martedì 18 gennaio 2022

Magrezza mezza bellezza

[Gianni Spagnolo © 22A11]

L’adagio che recita: “altezza mezza bellezza” è senz’altro antico, dato che il concetto di alta statura è universalmente inteso in senso positivo. Nessuno, infatti, preferisce essere piccolo invece di alto, e questo in tutte le epoche. Più recente è l’assunto di “magrezza mezza bellezza”, dato che esso s’è imposto in tempi moderni, quando dell’assillo della fame s’è ormai perso il ricordo; almeno nella nostra parte di mondo, sedentaria e ipernutrita. 

Non è sempre stato così! 

A parziale consolazione dei tanti moderni sovrappeso, possiamo certamente affermare che in passato a nessuno passava neanche per l’anticamera del cervello di associare il concetto di “magro”  alla bellezza. Magri non si era mai per scelta. Alcuni lo erano di costituzione, ma la gran parte lo era  per costrizione, non disponendo di un’alimentazione sufficientemente nutriente; almeno non sempre. Solo chi poteva permettersi di mangiare a piacimento, o in modo regolare, poteva forse accumulare qualche chilo di troppo. Anche in questo caso l’esito non era tuttavia l’obesità, dato che la vita ordinaria, priva dei molti ausili del vivere moderno,  imponeva comunque un certo esercizio fisico. Di essere ciccioni potevano permetterselo solo gli esponenti della nobiltà e del clero, meno attivi o osservanti, che infatti erano oggetto di invidia sociale ed estetica. Erano pochi e visibili come le star anoressiche dei tempi moderni.

"A te pui magnarlo al Véndre Santo", diceva efficacemente mia nonna di qualcuno troppo magro. All’epoca entravo anch’io nella categoria, essendo abbastanza misso. Lo diceva con un’espressione di disappunto, valutando la cosa come disdicevole. Lei apparteneva ad una società ancora ancorata ai fondamentali, dove il vigore fisico era una sorta di assicurazione sulla vita. L’uomo forte e capace di lavorare, la donna rotonda e capace di procreare; tutto il resto erano paturnie da petenéle.  

Forme regolari o abbondanti garantivano la sopravvivenza nei, non rari, momenti di privazione. Chi aveva la pagnotta abbondante e sicura, come ad esempio i preti e le suore, era guardato con invidia. Non per niente la struttura panciuta di legno che ospitava la fogàra a scaldare il letto era chiamata  “mònega” da noi e “prete” in altre località; si vede che stiàni non avevano altri riferimenti per significare curve e rotondità prosperose. Molti detti tradizionali tipo: “omo de pansa, omo de sostansa” esaltano la rotondità come segno di benessere e ricchezza. La donna “curvy” era nei sogni dei maschietti degli anni fra le due guerre, appunto perché era una condizione difficile da ottenere e mantenere, come la magrezza ai giorni nostri.


2 commenti:

  1. La dispensa odierna di Gianni è degna,come ogni altra, di meditazione perchè ha il potere di rievocare la nostra storia radicata nelle"massime eterne della saggezza"disposte ad ogni angolo della vita.Nella mia infanzia il problema della pancia non c'era perchè impedito dal dominio della fame.Tra le prime piacevoli emozioni, al termine della seconda grande guerra,c'erano quelle di rompere in due la"ciopa de pan" per inspirare il profumo del pane bianco.Beati quelli che hanno avuto tale esperienza e la ricordano a memoria di tempi felici benchè alimentati dal"poco".

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  2. Odette FONTANA FAVRE18 gennaio 2022 alle ore 15:16

    Invece, in Giappone è la pelle bianca che importa per la bellezza e la nobiltà. Un antico proverbio dice che «la pelle bianca copre sette difetti» Sapendo che il Sette è considerato il numero della filosofia e dell’analisi, cosa ne avrebbe pensato nostro Sponcio della Valle di una pelle “photoshoppata”, secondo voi ?

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