sabato 2 febbraio 2019

La neve: odio e amore




Ci sono profumi, situazioni, immagini, rumori che evocano ricordi e in un attimo ci si trova a ripercorrere momenti di vita vissuta. I nostri cinque sensi ci aiutano e i cassetti della memoria lentamente si aprono…

Nevica, candidi bianchi fiocchi, danzando si posano in ogni dove, modificando ogni cosa che toccano, la mente va indietro nel tempo… e mi rivedo… 
Sono a letto con mia nonna, nel grande letto così alto che mi devo arrampicare, coperta da una trapunta pesante e da un cuscino con una fantasia floreale leggero, pieno di piume che scalda i piedi. Sono affossata come in un caldo nido, nel materasso de “péna” che è un giaciglio usuale: sotto due materassi di crine per tenere sollevato il tutto. Sul grande comò troneggia una sveglia che con il suo forte ticchettio fa sentire bene il passare del tempo; le finestre con qualche “sfesa” lasciata appositamente sui vetri perché entrasse aria “bona” e i balconi aperti perché la luce del giorno risvegli dolcemente.

La mia casa è proprio di fianco alla chiesa, i rintocchi del campanile mi giungono ovattati e mi fanno capire che fuori sta nevicando… anche il rumore del “trajòn” che passa per la strada, condotto da Patrizio da Settecà, mi porta dentro a una giornata diversa dalle solite; la notte sembra non finire mai, ma quando arriva il mattino, il paesaggio è cambiato e si sentono rumori di badili che liberano dalla neve le porte d’entrata delle case.

I ricordi mi vedono poi a “slissigare”con la slitta costruita da mio papà, sulla “Riva” o al “Borgo” con compagni di scuola e di giochi: non avendo nel guardaroba pantaloni, ritornavo a casa tutta fradicia, con la calzamaglia e il vestito pesante, inzuppato…, ma ecco la mamma che mi faceva cambiare e mi metteva vicino alla stufa, con la porta del forno aperta. Mi sembra di sentire il viso infuocato per lo sbalzo termico, i piedi con le “bugànse”, la sensazione di essermi divertita e il bisogno di riposare…

Poi a scuola, a palle di neve nel cortile, senza mezze misure: ai maschi poco interessava se eravamo femmine, arrivavano bombe che ti facevano cadere a terra o ti riempivano viso, collo e il resto di neve gelata... 
E ancora... una volta un ultimo dell’anno passato con la compagnia che frequentavo, al ristorante da Gek a Castana: dalle grandi finestre si vedeva la neve cadere copiosa e si pensava con preoccupazione al ritorno. Una volta partiti, nonostante l’attenzione, non si riusciva a tenere in strada le auto, tanta era la neve caduta! Lì, ho avuto veramente paura, siamo dovuti scendere dalle auto! Dopo ore e vari tentativi per scendere dalla galleria ad Arsiero e poi fare la discesa per portarsi in piano, siamo tornati a casa che era quasi mattina, ma quell’episodio mi è sempre rimasto impresso nella mente!

La cosa che mi ha fatto odiare la neve sono stati gli inverni in cui, per problemi di salute di uno dei miei genitori, le nevicate erano sinonimo di fatica, tribolazione, preoccupazione. Oltre che a dover spalare la neve per fare un varco dalla stalla alla strada, si doveva andare a prendere il fieno per alimentare le mucche e il fienile era distante dalla stalla. Mi vedo ancora con la mia mamma a fare una strada a forza di badilate (non con le pale che usiamo ora), a non riuscire ad andare avanti, tanto che a metà percorso per arrivare all’ex pollaio diventato fienile, ci siamo fermate e abbiamo deciso di portare a mano le balle di fieno per riempire il piccolo carretto. Abbiamo fatto tanta fatica, in mezzo alla neve camminare non è facile e con un peso poi diventa più faticoso! Da lì con il carretto, tirando come due mule, abbiamo portato il fieno fino a casa: eravamo stremate! 
Un giorno poi, mentre con il badile pulivo l’entrata della stalla, sono passati i soliti amici per andare all’Osteria al Monumento, di fronte a casa mia e uno mi saluta e mi dice: - Vuoi una mano? - 
Io rincuorata e sollevata rispondo che volentieri accetto! Il giovane mi viene incontro, mi tende la mano e mi dice: - Piacere! - E se ne va all’osteria! Sono rimasta talmente male per quel gesto, quella presa in giro, che ho odiato sempre di più la neve! Poi la vita è continuata e grazie ai miei figli e ai loro giochi, la neve è tornata a essere da me accettata, accolta, ma mai amata… 
Ho odiato la neve trasformata in ghiaccio, quando mi ha tolto un fratello, ho odiato il bosco per avermi portato via mio papà, ma poi il forte richiamo che sento dalla natura, ha reso tutto questo meno pesante, anche se sempre presente. E quando riesco a scrivere qualcosa sull’incanto che sa portare la neve, penso alle sofferenze, ai disagi, ma sono contenta di essere ancora capace, nonostante tutto, di guardarmi intorno, di scorgere il bello che mi circonda e di saper apprezzare ogni dono che ricevo.

Lucia Marangoni

3 commenti:

Avvisi funebri (FC)