di Lucio Spagnolo
In
questi giorni, assieme ai tanti messaggi, video, barzellette che ci
arrivano sui telefonini, fatte apposta per sdrammatizzare un po’ il
problema sanitario che stiamo vivendo, e un po’, perché no, per
sorridere che comunque fa sempre bene, cominciano a circolare nei
messaggi anche preghiere, suppliche, immagini sacre per implorare aiuto e
protezione.
Io, che tra i miei molteplici difetti ho sempre avuto anche quello di essere innamorato di Gesù Cristo e del suo messaggio, e che considero la preghiera un atto di ogni giorno, sorrido quando vedo che i miei amici, quelli che di solito si dedicano più a far festa e a …un’altra cosa, rispetto alla preghiera quotidiana, ora sono presi da un’improvvisa conversione, come quella di San Paolo sulla via di Damasco! Pregare e chiedere grazia al buon Dio va sempre bene, anzi, secondo me, sentire l’aspetto spirituale nella quotidianità, nella vita di ogni giorno, senza eccessi, senza bigotti misticismi senza prese di posizione “talebane” non può fare che bene.
Mi fermo perché non è questa la sede per disquisizioni morali e teologiche e racconto, brevemente, le…preghiere di un tempo.
Andavamo in chiesa spesso, quasi ogni giorno quando io ero bambino e con noi piccoli c’erano sempre molte persone anziane: le nostre pro-zie, nonne, qualche nonno. Gli anziani erano gente buona e saggia ma, nella maggioranza dei casi, avevano fatto la prima o la seconda elementare.
Le preghiere erano scritte e recitate in lingua latina o italiana che non sempre si confaceva con le lingue madri dei nostri anziani, che erano il cimbro e il dialetto veneto.
Così le preghiere venivano recitate talvolta come fossero delle formule strane e alcune parole, o frasi, venivano trasformate, senza senso logico, inserendo termini conosciuti. E così la nonna pregava: “Orso dunque avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi…” L’invocazione “orsù” era sconosciuta… E allora si metteva nella Salve Regina un orso che, poco ci stava, ma che certamente male non faceva!
C’era poi una canzone, di quelle solenni con musiche da organo, che viene ancor oggi spesso citata da Bepi de Marzi come riferimento per molti altri componimenti degli anni successivi, era: “Dal tuo celeste trono!” Ora, a un certo punto il testo diceva “ O Madre dolce e cara, ascolta chi ti chiama, salva Maria chi t’ama e tanto confida in te!” Eh, però… dai… per le nostre nonne dialetal-cimbre era davvero troppo difficile! Quell’apostrofo tra il pronome personale e il verbo quel “salva Maria chi t’ama” era davvero troppo! Ma si poteva ovviare facilmente! E si ovviava così: “O Madre dolce e cara, ascolta chi ti chiama SANTA MARIA CHITARRA” E…. finito! Prima l’orso della Salve Regina, ora una chitarra nell’inno a Maria.
Per ultimo, ma qui eravamo già negli anni ’70, ci avevano insegnato una canzone che parlava dei Re Magi. Si chiamava “Carovana vai! Portaci a Gesù”. Lina abitava di fronte a casa mia, non era una grande frequentatrice delle cerimonie religiose e, poco prima di Natale, passando per casa mi disse, sorpresa: “Ben, un tempo ci avevano insegnato tutti i nomi dei santi e dei Profeti. Io conosco Elia, Isaia, Geremia, Samuele… Ma tu sai dirmi chi sia mai questo… VANAVAI? Un profeta con un nome così..Mai sentito!” Da subito neanch'io avevo capito dove la Lina avesse sentito questo nome strano. Poi, tra una risata divertita e l’altra, io e tutta la mia famiglia pensammo che …Lina aveva semplicemente sbagliato le metrica della frase e la divisione delle parole. Le parole “ Carovana vai…” erano diventate Caro Vanavai! Così come si dice caro Mario, caro Antonio, caro Giovanni, Lina aveva pensato appunto a un caro …Vanavai!,
Ma io penso che il buon Dio abbia gradito ugualmente, anzi gradisse ancor più quegli strafalcioni linguistici che la buona gente del mio paese gli rivolgeva. Anche perché il buon Dio…guarda al cuore non alle parole. Erano le preghiere semplici di un tempo quando la preghiera era abitudine di ogni mattina, di ogni sera.
Io, che tra i miei molteplici difetti ho sempre avuto anche quello di essere innamorato di Gesù Cristo e del suo messaggio, e che considero la preghiera un atto di ogni giorno, sorrido quando vedo che i miei amici, quelli che di solito si dedicano più a far festa e a …un’altra cosa, rispetto alla preghiera quotidiana, ora sono presi da un’improvvisa conversione, come quella di San Paolo sulla via di Damasco! Pregare e chiedere grazia al buon Dio va sempre bene, anzi, secondo me, sentire l’aspetto spirituale nella quotidianità, nella vita di ogni giorno, senza eccessi, senza bigotti misticismi senza prese di posizione “talebane” non può fare che bene.
