domenica 2 gennaio 2022

El tacaissa

[Gianni Spagnolo © 21N26]

A te si on tacaissa!

Questo era l’epieto che solitamente discriminava il bene dal male, il torto dalla ragione. Prendersi del tacaissa significava essere inguaribilmente dalla parte del torto e colpevole unico e totale del contrasto sorto. Esisteva anche il tacabrighe, più vicino all’equivalente italiano, ma non era la stessa cosa. Il tacaissa aveva un quid in più di cattiveria e di provocazione. Tacaissa o tacaisso significava anche qualcosa di appiccicoso, di colloso, come el vistcio dei bachetùni, ma in questo caso non c’entrava niente, anche se un po’ evocava l'incapacità di staccarsi dalla mischia. Il tacaissa era il provocatore per eccellenza, colui che riusciva a tirare a siménto chiunque per il piacere di primeggiare.

Essere convolto in una contesa in cui si menavano le mani e prendersi innocentemente del tacaissa era una delle sensazioni più sconfortanti, perché la dava vinta proprio al vero tacaissa, che di solito era anche il più bravo a smarcarsi e fare la vittima nei confronti di chi s'intrometteva per dirimere la questione.

L'etimo è evidentemente formato da due parti "taca" e "issa", così come attaccabrighe; dove "issa" potrebbe derivare dal verbo "aizzare", quindi cominciare una lite. "Issàre" significava in fatti provocare. Si applicava alle bestie e ai cristiani ed era la specialità di mia sorella. Mòleghe de issàrlo, le intimava mia madre, nell'inutile tentativo di difendermi dalle sue istigazioni. Mòleghe de issàrla, diceva a me quando andavo a tenpelare i cunijìti nel gabiòn attirandomi le graffianti reazioni della conéja invelenà. Issàre le bestie, d'altronde, era la nostra specialità. Una specialità un po' vigliacchetta, va riconosciuto, perché rivolta verso animali il più delle volte legati, la cui reazione era perciò contenuta. Il massimo della vigliaccheria si manifestava nel tenpelare le bestie legate fuori dal macello de Nicola o dei Mori, che attendevano mestamente la loro fine dovendo anche subire le angherie della tepa del paese.  Che lasarùni e tacaisse ca gìrimu!

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