Nei giorni bui e piovosi di gennaio, per contrastare la loro tristezza, ho postato un campo di grano del mese di maggio. E poco dopo, un grande mare verde in movimento, costellato di papaveri e fiordalisi. Poi, dopo qualche giorno, è stata la volta del grano maturo.
Mi sono resa conto allora che la diversità tra il grano giovane e quello maturo è la stessa che appartiene alle età della nostra vita.
Da giovani si è flessuosi, morbidi, le cose ti sfiorano e tu le segui come fanno le spighe con la carezza del vento, ma poi, invecchiando, quella flessibilità si perde. Il vento sfiora il grano, e gli steli, ormai secchi, compiono un movimento minimo.
Tanto era bello il verde tenero di maggio, altrettanto - e forse più bello ancora - è il colore dell’oro di un campo prossimo alla trebbiatura.
Anche per noi dovrebbe essere così, invecchiare non dovrebbe essere diverso dall’acquisire lo splendore dorato del grano.
E che cos’è questo splendore, se non l’aver attraversato la vita con consapevolezza avendo affrontato le tempeste senza essersi smarriti nei momenti di bonaccia?
Quell’oro è la calma che ti scende nel cuore quando ti rendi conto che hai superato le sfide del destino dando il massimo.
E quell’oro che rimandi nell’aria vorrebbe essere una luce gentile capace di illuminare le spighe verdi e ancora acerbe che fluttuano nel vento.
Poi certo c’è il raccolto, e al raccolto non scampa nessuno, perché la morte è l’unica realtà davvero democratica del mondo.
Ma come la spiga trebbiata si trasforma in farina - e dunque morendo sostiene altra vita - così chi ha vissuto nella dimensione dell’amore rimane come un luminoso nutrimento nella memoria di coloro che restano.
(Susanna Tamaro)
Nessun commento:
Posta un commento