Ai piedi della rupe di Lumignano si
scorgono gli orti a terrazze, le cosiddette ‘masiere’, dov’è
tradizionale la coltura dei piselli, merito dei monaci Benedettini che
probabilmente la avviarono in epoca medievale.
I contadini di un
tempo avevano capito di poter sfruttare il riverbero della roccia
riscaldata dal sole per ottenere una produzione tanto precoce da essere
inviata a Venezia per il banchetto del doge nel giorno della festa di
San Marco, il 25 di aprile.
Tradizionale era la consociazione del
pisello con l’olivo e il vigneto, altre colture tipiche dei Berici, con
reciproco vantaggio. La fatica degli agricoltori era premiata da un
ortaggio di ineguagliabile delicatezza, che sublimava nel più
caratteristico dei piatti primaverili, ‘risi e bisi’, più minestra che
risotto, semiliquida e ricca di piselli (“ogni riso, un biso”),
eventualmente arricchita da pezzetti di ‘oco in onto’ (carne d’oca
conservata nel suo grasso). Nel 1931 la Guida Gastronomica d’Italia del
Touring Club Italiano definiva i piselli di Lumignano “piccoli e
dolcissimi”.
Come contorno vengono preparati ‘in
tecia’, su un soffritto di pancetta dolce: “La loro giusta e trionfale
morte” – decreta il Candiago, cantore delle gioie gastronomiche
vicentine – “è col cotechino o comunque con le carni in lesso o
arrosto”.
Nell’ultimo dopoguerra, tuttavia, subentra la crisi
dettata dall’esodo dalle campagne e dall’incalzare dell’agricoltura
intensiva. Venuta a meno la convenienza commerciale, la produzione è
limitata all’autoconsumo. Un vero peccato, perché nella circostanza si
perdono alcune varietà che si erano perfettamente adattate al luogo.
In anni recenti, per fortuna, la coltura
dei ‘bisi de Lumignan’ ha ripreso slancio sull’onda del rinnovato
interesse per i prodotti tipici, come fa fede la sagra dei bisi che
riempie la piazza del paese nelle domeniche di primavera. Inalterate,
le operazioni colturali, che prevedono un’accurata preparazione del
terreno con concimazioni preferibilmente di letame maturo e interventi
successivi per lo più manuali. La produzione, che coinvolge anche alcuni
limitrofi della Riviera Berica, nelle annate migliori raggiunge i 7000
quintali, essenzialmente destinati alla ristorazione locale. Quanto al
futuro, l’istituto di sperimentazione agraria «Strampelli» di Lonigo è
al lavoro per selezionare tra le varietà tradizionali quella più adatta a
questo angolo dei Berici.
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Un po' di conoscenza anche in questo campo non guasta. Sapere i prodotti d'eccellenza della nostra terra vicentina è interessante, sia per noi, che per quelli che ci leggono da fuori zona.
RispondiEliminaHo abitato x alcuni anni(10) a Costozza pochi chilometri prima di Lumignano e andavo sempre alla sagra dei BISI che come sempre mia madre comprava x farli in TECIA. Vi posso assicurare che erano una specialità naturalmente sto parlando di 40 anni fa perchè a Costozza ho fatto le medie e l'istituto professionale in Casa Buoni Fanciulli come esterno là ho conosciuto Alessi Adelfo e Luciano Zambon x menzionare 2 della nostra valle.A Costozza inoltre dentro alle grotte che la TODT aveva scavato durante la guerra c'era o c'è ancora un allevamento di funghi che mi sembra a quel tempo il proprietario era di Rotzo. Tony Badon
RispondiEliminaTi assicuro Tony che a distanza di 40 anni sono ancora speciali! Io vado alla sagra tutti gli anni e ne porto anche a casa che congelo. Sono piccoli, teneri, dolcissimi!
EliminaBene conoscere anche questa coltura tipica dei Colli Berici.
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