lunedì 30 marzo 2020

Toponomastica & Toponomistica

AdSV/BdG - Mappa catastale del 1809 - San Pietro in Val d'Astico
Gianni Spagnolo © 200313
Recenti pubblicazioni sull'antica toponomastica locale hanno fatto riaffiorare molti nomi di luoghi dall’uso circoscritto,  dei quali s’era già perso il ricordo. Con un appassionato e certosino lavoro sulla memoria, ma soprattutto sugli archivi civili notarili, è stato possibile portare alla luce i toponimi, spesso di origine cimbra, che in antico caratterizzavano la montagna vicentina. Ai nostri confini, Ivo Matteo Slaviero con Rotzo1, Alberto Baldessari con Pedemonte2 e Renato Pretto e Angelo Saccardo con la Val Posina3, hanno racchiuso il nostro comune, per così dire, in un’enclave d’ignoranza.
Valdastico, infatti, non risulta pervenuto!  
In verità qualcosa è stato fatto ed ha portato almeno all’elencazione dei toponimi minuti locali4 dei quali ancora si conservava memoria; si tratta però di denominazioni  per lo più risalenti a non oltre le tre o quattro generazioni addietro. Per andare più a ritroso servono attestazioni scritte ed è proprio qui che casca l’asino, dato che noi abbiamo, chissà perché, una situazione documentaria molto più lacunosa,  frammentaria e dispersa dei nostri vicini.
Comunque, senza pretese di fare un lavoro organico, accurato ed esaustivo come i benemeriti autori citati, proviamo a procedere omeopaticamente e alla buona, analizzando quello che c’è.
In atti della fine del millecinquecento  stipulati dal notaio Lodovico Cerato dai Forni, troviamo riferimenti ad alcuni toponimi di San Pietro: Vegre, Rovere, Prosoli e Reseco e a due di  Forni: Agri e Ponticelli. Questo pubblico funzionario scrive nella lingua volgare formale in uso al tempo, ovvero un italiano ancora fortemente influenzato dal latino. Egli è uso rendere spesso i nomi personali e quelli di località in latinorum, per cui è difficile capire quale fosse l’effettivo corrispondente nella parlata allora corrente.
Le località di Rovere ed Agri sono indicate con riferimento ai proprietari confinanti e prossime alla strada consortile, ma nulla di più preciso, per cui non è possibile collocarle sul territorio mancando ulteriori riscontri. In ogni caso sono senz'altro dei nomi mutuati dalle piante ivi esistenti, cioè il rovere e l'acero (Agro o Aorno in dialetto locale arcaico). Végre invece è un toponimo giunto fino a noi e palese nella sua accezione di: terreno incolto. Da quanto si evince dalle descrizioni la vegra era l'area incolta prossima alle giare della Val dell'Orco, ovvero sotto l'attuale Parco dell'Emigrante. Possiamo immaginare che le pur brevi valli dell'Orco e del Chéstele sfociassero a quel tempo sui prati dell'Astico soggette a regimi molto turbolenti, non essendo regimentate e conducendo molta più acqua. Ne conseguiva che le rive nei pressi fossero prevalentemente ghiaiose, infide e improduttive; da ciò verosimilmente il nome di Végre.
Su Prosoli e  Reseco invece possiamo tentare qualche migliore approssimazione.
Anno 1598, 14 di marzo;  Compravendita5 fra “ .. Baptiste f.q. Jo.e  de luca santi petri valis astici pertinentiam Rotii  e  Jacobo f.q. dominici de luca de dicto loco ..”/ ".. una pezza di terra arativa plantate vitibus et arboribus, posita in pertinentiis sa:ti petri valis astici pertinentiam Rotii in ora  vocata dei prosoli, cui coheret à mane strata comunis, à meridie heredes d. baptiste de toldis, à sera covali et à monte dictus empratori ..”
La località detta “dei Prosoli” confina dunque ad Est con la strada comunale e ad Ovest con i covoli ed è piantumata a viti e alberi da frutto. L'unico posto del paese dove ci sono dei covoli ad occidente mi pare essere la zona sopra la pontàra, dove ora c'è il plesso scolastico e la stazione dei Carabinieri. Questa era senz'altro un'area particolarmente vocata per gli alberi da frutto; nei ricordi più recenti erano mitici quelli del Vecio Strùca. Circa il significato del nome non so dare spiegazione, non risultandomi che prosolo/prosoli fossero termini significativi della lingua veneta. Attingendo invece dal cimbro potremmo individuarne la radice in Pros/Prös/Prosele che significa gemma, germoglio; bùto per dirla alla veneta. Quindi “luogo dei virgulti”, forse in ragione del fatto che quelli erano terreni  piantumati da poco.
Anno 1597, 13 di novembre – Compravendita5 fra “.. Josephis  f.q. Jo.e marie de’ laurentiis santi petri valis astici pertinentiam Rotii Jo.e Baptista f. q. blasii de rezarinis de dictu loco ..” / ".. in loco furnos, pertinentiam Rotii, vic. districtus, in ora de’ Ponticelis in domo et hab. heredi q. Jo.e marie foladoris, presentibus fra.co f. q. laurentii à via tonezie, habitatore furnis predictictis et Jo.e marie f. q. marci cardi albaredi habitatore resechi pert. Rotii, omnibus duobus testibus ..”
