lunedì 13 maggio 2013

Breve immagine


 alle volte, quello che appare non è, 
altre, quello che è non appare”.




Abbiamo tutti delle domande che ogni tanto ci disturbano, domande che non sappiamo dare delle risposte, forse la stessa nostra vita è tra queste domande. Questa è una piccola storia vera, accaduta la sera di un luminoso e caldo giorno estivo di tanti anni fa, non ricordo con precisione, ma eravamo sul finire degli anni settanta. 
I paesi della valle dell’Astico erano in piena salute, la gente era tanta e il lavoro non mancava; i campi erano tutti coltivati, niente abbandonato, tutto vivo e tanta voglia di vivere. Molti giovani avevano la morosa e va da sé che in certi momenti il bisogno di appartarsi, di restare soli, di non essere visti, portava  le coppie a sfruttare quei luoghi che facevano al caso. 
I più famosi erano nella zona del fiume che va dal paese dell’aquila a due teste, fino a Pedemonte; l’accogliente fresco del fiume e l’apparente calma, offriva serenità e le effusioni amorose si potevano portare fuori dal mezzo a quattro ruote. Anche al capitello della Torra si trovava un buon posto, ma li, le immagini dei santi che stavano a guardare potevano dare fastidio e le passeggiate serali degli abitanti dei Pertile disturbavano la faccenda, per fare le cose serie, ai Sela, era il miglior posto e, seduto vicino al fiume, Cupido aveva l’arco sempre carico. 
Quella sera, verso le otto, la mia cinquecento color caffelatte rombava felice verso l ‘Astico, la morosa sorrideva e di tanto in tanto si accarezzava i suoi capelli biondi, luminosi e delicati come un campo di grano, la cassetta girava e Baglioni cantava “e adesso non ci sei che tu, soltanto tu e sempre tu che stai scoppiando dentro al cuore mio…”
Ignari del proseguo della serata, lasciammo la statale, una discesa breve verso il fiume e arrivammo in un posto magnifico, una splendida radura circondata da salici, carpini e


noccioli; davanti a noi l’Astico con il suo caratteristico gorgoglio, l’erba verde e soffice il tutto baciato dalla brezza estiva. 

Eravamo soli o almeno così ci sembrava, in macchina era un po’ caldo e si stava meglio fuori, lei si stava bagnando i piedi nel fiume e io mi guardavo attorno per capire il posto migliore per stendere la coperta. Ad un certo momento mi sentii chiamare, un debole ssss, subito non ci feci caso, anche perché la mia bella si era appena distesa sulla coperta e quindi mi sedetti al suo fianco, ma a un secondo richiamo mi girai di scatto e vidi una persona che si stava avvicinando: non credetti a quello che stavo vedendo, sembrava un’immagine di fantasia, io non avevo fino ad allora mai visto niente del genere, la morosa si alzò in piedi e disse: ”buona sera”. 
Quella breve immagine (breve perché presi dallo spavento e dalla serata rovinata misi in moto la cinquecento e cambiammo posto) era una figura femminile vestita come le donne tirolesi, veste azzurra e camicia bianca e rossa, i suoi capelli, trecce bionde in parte rigirate sopra la testa, occhi chiari e un sorriso rassicurante, un seno abbondante e aveva uno zaino di antica fattura sulle spalle, tentò di dirci qualche parola, ma non capimmo niente, forse ci parlò in un dialetto incomprensibile o forse l’emozione del momento ci rese sordi; la lasciammo lì, con le braccia alzate, forse chiedeva aiuto, chissà.


La serata era andata, troppe le domande, chi era, da dove veniva, cosa ci faceva lì, come era arrivata, dove sta andando, avrà avuto bisogno di aiuto, troppe domande senza risposte. 
La mattina seguente, una soleggiata domenica estiva, mi recai in piazza, verso le nove andai a dare il buon giorno alla morosa e prima di entrare in casa sua guardai verso la chiesa e... sorpresa... ancora la “tirolese” seduta sulla panca vicino alle scale della canonica; entrai in casa e dopo dieci minuti ritornai in piazza, non c’era più e nessuno seppe mai dove andò a finire, sembra che all'infuori di noi due, nessuno abbia mai notato la sua presenza in paese.

A distanza di molti anni le nostre domande su quella breve immagine non trovano risposte, spero di cuore che a quella donna il destino non abbia teso trappole, ma ancor di più mi auguro che in cuor suo perdoni quei due pulcini che non la aiutarono quella sera in riva all'Astico.

Piero Lorenzi

6 commenti:

  1. Il Latin Lover della Valle... ma quante ghi netu combinà???
    Certo che da quel che racconti si potrebbe pensare a qualcosa di "paranormale"...
    e a proposito: qualcuno ha mai vissuto esperienze personali da annoverare in questa sfera?
    Se sì, e volete segnalarcele, scriveteci pure alla mail.

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  2. Ti, ti Carla! meti quà qualcosa, dai!!
    Ne avrei un paio, non mie, riportate, ma qua legge chiunque! :-))))

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    1. A scanso di ogni buon equivoco... tengo a precisare:
      parlo di esperienze "cosiddette paranormali" non amatorie..!:)))

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    2. Precisa ben,si. Fra "latin lover", e "paranormale" la difarensa l'è granda!

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  3. Ad ogni nuovo scritto si scopre un Piero diverso.Lo si pensava grande amatore di guerre e di fucili e poi lo si trova al laghetto dei sela,come il grande guerriero Annibale a Capua ,"lasciarsi andare ai piu'grandi piaceri del corpo."

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  4. Io avevo avvisato che Piero era sul pericoloso!
    Comunque Piero sei bravo a scrivere, sei una continua sorpresa.
    Ai tempi di quando eri veramente "na tepa" non avrei mai pensato che a distanza di anni ti avrei trovato scrittore!

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