l'abolizione del monastero verso il 1300 che, cessati i vincoli che
li tenevano legati ai Rettori, i suoi abitanti si sono organizzati e
costituiti in “Villa”.
Ma
questo fatto non fu gradito agli abitanti del Comune di Rotzo, poco
contenti di vedere nel proprio territorio istallarsi sempre più numerosi degli ”extra territoriali” e, se prima l'avversione
era velata, ora si apriva una nuova fase nella lotta per il possesso
del territorio. Nessuno può immaginare tutte le angherie e tutti i
dispetti, che vicendevolmente si facevano… tutte le liti, tutti i
processi che ci furono!!!
Chiusi a sud dalla Val de Rigoloso,
e da metà degli Aldere, e dai Soij de mezogiorno ad est, dai
rapaci abitanti del comune di Rotzo, non rimaneva loro che una sola
via, la Torra, per procurarsi il cibo con la cacciagione, il
legnatico per i fogolàri ed il foraggio per le bestie.
A
quei tempi sembrerebbe, da quello che raccontavano gli anziani ai
loro figli e nipoti, che gli inverni fossero molto rudi e lunghi...
senza fine; con grandi gelate e con interminabili precipitazioni sia
in acqua sia in neve. Questo clima rendeva impossibile la
coltivazione dei prati dell'Astico, che al periodo dello scioglimento
delle nevi diventava una furia e fra una brentana e l'altra si
faceva un passaggio una volta alla destra e una volta alla sinistra.
Gli attuali prati, altro non erano che un vasto alveo del fiume. Sembrerebbe infatti che ancora nel 1600 un ramo del fiume passasse
sotto il paese, ai piedi delle Rivette.
Si
può benissimo pensare che la strada della Torra verso le montagne
dell'altipiano, cominciasse ai piedi dell'attuale ponte delle Sleche, allora inesistente.
La prima parte con poca pendita ed assai larga
doveva essere abbastanza facile, molto più difficile a mano a mano
che si saliva, con strettoie e forre profonde per cui furono
costretti a delle opere specifiche per annullare i salti ed i gorghi
e render il sentiero transitabile. Salendo, passando per la forra al
ponte dei Rossato si arrivava nel Bisele, dove si apriva a larghi
boschi e a vaste pianure e sù sù fino a Vezzena. Zone queste ricche
di legname e di pascoli e di ”relativo” facile accesso.
Ma
anche in questi luoghi se pur lontani, gli abitanti della Valle
ebbero da lottare contro gli austriaci che vi insidiavano il
possesso. Racconta un certo Magister di centoquattro
anni, che ancor prima del 1220 gli “uomini di San Pietro solevano
andare liberamente sulle montagne di Vezzena, di Camporosato ed
altre... a far erba, legna e pascolo senza dipendere da nessuno...
Queste cose le sapeva per averle viste con i propri occhi durante il
periodo di ottant'anni che vi lavorò assieme ad altri boscaioli.
Raccontò
queste cose in un processo il 14 aprile 1344.
In
un documento dei Rettori di Vicenza si parla di una rappresaglia da
parte degli austriaci contro un certo “Paolo Toldo” che era
andato a Vezzena per procurarsi del legname. In questo documento sta
scritto che i “Sampieresi” hanno
sempre tagliato in tal luogo legname per fare doghe, cerchi ed altre cose.
Sempre
ci furono lotte e guerre per il possesso di questi luoghi sia contro
i gli
abitanti del comune di Rotzo che pretendevano che fossero tutte loro le
montagne, sia da quelli della Valsugana che spinti dal Conte Trapp, cercavano
di impossessarsene a loro volta... e con il tempo e l'aiutino
degli abitanti del comune di Rotzo vi riuscirono!!!
Una
volta che i Levicani avevano tagliato a Vezzena cataste di
legna, saputo la
cosa, Il Conte Caldogno, nominato da Venezia MAGISTRATO locale per
la difesa dei confini, radunò a sè un certo numero di uomini armati
di archebugio
e
li portò con sè nel luogo. I Levicani alla vista degli uomini
armati fuggirono giù
per il “Menadore“ e scomparvero.
Si provvide allora a caricare sui
carri il legname e trasportarlo fino alle sorgenti della Torra e
quindi, per l'alveo della medesima, fu condotto fino
all'Astico.