Da questa scrittura possiamo ottenere una serie di informazioni. L’atto viene redatto in località Ponticelli di Forni in casa di un certo foladore. Siamo quindi in un’area ricca d’acque e presso un testimone che fa il follatore. Dunque lì c’era un follo, cioè un opificio per follare i panni, o più verosimilmente, le cortecce d’abete bianco per ricavarne il tannino così prezioso per la conciatura delle pelli. Il plurale farebbe pensare a più ponti e  quindi ad una zona di canali. In quest’epoca (fine del XVI secolo) si assiste ad una migrazione in valle di famiglie della montagna. Apprendiamo infatti di Francesco del fu Lorenzo Dalla Via (à via), che è originario di Tonezza ma che ora abita ai Forni, mentre in altre scritture coeve troviamo Jo:s f. q. valentini de petenatis (Pettinà), anch'esso sceso da Tonezza per stabilirsi in valle e così pure l'asiaghese crestano f. laurentii à molendino (Dal Molin). Poi Giomaria del fu Marco Cardi, che è di Albaredo ma è detto abitare ora a Reséco, che è sempre nel territorio di Rotzo, ma nel suo piede vallivo. Il confine meridionale fra il territorio (parrocchie) di San Pietro e quello di Rotzo era la Val di Rigoloso, o di Pisciavacca o di Rio Seco; non si sa bene neanche ai giorni nostri quale termine sia più pertinente6. Dato però che il maso di Bellasio a quel tempo era già chiamato così ed era abitato da un ramo dei Prüner di Castelletto, dov’era accasato questo Giomaria dei Cardi di Albaredo per stare sulla parte di Rotzo della Valle, cioè sulla sua sinistra orografica? Scarterei la zona più pertinente, cioè la costa di monte sopra Bellasio, dove si fatica ad immaginare insediamenti. Considerando che la contra’ Righele è sicuramente d'epoca posteriore e che comunque appartiene a San Pietro, l'alternativa sarebbero i ruderi posti a monte della Bréiola, sotto l’attuale strada che sale dalle Forme e che a fine settecento erano abitati da famiglie Dal Pozzo. Queste erano anche, guarda caso, proprietarie di una larga porzione del Monte di Rotzo sopra Bellasio(Reséco), magari ereditata/acquistata dai Cardi. Supporrei pertanto che proprio quel maso fosse in origine la residenza di un ramo dei Cardi di Rotzo i quali erano soprannominati Rigoloxo8. A questo punto però, se il nome di questa località nel 1598 era Reséco, qualche perplessità la solleva. Il toponimo giunto fino a noi è "Rio Secco", che peraltro s’applica benissimo alla valle in quei pressi, che oggi è così parca d’acqua, ma che un tempo dovette averne di perenne, visto che alimentava un  mulino. Se fosse stato lo stesso nel XVI secolo, il notaio Cerato, che era del posto, non avrebbe avuto nessuna esitazione a scrivere: Rio Secco, data la sua attenzione all’omologazione linguistica; se dunque l’annotò come Reséco (resechi alla latina) è perché quel toponimo non significa “rivolo secco”, come banalmente possiamo pensare, ma aveva un altro significato. Ricorrendo all'antica lingua ci starebbe un Ress(ar)ekke (dosso solido, sano, in buono stato), forse perché all’epoca era al riparo dalle bizze dell’Astico e/o non soggetto a frane. Se queste ricostruzioni sono verosimili, c’insegnano a prestare molta attenzione alla deriva toponomastica, che è sempre alla ricerca di significati correnti e pertanto incline alla corruzione dei termini originari. 
(1)                “ROTZO – Toponomastica storica e aspetti di vita della comunità ” di Ivo Matteo Slaviero – 2014.
(2)              “I NOMI PARLANO – Viaggio attorno ai nomi di luogo di Pedemonte” di Alberto Baldessari – 2004.
(3)              “POSINA – Una identità ritrovata” – di Renato Pretto e Angelo Saccardo – 2011.
(5)              A.d.S. Vicenza – Notaio Lodovico Cerato (1546-1628)
(8)             https://bronsescoverte.blogspot.com/2012/08/brandelli-di-storia-patria-rotzo.htmI Righele che durante il XVIII secolo dettero origine all'omonima contra' posta sulla destra orografica della Val di Rigoloso, quindi in territorio di San Pietro, provenivano dai Forni ed è non è inverosimile che discendessero proprio da questi Cardi, soprannominati Rigoloxo, che avevano interessi in quella zona due secoli prima e che probabilmente gravitavano, per prossimità, sulla comunità di Forni. Essendo questi nomi del tutto autoctoni riterrei l'innegabile assonanza assai indicativa di una derivazione.

