mercoledì 5 gennaio 2022

Sacri snaejamìnti

[Gianni Spagnolo © 21N30]

Ci voleva il Covid, con le disposizioni riguardo ai distanziamenti, per permettere ai preti di realizzare il loro sogno di vedere la chiesa piena e qualcuno accomodato anche sui primi banchi, pur nella modalità rarefatta dalla pandemia.  Non era così un tempo, all’epoca dell’osservanza del precetto festivo, dove le graduatorie di riempimento erano rigorosamente osservate e fatte osservare. I bambini/e, le suore, i cantori, le fedelissime/i,  le veciòte/i, i precettati al 100%, quelli al 70%, e via via digradando per finire al precetto osservato al minimo sindacale di chi arrivava prima del Vangelo e scompariva alla comunione. 

Eh, sì, ciò! Perché, par rivar a ciapàr messa, pare esistesse una soglia minima di presenza, che poi ognuno interpretava a modo suo. L’importante era non arrivare dopo la Consacrazione, perché senò a no la gera mia valida. Gli scomunicati palesi, ovvero chi si sottraeva ostinatamente alla frequentazione del patrio tempio, erano pochi e noti, mentre piuttosto folta era la categoria delle cariatidi. Erano costoro i pilastri portanti della chiesa, che si disponevano a ridosso del muro in fondo e sui lati, in prossimità della porta e sostenevano la facciata per almeno un pezzo della cerimonia, per poi svicolare furtivi per andare a rifocillarsi del gravoso compito dalla Nìnele o all’Apàlto.

Allora non bastavano neanche i banchi a contenere tanta devozione e si ricorreva alle careghéte pieghevoli da chiesa, che bisognava anche pagare. Ancamassa, ciò! Quel piccolo obolo del noleggio della sedia veniva raccolto dal sacrestano e contribuiva al suo sostentamento.  Si trattava d'un particolare tipo di sedia pieghevole, che permetteva sia di sedersi che di adibirla ad inginocchiatoio, sollevandone la seduta. Il loro uso non era però privo di inconvenienti. Da un lato le fasi in piedi-seduti-inginocchiati si alternavano frequentemente durante la celebrazione, più che a una lezione di Step, per cui la gente delle careghéte, al lato dei banchi, era impegnata in un continuo cava-e-meti; dall’altro queste operazioni, stante gli attriti dei leverismi di legno verniciato, creavano snaejamìnti e sigamìnti che disturbavano il raccoglimento, destavano qualche anziano assopito e, insomma, creavano trambusto e anca cualche pissigòn. Così, l’uso dello strumento venne interpretato da ciascuno a modo suo e si assisteva a delle singolari pose, specie delle veciòte, che non erano né inginocchiate, né sedute, ma appoggiate in qualche modo al quel mobile, che non era in modalità di inginocchiatoio e neppure di sedia.

Pare che l’uso dei banchi in chiesa risalga al Seicento, dato che prima di allora la gente assisteva alle cerimonie religiose stando semplicemente in piedi o inginocchiandosi sul pavimento. In alcune chiese barocche del Tirolo hanno addirittura congegnato i banchi in maniera da stare seduti e inginocchiati allo stesso tempo e talvolta, in tempi più moderni, pure col didietro riscaldato. Infatti ciò inclina al raccoglimento e alla devozione più che la nostrana careghéta, strumosa e snaejòna.


1 commento:

  1. Bravo Gianni sempre argomenti interessanti, e il pagamento era di dieci lire e a chi faceva lo gnorri toni campanaro gli scuoteva il borsello delle elemosine sotto la faccia, pero i soldi delle sedie bisognava darglieli in mano, perchè si vede che erano una riscossione a parte.

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