Fu una così tanta quantità che non ci fu abbastanza
posto per accatastarlo nel solito luogo, ma furono costretti a fare
i “tassoni” proprio sulla riva del fiume. Mal gliene incolse a
questi poveri boscaioli, perchè dopo giorni di pioggia, l'Astego si ingrossò e, uscito dagli argini, cominciò a trascinarsi via le
“bore” dai “tassoni “. Fu l'ultima volta che adoperarono
questo luogo, troppo poco sicuro e costoso.
Chiusero
la Valle al ponte delle Sleche e fecero una strada, la strada che
partendo dal ponte arrivava sopra i Cogoletti vicino alla valle dei
Mori e siccome adoperavano i buoi per trasportare il legname fu
chiamata ”strada boara”. In questo luogo il legname era sicuro
essendo una cinquantina di metri sopra il livello del fiume facile
dunque nei giorni stabiliti da farlo scivolare giù nell'Astego
quando era in "brentana".
La
strada esiste ancor oggi, anche se nella parte non usata è piene di
sterpaglie. Nell'alluvione del 1933 la parte finale è crollata
assieme agli spazi di deposito dei “tassoni.”
Per
questa Valle a partire dal 1200 fino al 1800 transitarono centinaia
di migliaia di metri cubi di legname da opera, sia per le varie
segherie dei paesi limitrofi, ma soprattutto per la costruzione di
Venezia.
Essendo la Valle senza curve, si poteva far scorrere delle
piante molto più lunghe che dalle altre parti, i famosi PALI
che, infissi nel fango salino della Laguna, si pietrificavano
creando delle perfette fondazioni per la costruzione dei palazzi
della città.
Lino Bonifaci
Racconto molto bello, fatte molto bene anche le prime due foto, sono fatte anche queste dal Sig. Bonifaci?
RispondiEliminaCome espone il Signor Lino anche allora non era tanto differente per difendere territori e beni!
RispondiEliminaLino, per il trasporto della legna, costruivano una "zattera" con i tronchi o li lasciavano andare giù da soli.Sul registro dei morti di Forni, si legge che certi uomini della parrocchia sono deceduti sull'Astico, mentre facevano questo lavoro.
RispondiEliminaHo trovato, a l'istante, un documento dove è scritto che, sull'Astico, non era possibile l'uso delle zattere, l'Astico essendo utilizzato, per il trasporto, soltanto quando era in brentana. Per questa stessa ragione non si può dire quanto legname è stato trasportato.
EliminaMetevano in acqua la bora e ci montavano sopra a cavaloti buttandosi in pansa e remigando con le mani. Se l'acque era massa bassa si spingevano con le mani sui sassi. Il problema più grosso era curvare ed evitare le collisioni coi vicini di remo. A quel tempo c'erano molti in valle che che andavano via di sotegone. Ma una volta passata la Prìa il più era fatto. Quelli dai Forni cibuscavano le bore ai sampieroti e le guidavano roversi, alla maniera di Ulisse con le pecore di Polifemo per non fasi vedere, ma non andava sempre bene e spesso ci lasciavano le scorse, specie se qualche priòto s'infilava fra le chiappe.
EliminaLe fotografie nei miei post è esclusivamente opera della Carla!!! Spesso sono piu'
RispondiEliminainteressanti che il racconto!!!!!
In tutti i territori delle Alpi e prealpi italiane ed estere!!!! ci sono sempre state delle lotte,
a volte molto feroci, per il possesso del suolo,sopratutto quando per vicini si trovavano
popolazioni di stirpi differenti,come nelle nostre montagne.Il legname ed il pascolo erano
la sola ricchezza per vivere.
Nei fiumi stetti e rapidi, come l'Astico alla Pria ed a Caltrano,i tronchi (le bore) erano fatti
scendere per"fluitazione" cioè liberi e separati.Allora si puo' immaginare le bore libere
in te l'astego in brentana quanti danni facevano e quanto pericoloso era guidarle e quanti
feriti gravi o morti ci saranno stati!!!!!
don sponcio ha sempre voglia di scherzare è un simpaticone. Un saluto al Signor Lino.
RispondiEliminaLa prima foto è di Nicolò Lorenzi, la seconda sono incerta se è ancora sua oppure di Gino Sartori. La terza di google immagini.
RispondiEliminaMi scuso per non aver precisato.