LE LUCI A VENEZIA
Già dal 1128 le calli e le zone più soggette a pericoli avevano dei piccoli fanali ad olio, chiamati cesendelli, appesi ai muri; non facevano in realtà molta luce, ma certo rincuoravano i passanti.
Partendo dalle zone centrali e spandendosi poi verso la periferia della città, l’illuminazione stradale migliorò piano piano nei secoli, richiesta sempre di più dai cittadini che, pur di rendere sicure le strade, si offrivano di partecipare alle spese.
Nel 1450 si decretava di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiarare la zona, ritrovo di omosessuali; attorno al 1720 i bottegai cominciarono a tenere fuori dal loro negozio delle lanterne per ovviare alla carenza di illuminazione, quindi nacque una nuova professione: delle persone sostavano per la via e, dietro ricompensa, accompagnavano i passanti nella loro strada ovvero "còdega".
Nel 1732 si decise che tutta Venezia venisse illuminata; l’illuminazione iniziò così a coprire tutte le zone, rendendo più sicura la via e trasformando la Venezia notturna , donandole un fascino nuovo, molto coinvolgente per i viaggiatori stranieri: le lampade pubbliche, chiamate ferai, arrivarono ad essere 843. Erano in vetro, funzionavano a olio e dovevano restare accese fino all’alba; molte di queste però venivano rotte con sassi e bastoni dai "còdega", che stavano perdendo il loro lavoro.
Vennero perciò subito emanate delle severe sanzioni per chi fosse stato sorpreso a distruggerle; le stesse pene valevano anche per gli incaricati del servizio (gli inpisadori) che omettevano di accenderle o usavano poco olio: così la professione del "còdega" sparì.
Negli anni successivi vi furono altri problemi pratici, come la gestione di tutta l’illuminazione, che fu affidata con appalti a vari imprenditori e, non ultimo, l’approvvigionamento dell’olio di oliva di seconda scelta che serviva per i ferai e l’amministrazione dello stesso, che dava occasione a conseguenti truffe allo stato.
Nel 1758 gli inpisadori erano 138 e si occupavano di 1750 fanali pubblici.
Con la caduta della Repubblica e l’avvento della dominazione austriaca la situazione non cambiò molto: nel 1843 tutte le lampade pubbliche vennero trasformate e l’olio venne sostituito dal gas.
L’accensione veniva sempre effettuata a mano, fin quando la tecnologia non ne permise una automatica.
Partendo da San Marco ebbe luogo la modificazione di tutti i fanali, che furono ricostruiti in ferro e vetro.
Verso la fine dell’Ottocento cambiò anche l’illuminazione della piazza e della zona di Rialto, con la posa di una serie di lampioni metallici con la lanterna quadrata e con la base in pietra. Gli artigiani più bravi della città fecero a gara per creare lampioni e lampade in lamiera, ferro battuto e vetro.
Nel 1924 il Comune decise di uniformare l’aspetto dei fanali e di ottimizzare il loro posizionamento nella città; dopo vari studi tecnici e artistici, nel 1926 mise in opera il nuovo assetto d’illuminazione .
La corrente elettrica, già arrivata a Venezia in via sperimentale nel 1887 soltanto per i privati e in una piccola zona centrale, sostituì il gas delle lampade pubbliche nel 1927.
Da quel momento a tuttora, visitare Venezia di notte è un piacere visivo.
(da Anima Veneta-web)
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