Una veglia per abbracciare la famiglia di Samuele
Una chiesa gremita
sabato sera, tanti ragazzi, tanti…
Il Gruppo giovani di
Arsiero insieme a don Paolo, hanno preparato un momento dove
esprimere condivisione a una famiglia distrutta per la perdita del
figlio. Canti, preghiere, silenzio, invocazioni, tra lacrime e
disperazione… faticoso cantare mentre un groppo ti chiude la gola e
gli occhi sono bagnati dal pianto; ma per far sentire un abbraccio a
quella famiglia, tutti hanno provato… Un cartellone verde come un
campo da calcio con le foto di Samuele, un pallone al centro, frasi
scritte per lui e tutto intorno, i nomi degli amici, dei compagni di
gioco. Solo preghiera, silenzio, vicinanza, condivisione… nei volti
delle persone una tristezza infinita e la consapevolezza che altro
non si può fare, non ci sono parole e se anche ci fossero, non
potrebbero consolare…
Un
drappo nero steso sul pavimento della navata centrale della chiesa:
una strada buia, tenebrosa, paurosa e scura, che ora è la strada, il
sentiero da percorrere. Poi un segno semplice, ma significativo: ogni
persona poteva accendere al Cero Pasquale un piccolo lumino e
depositarlo in quella strada buia. A poco a poco, quel nero percorso
è stato punteggiato da piccole luci; quelle fiammelle sono l’unico
modo che abbiamo avuto per dire a una famiglia sconvolta e disperata,
la nostra vicinanza, il pensiero e la preghiera che sono l’unica
arma che abbiamo per sconfiggere le tenebre e fare un poca di luce.
Momenti intensi e significativi per chi crede che la preghiera sia
una medicina preziosa e, se fatta con il cuore, possa portare
sollievo. Questi sono giorni difficili e tanti ne seguiranno,
affidarci a Dio che ci tiene sul palmo della sua mano specialmente in
questi momenti, che nella nostra sofferenza ci è vicino, che nel
dolore ci abbraccia, è come avere una marcia in più per affrontare
una vita diversa dai sogni sognati e ora infranti. Una vita da vivere
con un grande vuoto che mai potrà colmarsi per la mamma, il papà,
il fratellino, la nonna e per quanti hanno conosciuto e amato
Samuele.
Lucia
“Ancora una volta…”
Ancora una volta stupisci e lasci senza
parole...
Ancora una volta fai parlare di Te...
Ancora una volta passi e porti con Te
giovani vite piene di energia…
Dove passi tu, solo deserto e dolore,
solo vuoto e disperazione,
solo sgomento e lacrime,
dentro un tempo irreale…
Niente e nessuno può consolare, può
confortare
niente e nessuno…
Ancora una volta sei passata, MORTE…
Hai portato con te una giovane vita
nella sua primavera, nella giovinezza,
nei suoi anni migliori…
L’hai strappata agli affetti più
grandi,
l’hai tolta alle amicizie,
alla scuola, al gioco,
a tutto ciò che era “ VITA”…
hai cancellato in un attimo:
sogni e speranze, progetti e certezze…
Come cumuli di polvere portata dal
vento,
se ne vanno via…
Lasci dietro di te cuori spezzati,
volti distrutti, menti stupite e
incredule,
occhi pieni di lacrime…
Lasci altre vite che cercano di
colmare
un vuoto enorme..
Cercano con frenesia, frammenti di
ricordi,
piccoli pezzi che compongono,
come in un puzzle,
gli anni, i mesi, i giorni, le ore, gli
istanti
di una giovane VITA.
Prendi, rubi, sottrai…
ma ciò che non potrai mai togliere
sono le immagini e i ricordi…
Quei ricordi che, come tesori preziosi,
resteranno per sempre
racchiusi e protetti,
nel nostro cuore…
E ancora, MORTE, mi chiedo: perché?
Perché arrivi così senza farti
sentire?
Perché colpisci così duramente?
Perché?
Sono domande che non trovano risposte...
non c’è spiegazione alcuna, è la
vita che dà e toglie…
E anche se so che esisti, che ci sei
sempre,
che puoi arrivare in qualsiasi momento,
vorrei cancellarti e dimenticarti…
ma so che non si può né combatterti,
né distruggerti, né vincerti…
Anche se comunque fai parte della VITA,
resti sempre un mistero
incomprensibile,
oscuro e spaventoso…
Ancora una volta mi hai fatto scrivere,
scrivere di Te… con rabbia, con
dolore,
con disperazione, con immensa
tristezza..
