Per gentile concessione del nipote Giorgio, pubblichiamo di seguito uno stralcio della lettera che Antonio Toldo Polaco scrisse al figlio Rino, combattente al fronte nella prima guerra mondiale.
E' spedita da Malo, dove allora la famiglia si trovava profuga e porta la data del 7 luglio 1916.
Apprendiamo così che il profugato della famiglia dava ai militari al fronte la facoltà di ottenere più facilmente licenza di raggiungerla ed è appunto questa esortazione che il padre rivolge al figlio in ragione della sua poca salute.
Antonio Toldo Polaco morirà infatti improvvisamente alla stazione di Vicenza il 2 febbraio 1917, senza poter vedere il termine di quella guerra.
Aveva tre figli Alpini al fronte e in quell'occasione egli si recò alla stazione per incontrare un suo nipote ferito, anch'esso Alpino, che veniva in licenza di convalescenza.
Aveva tre figli Alpini al fronte e in quell'occasione egli si recò alla stazione per incontrare un suo nipote ferito, anch'esso Alpino, che veniva in licenza di convalescenza.
La cosa interessante è che il padre qui, oltre alle naturali preoccupazioni genitoriali legate ad una simile circostanza, intende anche informare il figlio dell'evoluzione del conflitto in Val d'Astico, ricorrendo ad una formulazione che sarebbe stata compiutamente intesa soltanto dal destinatario, scivolando sperabilmente fra le maglie della censura militare.
Scrive infatti Antonio, che: "il Longhi Graziano, (soggetto noto in valle per essere uno sfegatato austriacante), si trova ancora al Ponte Maso e a Verena (Campolongo, Castelletto, Mezzaselva, ecc., - intendendo sull'Altopiano) e da colà non vuole ad ogni costo ritornare a casa sua.."
Con ciò voleva significare che la presenza delle truppe austro-ungariche nelle nostre zone era massiccia e determinata. Ricordiamo che s'era da poco conclusa la cruenta Battaglia degli Altipiani combattuta fra il 15 maggio e il 26 giugno del 1916, meglio conosciuta come Strafexpedition.
Siamo quindi nel pieno di quella guerra che finirà soltanto più di due anni dopo, lasciando indelebili ferite nella terra e negli uomini.
Ringraziamo Gianni e Giorgio; se ciascuno ci mette qualcosa, riusciremo ad immedesimarci di più nel vivere dei nostri antenati, ed
RispondiEliminaapprezzeremo ancor più i loro sacrifici; aumenterà, spero, il nostro rispetto per loro e per il nostro passato.
Bravo Alago, condivido il tuo pensiero.
RispondiEliminaVedo che ci segui a notte fonda... spero solo che il nostro blog non sia l'antidoto al tavor...
Piero,...ma la casa de to pora nona Togna in Piassa, stiani, ghévela la scaléta da na parte verso la cesa? Se no sbàlio l'ultima foto parte da cuéla fin oltra al pòrtego de Camilòto....
RispondiEliminainteresantissima sta lettera, gli addetti ai lavori metteranno sicuramente gli occhiali...si c'erano la scale che portavano al piano superiore, fatte sparire con la dinamite post guerra, credo con dei tentativi giudiziari di mio nonno per rifarle e il comune non concesse mai il permesso
RispondiEliminaInteressantissima questa lettera. Si puo' leggere l'atmosfera che esisteva dalle nostre parti,
RispondiEliminadurante la prima guerra!!!!
Nella fotografia del paese semidistrutto si puo' notare, oltre le citate scale ,che saranno demolite con la dinamite(piero, serve anche per questo)si possono notare ,nel mezzo della piazza per terra, gli antichi marmi della prima,vera,chiesa del mille seicento.Le scale che partono dalla strada ,erano quelle che portavano sulla porta d'entrata della chiesa. La piazza del paese a quel tempo si trovava sotto el portego( ora bruciato) dell'"areta".