Mi fermo perché non è questa la sede per disquisizioni morali e teologiche e racconto, brevemente, le…preghiere di un tempo.
Andavamo in chiesa spesso, quasi ogni giorno quando io ero bambino e con noi piccoli c’erano sempre molte persone anziane: le nostre pro-zie, nonne, qualche nonno. Gli anziani erano gente buona e saggia ma, nella maggioranza dei casi, avevano fatto la prima o la seconda elementare.
Le preghiere erano scritte e recitate in lingua latina o italiana che non sempre si confaceva con le lingue madri dei nostri anziani, che erano il cimbro e il dialetto veneto.
Così le preghiere venivano recitate talvolta come fossero delle formule strane e alcune parole, o frasi, venivano trasformate, senza senso logico, inserendo termini conosciuti. E così la nonna pregava: “Orso dunque avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi…” L’invocazione “orsù” era sconosciuta… E allora si metteva nella Salve Regina un orso che, poco ci stava, ma che certamente male non faceva!
C’era poi una canzone, di quelle solenni con musiche da organo, che viene ancor oggi spesso citata da Bepi de Marzi come riferimento per molti altri componimenti degli anni successivi, era: “Dal tuo celeste trono!” Ora, a un certo punto il testo diceva “ O Madre dolce e cara, ascolta chi ti chiama, salva Maria chi t’ama e tanto confida in te!” Eh, però… dai… per le nostre nonne dialetal-cimbre era davvero troppo difficile! Quell’apostrofo tra il pronome personale e il verbo quel “salva Maria chi t’ama” era davvero troppo! Ma si poteva ovviare facilmente! E si ovviava così: “O Madre dolce e cara, ascolta chi ti chiama SANTA MARIA CHITARRA” E…. finito! Prima l’orso della Salve Regina, ora una chitarra nell’inno a Maria.
Per ultimo, ma qui eravamo già negli anni ’70, ci avevano insegnato una canzone che parlava dei Re Magi. Si chiamava “Carovana vai! Portaci a Gesù”. Lina abitava di fronte a casa mia, non era una grande frequentatrice delle cerimonie religiose e, poco prima di Natale, passando per casa mi disse, sorpresa: “Ben, un tempo ci avevano insegnato tutti i nomi dei santi e dei Profeti. Io conosco Elia, Isaia, Geremia, Samuele… Ma tu sai dirmi chi sia mai questo… VANAVAI? Un profeta con un nome così..Mai sentito!” Da subito neanch'io avevo capito dove la Lina avesse sentito questo nome strano. Poi, tra una risata divertita e l’altra, io e tutta la mia famiglia pensammo che …Lina aveva semplicemente sbagliato le metrica della frase e la divisione delle parole. Le parole “ Carovana vai…” erano diventate Caro Vanavai! Così come si dice caro Mario, caro Antonio, caro Giovanni, Lina aveva pensato appunto a un caro …Vanavai!,
Ma io penso che il buon Dio abbia gradito ugualmente, anzi gradisse ancor più quegli strafalcioni linguistici che la buona gente del mio paese gli rivolgeva. Anche perché il buon Dio…guarda al cuore non alle parole. Erano le preghiere semplici di un tempo quando la preghiera era abitudine di ogni mattina, di ogni sera.
Caro Lucio, mi trovi in completo accordo su quanto scrivi, anche per me le preghiere in latino erano incomprendibili e solo dopo tanti anni ho compreso che venivano storpiate senza volerlo! a riguardo di questo particolare momento, anch'io ricevo preghiere e immagini di Gesù da persone che mi hanno sempre criticato e snobbato per il mio impegno in parrocchia. Ci ho pensato: forse Dio sta agendo, in un modo a noi incomprensibile, ma sta operando. Come dice il Profeta Gioele, nel cap. 2 "......ritornate a me con tutto il cuore…." Chissà che non sia venuto il tempo di ritornare a Dio. Un abbraccio. Lucia Marangoni Damari
RispondiEliminaOltre al Vanavai c'era il Tananai.
RispondiEliminaMio padre diceva: fa el bravo senò vien el tananai. Mai si prese la briga di spiegarci, chi mai questo Tanai fosse. Solo più tardi lo incontrai. Chi l'avesse mai sospettato che altro non era che il Padre Eterno?
Adonai è il nome di Dio degli ebrei, più precisamente "mio maestro"(in ebreo : אֲדֹנָי). I preganti nelle sinagoghe ripetevano frequentemente "Adonai" ed a voce alta, alterato nella sua ripetizione in badanai per facilitare la pronuncia che infine divenne tananai per i cristiani che udivano le preghiere pronunciate che non capivano. A tanani fu infine attribuito un altro significato dai non-israeliti, cioè quello d’una grande confusione di suoni, forse come quella citata qui sopra con le preghiere in latino.