domenica 16 gennaio 2022

La daldòra

[Gianni Spagnolo © 22A10]

Ruscando fra le robe vecie delle nostre case, salterà fuori senz’altro uno strano arnese simile a quello della foto. No, non è una mannaia da boia, di quelle usate per le condanne capitali; da noi non si usava tagliare le teste, erano troppo dure.

Si tratta più prosaicamente della daldòra, l’ascia usata dai carpentieri per squadrare i tronchi. La sua particolare impugnatura laterale obliqua, permetteva di avere un tagliente piatto per eseguire dei tagli diritti che sarebbero stati difficili da ottenere con una comune ascia. Il manico corto e tozzo permetteva inoltre di asportare il legno con forza precisione. Un attrezzo semplice e pratico dunque, che nelle mani giuste e allenate, riusciva a squadrare i tronchi senza necessità di passare in segheria e spesso con risultati non dissimili. Fondamentale era l’abilità nel riconoscere l’andamento delle vene del legno, così da asportarne le scaglie in maniera precisa e senza scalettare la superficie della trave. Una perizia che si acquisiva con la pratica e  l’esperienza.

Squadrare i tronchi in segheria era infatti costoso e complicato: significava portarli prima alla sega e poi sul posto dove servivano; in tempi in cui i trasporti erano a mano o a traino animale, ciò comportava strume e costi aggiuntivi per i colli grossi e pesanti. Lavorare i tronchi in sede con la daldòra era più economico, veloce e pratico. I tronchi venivano perciò squadrati lo stretto necessario, dato che l’aspetto estetico era l’ultima delle esigenze. L’asportazione del legno era effettuata al minimo indispensabile, così da non compromettere la portata delle travi. La squadratura era necessaria nella costruzione dei solai e delle pareti in legno, per consentire alle assi di posarsi e venire inchiodate su una superficie piana, mentre gli altri lati della trave potevano restare bombati secondo l’andamento del tronco. Per scartare meno legno possibile, le travi venivano posizionate contrapposte nell’intelaiatura dei solai più grandi, dove andava compensato l’andamento leggermente conico dei tronchi di abete. Ecco allora che la daldòra costituiva l’attrezzo indispensabile per i lavori di costruzione e riparazione e che poteva servire, all’occorrenza, anche ad altre molteplici necessità di taglio. Talvolta era usata anche dalle donne, che la preferivano all’ascia per la sua dimensione più pratica.


4 commenti:

  1. Odette FONTANA FAVRE16 gennaio 2022 alle ore 17:01

    http://www.linguaveneta.net/linguaveneta/wp-content/uploads/2016/09/Dizionario-da-scarsela.pdf
    Su questo documento, la traduzione di daldòra = SCURE. che sarebbe, in Francese, la HACHE. Quale la differenza con "Menara", altra parola in veneto ?

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    1. La menàra è la comune ascia da taglio degli alberi in piedi, quella con il manico lungo e la lama più o meno larga e spessa a seconda degli usi e delle essenze da tagliare.

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    2. Odette FONTANA FAVRE19 gennaio 2022 alle ore 23:20

      Merci beaucoup Gianni.

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  2. Miei cari signori e signore, non potete scrivere con "caratteri" ancora piu' piccoli??????No perché fino a questi, arrivo ancora a leggervi, sia con qualche difficoltà. Se posso darvi un consiglio, quando scrivete, abbiate un pensiero per i poveri anziani che con il passar degli anni , hanno la vista leggermente appannata....

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