Io e mia moglie desideravamo, visto le previsioni meteo
di quel periodo, di andare a fare una bella camminata in montagna. Ciascuno di noi proponeva un proprio itinerario, finché siamo arrivati ad un accordo di
percorrere e salire la montagna del Becco di Filadonna, montagna che fino a quel momento vedevo in tutta la sua
maestosità dalla contrà Lucca, precisamente dalla fontana e che mi ha
sempre affascinato, perché chiude il
catino della nostra valle a nord, come un sasso messo lì apposta per
proteggerci.
Proprio di fronte al Bar del Sindec, il sentiero
incomincia con due tre scalini di sasso e subito si inoltra nel bosco, con andamento non troppo ripido, abbastanza facile.
Sapevamo che ad un certo punto avremmo
trovato un rifugio, la Casarotta, il qual era già stato bruciato una volta.
Arrivammo appunto a questo rifugio dopo un’ora di
cammino; lì eravamo ancora quasi in mezzo al bosco, composto di carpini, faggi, qualche pino e qualche larice. Osservando bene ci si accorgeva che le foglie
dei faggi e carpini, incominciavano la loro lenta trasformazione di colore, si
sentivano già rumori diversi allo scuotere delle foglie mosse dal vento.
Dentro c’era tutto l’occorrente per prepararci un buon
pasto: c’erano dei pacchi di spaghetti e dello scatolame con sughi di diverso
tipo; poi, appeso alla porta dalla parte interna, c’era un foglio di carta dentro
una busta di plastica trasparente con scritto un semplice regolamento da
rispettare per quelli che facevano uso del cibo e di quant’altro nel rifugio.
In pratica, dopo aver usufruito di quello che occorreva, veniva chiesto di mettere
in un'apposta cassetta un’offerta, in
base a quello che si aveva utilizzato.
Ripartimmo per la cima, da lì in poi il sentiero
incominciava a inerpicarsi diretto senza “zigzagare“; era un sentiero durissimo, sconnesso e le radici dei pini avevano creato nel suo tracciato degli scalini
talmente alti che in qualche occasione dovevamo salire con le
ginocchia.
Questo contribuiva a spezzare il ritmo della nostra
comminata, rendendo ancora più faticosa la salita. I colori che si incontravano
durante la salita, finché eravamo in mezzo al bosco, erano meravigliosi; regnava un silenzio assoluto ed era stupendo, ogni tanto per riprendere un po’ di fiato ci fermavamo
lì in mezzo al sentiero in piedi ad ascoltare questo silenzio che ci procurava
gioia e una tranquillità interiore così grande da darci la forza e la voglia di
continuare a salire.
Man mano che salivamo, il bosco si faceva meno fitto e
incominciavano ad apparire i mughi che strisciavano sul terreno lastricato di
rocce, per effetto dello schiacciamento della neve. Ora si presentava la
possibilità di vedere un panorama sempre più vasto e sempre più bello, si
sentivano i versi dei caprioli e degli stambecchi, i canti degli uccelli e il
gracchiare delle cornacchie, magari accompagnate da qualche vecchio corvo.
La salita era veramente faticosa e le gambe
incominciavano a sentire i muscoli dei polpacci e delle cosce tendersi e farsi
sempre più duri, sulla schiena ognuno di noi aveva il proprio zaino, dentro ci
eravamo portati un abbigliamento consono al luogo dove eravamo, poi avevamo
comperato del pane e degli affettati con un po’ di frutta e delle bottiglie di
acqua a Carbonare. Dentro lo zaino avevo
anche la macchina fotografica, indispensabile quando ci si trova in luoghi come
questi.
Ci fermammo un po’ in uno spuntone di roccia per ammirare
il panorama che da questa posizione era proprio fantastico, con l’occasione ci
rinfrescammo con un sorso d’acqua che
avevamo nello zaino. Dopo questa breve sosta riprendemmo a salire, l’aria era
ancora abbastanza fresca e il cielo era di uno smagliante blu senza neanche una
nuvola. I mughi che prima ci accompagnavano durante il percorso erano
completamente spariti, tutto era diventato ghiaioso, lastre di roccia e grossi
massi di roccia staccatisi dalle pareti. Guardando in sù capivamo di essere quasi arrivati alla cima, eravamo proprio sotto a quelle punte di roccia grigia che nei giorni precedenti vedevo dalla fontana “dei Lucca”.
In questo tratto il sentiero era veramente ripido e
faticavo non poco a salire anche se avevo portato con me un paletto di legno
come appoggio in caso di bisogno, solo che in alcuni casi mi accorsi che qualche
volta quel paletto mi creava qualche impedimento, ma comunque non lo mollai
mai, lo consideravo quasi un compagno di queste mie camminate.
