【Gianni Spagnolo © 200326】
Da quando il relativismo ha fatto diventare plurale la Verità, che fin dal
principio fu singolare, molte certezze traballano. Stranamente se la sta
passando maluccio anche la Scienza, che pur relativa lo è sempre stata. Essa
non ha infatti dogmi assoluti, procedendo per sperimentazioni e verifiche progressive.
Quel che è ritenuto vero oggi potrebbe non esserlo più domani alla luce di nuove e provate risultanze.
Sembrerebbe l'idolo perfetto per la nostra società in progresso. In pratica vediamo che non è proprio così. L’uomo medio pare
affidarsi alla scienza finché conferma le sue aspettative, altrimenti si
lascia illuminare facilmente da altri fari. Come per la religione, del resto. Fuori uno, dentro l'altro!
I più illuminati cultori
del sapere scientifico puntano perentori il dito contro l'ignoranza
scientifica del nostro popolo, ritenuto tradizionalmente privilegiare il
sapere umanistico. Cosa in parte vera e in parte pregiudiziale; molti scienziati del passato erano addirittura preti e comunque non è che la società moderna abbondi di afflati umanistici. Magari! Perché l’uomo è un essere complesso fatto di materia e spirito in perenne
conflitto e va coltivato con un po’ d’indulgenza. In medio stat virtus, ammoniva già la filosofia scolastica
medievale: la virtù sta nel mezzo.
Ora siamo alle prese
con questo virus e in molti, grazie all’abbondanza di fonti alle quali poter comodamente attingere attraverso internet, cercano di capire la
struttura e le dinamiche di comportamento di questo sgradito ospite, nonché tutto quello che gli gravita attorno. Il problema è che, per
vagliare criticamente la mole di informazioni che circolano, difettiamo di
sufficiente capacità critica e quindi siamo facile preda emotiva delle
cosiddette “fake news”, notizie false. Di queste famigerate feicnius (ma perché non le chiamiamo bufale?), confezionate ad arte o
diffuse per paura e incoscienza, ne circolano miriadi. Sono più virali e pervasive del virus stesso.
La bufala infatti è molto simile ad un virus: si diffonde velocemente
dappertutto ed è agevolmente recepita dalle coscienze. Sì, perché, come un virus,
dispone di risorse gratuite per propagarsi e di subdoli meccanismi per penetrare le menti più
predisposte a riceverla. I nostri recettori sono infatti la paura, l’ansia e l’incertezza, che trovano facile sollievo nelle informazioni che danno risposte semplici e perentorie.
Non siamo più allenati al dubbio: vogliamo tutto e subito; soprattutto cose che
non ci mettano di fronte a nostre responsabilità, individuali o collettive che
fossero. La scienza, con il suo rigore deontologico, non è attrezzata per farlo. Anche perché richiede conoscenze specifiche, processi logici e verifiche troppo lunghi e laboriosi per calmare la nostra fame di certezze facili e immediate. La
fake invece è un toccasana: ci da risposte indisputabili e immediate, ma soprattutto un
colpevole: perché un colpevole ci deve essere sempre. Se c’è un colpevole significa che noi non siamo responsabili in
nessuna misura e questo è infine quel che vogliamo sentirci dire.
Ecco allora che accogliamo
e facciamo nostre le opinioni più improbabili. L’idea che il virus sia stato
costruito in laboratorio da menti diaboliche è più consolante che approfondire
la millenaria lotta dell’uomo con malattie e parassiti. Enfatizzare qualche
propagandistico e velleitario aiuto da parte di paesi dall'improbabile, ancorché pelosissima, solidarietà ed empatia è meglio che guardare i numeri e le evidenze empiriche. Dileggiare i
nostri partner europei, con i quali condividiamo una civiltà millenaria e
decenni di percorsi comuni, come jene pronte ad approffittare del nostro stato di
bisogno, conforta il nostro complesso d'inferiorità meglio che andare a leggersi i provvedimenti economici e valutare le risorse stanziate. Chi vive di sola propaganda e ha una rodata esperienza nella manipolazione delle
coscienze sta sguazzando libero e onnipotente in questa immensa palude di
disinformazione di massa. Poi ci sono anche le bufale cretine di chi s’è fatta
un’idea cretina degli eventi e muore dalla voglia di condividerla. Infine c'è sempre un pizzico di cinica e insopprimibile Schadenfreude, una parola tedesca intraducibile in italiano, che significa gioire delle disgrazie altrui.
E sì che basterebbe
confidare in qualche autorità riconosciuta e accreditata per evitare di perderci
in questo pantano. Purtroppo però anche le autorità riconosciute e accreditate devono
fare i conti con la verità al plurale e sono messe in discussione dalla falsità
portata al loro stesso livello. Soprattutto quando non dicono le
cose che alla gente piace sentire, per cui è meno faticoso e più svelto ricorrere alle altre verità sul
mercato. Ovviamente quelle che ci confortano meglio e costano meno, perché, è ovvio, è l’economia che
comanda.
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