All’interno della casa, il caminetto scoppietta. Le fiamme si muovono vive, instancabili, offrendo non solo calore, ma anche conforto. Mi sorprendo a riflettere su quanto la vita somigli a quelle fiamme: a volte deboli, a volte travolgenti, sempre in movimento. È il fuoco che illumina il nostro cammino, e che ci ricorda quanto possiamo essere capaci di riscaldare chi ci sta accanto.
In tutto questo, sento la presenza di Dio. Non è solo nel raggio di sole o nel calore del fuoco, ma anche nel silenzio, nel freddo stesso, nel mistero di ciò che non capisco. Mi sembra di percepirlo nel modo in cui tutto si tiene insieme, in un equilibrio che non dipende da me ma che mi include. È un invito a fidarmi, a lasciarmi portare verso quell’orizzonte lontano, dove il cielo futuro si dispiega, ricco di possibilità che non posso ancora vedere.
La finestra diventa allora una metafora della vita. Da un lato, c’è il mondo esterno, con le sue sfide e la sua imprevedibilità; dall’altro, c’è il calore interno, il luogo dove possiamo scegliere di alimentare la fiamma che ci è stata donata. È in questo spazio, tra il dentro e il fuori, tra il noto e l’ignoto, che siamo chiamati a vivere.
E mentre il tempo scorre, resto lì, con lo sguardo che si alterna tra ciò che è davanti a me e ciò che immagino oltre l’orizzonte. Non so esattamente cosa ci sarà in quel cielo futuro, ma so che posso fidarmi del raggio di sole, del fuoco che brucia e della voce silenziosa di Dio, che invita a non avere paura.
Don Salvatore Abbagnale
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