giovedì 13 gennaio 2022

La manìa del porcino

[Gianni Spagnolo © 22A9]

I funghi sono fra i prodotti più tipici associati alla montagna, che accompagnano le varie preparazioni di cibi rustici che li accolgono magistralmente come contorno; su tutte, la polenta. I funghi, tuttavia, non hanno solo una valenza culinaria, ma sono oggetto ambito anche per la fase di raccolta, dove si assiste talvolta ad una competizione maniacale solitamente riservata alla pratica sportiva. Nessuno, credo, provi particolare godimento nel raccogliere le patate o altri ortaggi, anche selvatici; la raccolta dei  funghi, invece, alimenta schiere di appassionati che vi si dedicano con grande trasporto, specie nei confronti del re della specie: il porcino! Il porcino è quel fungo capace di catalizzare l’accanimento monomaniacale di molti fungaioli, a scapito di altre specie, magari più saporite.

Mi piacciono i funghi e li mangio volentieri. Non sono per nulla monomaniaco del porcino, preferendogli il finferlo o il misto. Anzi, ... orrore degli orrori, direi che gli preferisco addirittura il modestissimo e delicato funghetto rosso, quel lactarius deliciosus o sanguinello snobbato alla grande dai fungaioli pedemontani semi-para-professionisti. Sì, proprio cuélo chel fa pissare rosso, tanto par capirse.

A funghi ci vado anch’io; più che altro ci sono andato, ricavandoci anche qualche piccola soddisfazione; non sono però mai riuscito a capire coloro che vi si dedicano in maniera maniacale e spesso rivolta solo al porcino.  Da noi erano famose le lusernate come raccoglitrici arcigne e indefesse, capaci di bruciarti con lo sguardo se solo t’incrociavano sul far dell’alba nei boschi del Bìsele. Lo facevano però per necessità, non certo per riempire i freezer che neanche avevano, ma per poter vendere i funghi al mercato di Trento e ricavarne qualcosetta. Un lavoro stagionale e marginale come tanti altri; anche in paese c’era qualche famiglia che faceva lo stesso. Tutti, chi più e chi meno, si andava a funghi in stagione, ma non mi pare con quell’accanimento che vedo in molti conoscenti della Pedemontana, che battono le zone nostrane e foreste, addirittura spingendosi in viaggi organizzati fino alla Karelia, dove pare che i porcini si raccolgano con la falce. Anche i boschi del Trentino e dell’Alto Adige pullulano di fungaioli vicentini e veronesi alla spasmodica ricerca dell’agognato porcino. Invece i locali non sembrano affatto coinvolti in quest’ansia raccattatrice e i funghi sono entrati di prepotenza nella cucina turistica più che altro per assecondare i palati degli ospiti. I funghi, infatti, facevano certamente parte della tradizione gastronomica montanara, ma in misura più contenuta, privilegiando le specie che si prestavano ad essere consumate grigliate, invece che fritte. 

Il fungo è un contorno appetitoso, ma dallo scarso valore nutritivo e che generalmente richiede di essere fritto. Un tempo l’olio per friggere era prezioso, o non c’era proprio; in ogni caso non era conveniente usarlo per alimenti che davano poca sostanza. Anche il burro o lo strutto erano preziosi e perciò era meglio riservarli per preparazioni più nutrienti. Ecco perché i funghi, pur diffusissimi in montagna, non hanno quella rilevanza nella cucina tradizionale. Il porcino invece, ha molte caratteristiche che lo rendono adatto al consumo moderno: è facilmente riconoscibile, è bello cicciotto, si pulisce facilmente, si può sezionare a piacere, si può refrigerare o seccare e conservare a lungo, si può consumare anche crudo, ha un sapore delicato che lo rende idoneo per molti usi, ecc. Il limite dello scarso apporto nutritivo è superato da tempo, così come il condimento, che non è certo un problema procurarselo, semmai  smaltirne l’apporto calorico. 


Nessun commento:

Posta un commento

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...