“Oggi sono andato a fare provviste di
patate... I campi al sole, gli orti davanti le case, il bosco che avanza
e la montagna dietro le spalle; lindore, aria pulita, gente serena che
poco chiede. Gli altri nativi sono in Canadà, Australia, Francia… Il
ragazzo dal quale ho comprato due quintali di patate concimate con il
letame e coltivate senza prodotti chimici dopo aver dissodato un terreno
vegro è diplomato, ma piuttosto che scendere a lavorare in città,
preferisce stare quassù con maggiore lavoro e minore guadagno…”
Così scrive Mario Rigoni Stern nel suo
libro Sentieri sotto la neve descrivendo la realtà di Rotzo, uno dei
sette comuni dell’altopiano di Asiago. A valle del paese si stende la
cosiddetta ‘campagna’, la zona a migliore vocazione agricola, l’ideale
per la patata, come intuì nella seconda metà dell’Ottocento l’abate Dal
Pozzo, nativo del luogo, singolare figura di religioso animato da
curiosità scientifica. Il terreno abbina infatti la struttura sciolta
tipica dei materiali morenici all’ottimo drenaggio assicurato dalla
natura calcarea del sottosuolo. Quanto al clima, l’elevata piovosità
primaverile si abbina a temperature medie estive (18-20 °C) in un quadro
ottimale per lo sviluppo della pianta.
L’escursione termica tra
notte e giorno, inoltre, favorisce da una parte la concentrazione
dell’amido, elemento nobile della patata, ostacolando dall’altra
l’accumulo d’acqua. L’umidità ambientale, elevata soprattutto di notte,
si rivela infine preziosa alleata nel momento in cui basta per mantenere
il terreno alla giusta freschezza evitando sia le sofferenza da siccità
che eventuali eccessi nell’irrigazione che possono portare allo
sviluppo di muffe. La coltivazione della patata è affidata a piccole
aziende a carattere familiare riunite nella Cooperativa di produttori
della patata di Rotzo.
Il disciplinare di produzione prevede: a
fine inverno l’aratura e la letamatura, preferibilmente con stallatico
bovino maturo, in alternativa mediante sovescio di prato di leguminose;
una successiva fertilizzazione integrativa con piccole quantità di
concimi NPK (azoto-fosforo-potassio); la semina, tra marzo e aprile, con
un investimento medio 60-65.000 piantine per ettaro, vale a dire in
file a 70 centimentri, con piante piante ogni 25; pratiche colturali con
rincalzatura e irrigazioni secondo necessità; cure fitosanitarie solo
se indispensabili, ridotte al controllo di peronospora, dorifora e
afidi, in ragione di uno o due trattamenti con prodotti a basso impatto
ambientale; rotazione dei terreni con prati di leguminose e foraggere,
con vincolo alla risemina a patate dello stesso appezzamento per non più
di tre anni consecutivi, al fine di ridurre l’insorgenza di parassitosi
e limitare lo sfruttamento del suolo. Altrettanto interessante è il
discorso della rassegna varietale che oggi, per disciplinare, comprende
le seguenti varietà: Bintje (detta Olandese), la più coltivata, seguita
da Spunta, Desirée, Monalisa e Primura.
Un discorso che potrebbe meritare
approfondimento è quello delle varietà tradizionali, con particolare
riferimento alla produzione, documentata negli scritti storici, di una
patata a buccia violacea, comunemente detta Nera, che veniva venduta con
profitto sui mercati cittadini. Patate di tal genere sono ancor oggi
comuni nei paesi d’Oltralpe e chissà per quale strada sono arrivate a
Rotzo, passo montano, considerate le ascendenze germaniche dei Cimbri,
gli antichi colonizzatori dell’Altopiano, o, perché no, rotta marittima,
visti i contatti commerciali dell’Altopiano con la Serenissima.
Resta da dire solo dell’appuntamento gastronomico più atteso, la FESTA DELLA PATATA,
che si tiene la prima domenica di settembre. Protagonisti sul fronte
gastronomico sono gli gnocchi che meritano di essere assaggiati con il
condimento di più antica tradizione, con burro, zucchero e cannella.
Nella circostanza si serve anche la considera, la polenta piuttosto
consistente e corroborante, preparata con patate, farina, strutto,
cipolla e latte, che i contadini consumavano quando erano nei campi.
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Gli ortaggi e la frutta ci richiamano alla mente i luoghi e i lavori vissuti della nostra infanzia. Chi non ricorda l'albero di pere o pesche nell'orto nostro o del vicino, o il lavoro di "sgranare le teghe de fasui e le panoce". Erano attività piacevoli per i ragazzini. E quando parliamo di patate, uno o due sacchi ce li regalava anche quel pezzo di terra in campagna o "alle rive", dopo averlo riccamente concimato con il letame portato a spalle con le gerle... Certo che le patate di Rotzo sono un'altra cosa. Hanno un sapore speciale. I gnocchi con le patate erano e sono una delizia.
RispondiEliminaAspettiamo un poeta, un grande poeta, che elogi in versi le umili patate. Eugenio Montale ha innalzato un inno ai limoni, Neruda ai pomodori........ E alle patate di Rotzo? Poeta cercasi............
GERMANO