Oggi, mentre un caldo sole
sembra far rinascere la vita,
come nei giorni tiepidi di primavera,
oggi hai fatto sentire in tutta me
stessa,
il grande gelo che solo TU sai
portare...
Ho ancora scritto di TE... di te,
MORTE...
che in un pomeriggio di febbraio
hai portato via SAMUELE…
E cosa dirti ancora??
Che riesci a togliere tutto, a
denudare,
a farci sentire soli e spaventati,
poveri e fragili
come viandanti sperduti?
Sì, è così che ora mi sento,
mentre mille pensieri affollano la mia
mente…
Ma voglio, devo, con tutta me stessa,
rifugiarmi in ciò che credo, in ciò
che spero...
In ciò che lascia uno spiraglio di
luce
anche nelle tenebre più scure,
nella Fede che mi sostiene, nella
preghiera in cui mi rifugio,
nella speranza di una vita nuova…
“Sensazioni leggere, fruscii,
battiti d’ali, aliti di vento,
presenze, segni…”
Sono certa che tutto questo esiste
davvero:
il nostro essere SPIRITO e abitare per
sempre vicino a chi ci ama,
nel profondo del CUORE, nell’intimo
dell’ANIMA…
Per sempre…
Lucia
16 febbraio 2019
Da quella sera, ogni notte guardo il
cielo,
in cerca di una nuova stella…
Le notti paiono più silenziose, sembra
che anche il cielo si sia fermato
che tutto ciò che gira sia immobile,
quasi senza respiro;
la luna, silenziosa, sta a guardare e
anche lei è triste...
Qui sulla terra, tra tanti dolori un
nuovo dolore,
cuori lacerati, occhi pieni di
lacrime...
Samuele è volato via in un attimo,
lasciando senza parole paesi interi…
Strappato alla vita, mentre pienamente
gustava i suoi giovani anni,
tolto agli affetti più grandi, ai
baci, agli abbracci,
agli amici, alla scuola, al gioco…
Portato via dall’amore immenso della
sua famiglia…
Guardo la volta stellata e penso…
cerco risposte che non trovo, che non
si possono trovare...
E mentre le notti lasceranno il posto
ai giorni,
mentre il sole inizierà a scaldare i
cuori,
penso ai cuori avvolti dal gelo del
dolore,
cuori chiusi dal ghiaccio della
disperazione,
cuori che sono stretti dalla morsa di
un inverno difficile da mandare via…
Pensando alle tante persone che ora
sono nella notte più scura,
non posso fare altro che recitare una
preghiera:
“Signore aiutali, non so come, ma
aiutali!”
Lucia
17 febbraio 2019
Ho cercato parole per me…
«La morte è un’esperienza che
riguarda tutte le famiglie, senza eccezione alcuna. Fa parte della
vita: eppure, quando tocca gli affetti familiari, la morte non riesce
mai ad apparirci naturale». Lo ha detto il Papa, che nella catechesi
dell’udienza generale di oggi - a partire dalla «scena molto
commovente» del Vangelo di Luca che narra di Gesù con una vedova
che ha perso l’unico figlio - ha fatto notare che «per i genitori
sopravvivere ai propri figli è qualcosa di particolarmente
straziante, che contraddice la natura elementare dei rapporti che
danno senso alla famiglia stessa».
«La perdita di un figlio o di una
figlia è come se fermasse il tempo», le parole del Papa: «Si apre
una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro». «La
morte, che si porta via il figlio piccolo o giovane – ha proseguito
- è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore
gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere». «Tante
volte – ha proseguito a braccio – vengono a Messa a Santa Marta
genitori con la foto del figlio, della figlia del ragazzo, della
ragazza e mi dicono che se ne è andato: lo sguardo è tanto
addolorato, la morte di un figlio tocca profondamente».