Arrivammo proprio sotto gli spuntoni di roccia, eravamo
molto prossimi alla cima, ma ad un certo punto ci trovammo davanti un muro di
roccia alto circa 4 metri e il sentiero
finiva proprio lì.
Guardai mia moglie con aria un po’ stupita, come
a chiedere: “e adesso?”
Dopo esserci consultati ci accorgemmo, che su questa
parete c’erano segnati degli appigli, ed erano stati praticati dei fori
abbastanza grandi per farci entrare le punte dei piedi, cosi capimmo che per
quel breve tratto bisognava arrampicarsi.
A me venne spontanea
una domanda:
“Ma quando sarò in cima a questa parete, cosa ci sarà al
di là?”
Immaginavo, mentre salivo, che non ci fosse niente, che da
lì si vedesse tutta la Valsugana. Invece, quando la mia testa fece capolino
dall’altra parte, mi accorsi con soddisfazione che c’era una valle e che in
fondo a questa c’erano due torri e un piccolo puntino rosso proprio sotto la
torre più piccola. Era il bivacco della vigolana.
Ci sedemmo per un attimo su un ripiano di roccia
all’ombra, perché ora il sole era bruciante, vedemmo una persona arrivare alla
nostra sinistra con passo spedito. Ci salutò dopo aver fatto due chiacchiere.
Era una persona anziana che era salita dal Sindec ancora quando era buio,
perché aveva voluto vedere l’alba dal Becco di Filadonna.
Riprendemmo il cammino alla nostra sinistra come indicava
la segnaletica, ora il sentiero era diventato completamente piano, salvo
qualche saliscendi delle rocce; dopo 10 minuti di marcia ci trovammo davanti ad
una croce ai piedi della quale era seduta una persona e lì il fiato mi
abbandonò per un istante.
C’era un piccolo pianoro, e proprio in cima allo strapiombo avevano eretto una croce, la veduta era mozzafiato, mi misi di
fianco alla croce, tenendomi con la mano per sicurezza e mi sporsi per vedere
esattamente lo strapiombo. Sotto si vedeva gran parte della Valsugana, i tetti rossi delle case sembravano grappoli di
ribes rossi talmente erano diventati
piccoli, tutte le dimensioni avevano preso misure diverse, sembrava di essere
in un altro mondo.
La persona che era seduta di fianco alla croce ci disse
che il Becco di Filadonna era quel piccolo pianoro di circa 3/4 mq alla
nostra destra e al quale si poteva accedere tramite un piccolo sentiero largo circa 70 cm ricavato nella roccia e nel quale avevano messo una corda di
acciaio per sicurezza.
Rimanemmo lì in silenzio come facevamo in tutte le cime
che avevamo visitato, io contemplavo la bellezza di quelle immagini pensando
che forse non le avrei mai più riviste
se non nelle mie fotografie e nei miei ricordi.
Le torri che avevamo alle
nostre spalle dove c’era il bivacco, sembravano talmente vicine che ci venne la
voglia di andare anche lì. Poi però
abbandonammo l’idea, perché il nostro vicino ci disse che il tempo di
percorrenza era di un altro paio d'ore.
Però non volevo scendere da quella meravigliosa cima
senza aver messo i miei piedi proprio in quel piccolo spiazzo di roccia del
Becco di Filadonna, cosi mi feci coraggio e attraversai quel piccolo sentiero
di circa una trentina di metri, tenendomi alla corda di acciaio e lo raggiunsi; anche da lì la vista era meravigliosa, gli occhi mi si sgranavano, sentivo
l’aria che mi asciugava le pupille.
Ad un certo punto quasi per caso vidi un piccolo aereo che “non era un aliante” e volava molto più basso della nostra altezza, lo vedevo
bene e distinguevo la parte superiore delle sue ali, cosa che non mi era mai
successo nella mia vita vedere un aereo da sopra.
Qualche cosa però mi
incuriosì, c’era una cosa che non era nella normalità, vedevo l’aereo che
svolazzava, lì sotto, ma stranamente non sentivo il rombo del suo motore, anche
se qualche volta si vedeva che faceva delle virate e delle ascese. Questa
strana sensazione mi rimase nella mente e ancora adesso non ne conosco la ragione.
Dopo aver mangiato i nostri buonissimi panini e bevuto
l’acqua che avevamo portato, decidemmo di riprendere il sentiero per il ritorno.
Dopo essere scesi da quella parete che
prima avevamo scalato e ripreso il normale sentiero del ritorno, inciampai in
un grosso sasso e caddi rovinosamente su
uno spuntone di mugo spezzato prendendo un forte colpo sulla schiena; rimasi
per qualche attimo come paralizzato, con un fortissimo dolore alla schiena, non
riuscivo più ad alzarmi, mia moglie preoccupata mi si avvicinò e piano piano mi
aiutò ad alzarmi, dovetti fare una sosta più lunga del solito per riprendermi.