4 commenti:

  1. Buonasera a tutti i lettori, come sempre i scritti di Gianni sono sempre ricchi a leggerli.I nomi dei luoghi indicati da Gianni ne conosco qualcuno e sulla mappa catastale non riesco a localizzarli,(guardo male sicuramente) Forse i lettori del Blog conoscono i Rovere , e il strodo che parte dalla contra Lucca per raggiungere la strada di campagna che va fino al capitello sella torra.Havevo sentito che si chiamava cosi perche tanti tanti anni fa delle piante (rovere) affiancavano questo strodo,forse Gianni avra una spiegazione pour précisa sul perché dei nomi,ma mi sembra avère capito che i tipi di alberi siano stati una ragione.
    Buona sera oppure buongiorno a voi tutti.STATE IN CASA.


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo la mappa della foto è molto più recente dei nostri fatti, data del 1809, come è specificato nella didascalia. Don Giovanni Toldo scrive che i vecchi raccontavano che il saliso che porta ai Lucca fosse affiancato da colossali alberi di noce, non di rovere. Le piante di rovere erano improduttive per usi alimentari ma assai pregiate e strategiche da opera e recensite una per una in quanto necessarie alla Serenissima per fare le carene delle navi e alimentare il suo Arsenale, che fu per secoli la fabbrica più grande del mondo. Può anche darsi che al posto dei noci, in epoca precedente ci fossero dei roveri. Io non l'ho mai sentita chiamare così quella strada, ma forse qualcuno più stagionato di me ha ricordi più antichi.

      Elimina
  2. Giulio
    Buongiorno Gianni, effettivamente il saliso che parte dai Lucca e che arriva fino alla fontana di contra Pertile era come dici tu affiancato di (nogare) ne rimangano ancora due mi sembra! I Rovere (strodo) arriva vicino al ponte della vallé,ponte che si trova sulla strada di campagna che poi va verso il capitelo della torra e il gorgo dopo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Giulio. Quindi avevo equivocato io il primo messaggio che dice sostanzialmente la stessa cosa. Ottimo, così adesso abbiamo localizzato "i Rovere" e la strada comunale a cui fa riferimento l'atto è quella della Campagna vicino alla Val dei Mori.

      Elimina

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...