Quando muore un figlio, «tutta la
famiglia rimane come paralizzata, ammutolita», ha detto il Papa: «E
qualcosa di simile patisce anche il bambino che rimane solo, per la
perdita di un genitore, o di entrambi», ha proseguito spiegando che
«il vuoto dell’abbandono che si apre dentro di lui è tanto più
angosciante per il fatto che non ha neppure l’esperienza
sufficiente per dare un nome a quello che è accaduto». «Ma dov’è
papà? Dov’è mamma? Sta in cielo, ma perché non lo vedo?»,
chiedono i bambini: «Questa domanda provoca angoscia nel cuore di un
bambino che rimane solo». «Quando torna papà, quando torna
mamma?», le sue domande: «Cosa si risponde? E il bambino soffre. E
così è la morte di un figlio». «In questi casi – ha commentato
Francesco - la morte è come un buco nero che si apre nella vita
delle famiglie e a cui non sappiamo dare alcuna spiegazione. E a
volte si giunge persino a dare la colpa a Dio». «Quanta gente –
ha proseguito il Papa – si arrabbia con Dio, bestemmia: perché mi
hai tolto il figlio, o la figlia? Ma Dio non c’è, non esiste,
perché ha fatto questo? Tante volte abbiamo sentito questo. Questa
rabbia viene dal cuore per un dolore grande: la morte di un figlio,
di una figlia, di un papà, di una mamma, è un grande dolore e
questo accade continuamente nelle famiglie».
«La morte fisica ha dei ‘complici’
che sono anche peggiori di lei, e che si chiamano odio, invidia,
superbia, avarizia: insomma, il peccato del mondo che lavora per la
morte e la rende ancora più dolorosa e ingiusta». Ha spiegato il
Papa, durante l’udienza generale di oggi: «Gli affetti familiari
appaiono come le vittime predestinate e inermi di queste potenze
ausiliarie della morte, che accompagnano la storia dell’uomo».
«Pensiamo all’assurda normalità con la quale, in certi momenti e
in certi luoghi, gli eventi che aggiungono orrore alla morte sono
provocati dall’odio e dall’indifferenza di altri esseri umani»,
le parole di Francesco: «Il Signore ci liberi dall’abituarci a
questo!».
«Se ci lasciamo sostenere dalla fede,
l’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà
dei legami famigliari, una nuova apertura al dolore delle altre
famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e
rinascono nella speranza», ha detto il Papa. «Nascere e rinascere
nella speranza, questo ci dà la fede», ha proseguito a braccio,
esortando i fedeli a soffermarsi sull’ultimo versetto del Vangelo
di Luca, letto oggi: «Gesù lo restituì a sua madre». «Questa è
la nostra speranza», ha esclamato Francesco sempre fuori testo:
«Tutti i nostri cari che se ne sono andati, il Signore ce li
restituirà a noi e noi ci incontreremo insieme con loro. E questa
speranza non delude. ‘Gesù lo restituì a sua madre’: così farà
il Signore con tutti i nostri cari della nostra famiglia». «Questa
fede – ha spiegato il Pontefice - ci protegge dalla visione
nichilista della morte, come pure dalle false consolazioni del mondo,
così che la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie
di vario genere, cedendo ai riti della superstizione, antica o
moderna».
Dobbiamo piangere nel lutto. «Oggi è
necessario che i Pastori e tutti i cristiani esprimano in modo più
concreto il senso della fede nei confronti dell’esperienza
famigliare del lutto», l’esortazione del Papa: «Non si deve
negare il diritto al pianto, dobbiamo piangere nel lutto. Anche Gesù
scoppiò in pianto e fu profondamente turbato per il grave lutto di
una famiglia che amava». «Possiamo attingere dalla testimonianza
semplice e forte di tante famiglie che hanno saputo cogliere, nel
durissimo passaggio della morte, anche il sicuro passaggio del
Signore, crocifisso e risorto, con la sua irrevocabile promessa di
risurrezione dei morti», ha aggiunto Francesco: «Il lavoro
dell’amore di Dio è più forte del lavoro della morte. È di
quell’amore che dobbiamo farci complici operosi, con la nostra
fede». «E ricordiamo quel gesto di Gesù», ha concluso a braccio
il Papa citando ancora una volta il versetto del Vangelo di Luca: «E
Gesù lo restituì a sua madre». «Così farà con tutti i nostri
cari e con noi quando ci incontreremo, quando la morte sarà
definitivamente sconfitta in noi», le parole finali della catechesi:
«Gesù ci restituirà in famiglia tutti!».
Condoglianze a tutta la famiglia di Samuele.
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