Riprendemmo dunque la discesa con più cautela per non cadere una seconda volta.
Arrivammo al rifugio Casarotta che era già pomeriggio inoltrato, facemmo una
pausa sulle panche dove ci eravamo fermati il mattino per riprendere un po’ di
forze, poi continuammo ancora la discesa, arrivando al parcheggio che erano le
17.30 circa.
Molto soddisfatti di quella camminata ci guardammo e mia
moglie mi abbracciò, penso sia stato un abbraccio per dirmi “bravo, ma sentii
che essendo sulle punte le sue gambe tremavano come fosse seduta sopra ad un
martello pneumatico, da lì capii che anche lei era proprio stanca.
Ancora oggi quando dalla fontana dei Lucca guardo quella
montagna, rivivo ogni volta questa giornata meravigliosa.
Nico Sartori
Bella avventura, Nico. Tua moglie, poveretta, l'hai massacrata doppiamente in questa "scampagnata" con caduta.
RispondiEliminaMa dopo, a casa, quando si è ripresa...! :-)))
L'aereo con ogni probabilità stava "lottando" con le correnti!
Caro Alago, te poso dire che seben che xero pi xovane e prestante la xe stà proprio dura. El sentiero nol xera miga come quelo che ga traccià la forestale i sti ultimi anni, ma ben più irto
EliminaScolta Nico, .. te ve sul Portule e te te perdi, .. sula Vigolàna e te te insàchi e te ris-ci de copàrte. Vardare la television in poltrona con la covertina sui denoci, no vero?
RispondiEliminaVarda che scherso setu,.. ti seita scrivere (ogni tanto bion anca che leche, sonò me parè fora). Pensete che mi da boceta a navo da quele parte col me poro sàntolo che el taiava bosco, alora i disèa "Nemo in Scanùcia" Dò in te la busa ghe xe ancora El Palasso, la gran malga dei Trapp. Desso ghe sarà solo sidrùni e rododendri.
mi vegno da là
RispondiEliminaCaro Nico(& Anna)
RispondiEliminaMai mi avevi detto di aver fatto il becco... io l'ho fatto dalla parte del bivacco Vigolana e poi giù per il Casarotta, sinceramente uno dei trekking più duri che abbia mai fatto, ci vediamo domani o dopodomani per un caffè ai Lucca un Abbraccio Gino
Ben dai compaesa che la prossima volta che se trovemo davanti magari a dun calice de Clos Domethia, a te conto tutte le me aventure dealta montagna.
EliminaCiao se sentemo
Ben valà cio',che te si sta bravo a farle..ma adesso ti si ancora piu' bravo a contarle!!!
RispondiEliminaTanto de capelo,ti si sta coraggioso ......
E ma ti menoncia te lo se che a son bravo a fare tante robe giusto. Sopratutto al fugassa, come quela che te ghe saggià da Pasqua
EliminaMi Sponcio, me gavaria spetà da ti:"Bravo Nico,ti te ghe fato ..el Beco di Filadona...e mi a go fato in bicicleta Scanuppia(in italian,scritto sula tabela)malga Palazzo( dei TRAPPP cio')che xe la salita piu' dura del mondo!!Saria sta una gran bala ma certe te lo gavaria credesto tanto che te se contarle ben. Mi el Beco de Filadonna a me lo go pagà do volte in quisti ultimi diese ani.Una volta con tri matti che i me ga fatto tanto correre,che me parea d'essere riva ancora prima de essere partio!!!Qualche ano fa,con dei parenti,semo partie piano, piano ,macchine fotografiche a tracolla,riposini,bibite fresche,panini ,una cosa de lusso!!!!!
RispondiEliminaGera quasi notte quando ca semo rivà a casa!!! Ma quanto che xe sta belo !!!!!!!
Sponcio no fa mai quel che te te speti ch'el fassa.
EliminaCarissimi Nico e Anne come sempre riuscite a farmi viaggiare nei posti meravigliosi dove non posso andare!!!! Sono contenta che il "nostro giorno" si sta avvicinando e vi aspetto con tanta emozione, salutoni affettuosi Floriana
RispondiEliminaE si dai Florianna, finalmente tra un po' ci ritroveremo. Non so quanti anni siano passati dall'ultima volta che ci siamo visti, ma suppongo tanti.
EliminaAnche se non ci puoi andare prova ad immaginare come possono essere questi meravigliosi posti.
Ciao e grazie
A mì me vien le vertigini solo a léserlo...
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