venerdì 5 gennaio 2018

Mitteleuropa omeopatica


Sto viaggiando nella bruma mattutina attraverso la pianura pannonica appena spruzzata da un dito di neve. Più in là sfreccia un treno sulla linea che servì l’Orient Express, mentre qualche falco si libra a mezz’aria sulla piatta distesa immersa nella caligine. Anche un paffuto gufo vola frusciando in cerca di preda; avrà l’orologio biologico alterato dalla pallida luce.
Sono nell’Ungheria più profonda, un’immensa pianura contenuta nell’ansa dei Carpazi e presidiata da radi paesini dalle tipiche casette basse a pianta quadrata e dai colori pastello. Forme e tetti che vagamente ricordano le yurte delle steppe da cui questo strano popolo provenne. Serbatoi pensili e camini sormontati dai nidi di cicogna ricordano che questo è il cuore di quella fantomatica ma evocativa entità che identifichiamo come Mitteleuropa.
Qui imperava la Corona di Santo Stefano, il diadema gemello dell’aquila bicipite asburgica, che della Mitteleuropa è stato in qualche modo l’emblema. Quell’Imperial-Regio dominio col quale anche noi abbiamo dovuto fare spesso i conti. 
Qui, insieme ai magiari padroni di casa, convivono etnie diverse stratificatesi nei secoli: ussiti boemi, tedeschi, ebrei e gitani. I nobili terrieri spostavano le risorse umane alla bisogna, come i vescovi fecero da noi. Pure gli annosi e reiterati conflitti dinastici e religiosi, nonché le ricorrenti epidemie contribuirono non poco a ridisegnare il DNA di questa vecchia Europa. Discoste dalle svettanti e austere chiese riformate, sorgono barocche e accoglienti quelle di Santa Romana Chiesa, le uniche aperte. Divise sono le scuole, gli asili e le istituzioni legate alla religione e alla lingua. Divisi in sezioni sono i cimiteri, quello magiaro, quello ceco, quello tedesco e, piccolo piccolo, quello giudeo con le tombe fagocitate dalla vegetazione. Amaro contrappasso di una comunità sradicata dall’odio.

Ecco, Mitteleuropa è anche questo, forse solo questo: identità nazionali e spirituali frammiste, compenetrate, mischiate, condannate a convivere nelle diversità che il tempo s’occuperà di amalgamare. Purché ne abbia il tempo, il Tempo, e non succeda che antichi rigurgiti si ripropongano sollecitati dai soliti o dai nuovi interessi. Le vicende della vicina ex-Yugoslavia ne sono il più recente ed eclatante monito.
Ma qui il tempo sembra aver fatto la sua parte; ormai il magiaro s’è imposto come lingua comune e mi dicono che le divisioni fra le comunità, stimolate prima e durante l’ultima guerra da imperativi interessi esterni, sono state superate. Anche la lingua della comunità d’origine tedesca s’è ormai sopita e sopravvive solo fra i più anziani e come materia scolastica, utile per lavori da emigrante nella vicina Austria o in Germania.
È appunto grazie a scampoli di questo idioma, un tempo lingua franca della Mitteleuropa, che riesco a stabilire contatti con i locali e rendermi conto della situazione. Si, perché un po’ mitteleuropeo lo sono anch’io, almeno per formazione. Ma non solo: parafrasando una efficace espressione usata dall’ing. Enrico Sartori a commento di questo Blog a proposito dei Cimbri, possiamo dire che omeopaticamente mitteleuropei lo siamo tutti in zona.
Questa è un’area un po’ depressa, di un paese che si è affacciato ad un’Europa ormai in crisi e stanca e non ha potuto beneficiare del paio di generazioni da società dei consumi che abbiamo vissuto noi. Avverto un'atmosfera meno vivace di quanto non sperimentai più di trent’anni fa quando vi giunsi per la prima volta. Allora c’era ancora la Cortina di Ferro, ma in Ungheria c’era anche musica, colore, buon cibo e gente accogliente; niente a che vedere con la cupa tristezza imperante nei paesi vicini soggetti al medesimo giogo. Oggi probabilmente è la disillusione ad avere il sopravvento. Il potere d’acquisto è fra la metà ed un terzo che da noi, per cui la gente emigra e molte vecchie case hanno esposto il cartello “Eladó” (Vendesi). Un quadro economico-sociale non molto dissimile da quello che si sta delineando anche da noi.
Ieri pomeriggio esploravo una cittadina locale nel freddo clima invernale, finché il suolo cominciava a scricchiolare sotto le scarpe per il gelo della sera incipiente. Riflettevo su queste cose, facendo confronti e paralleli che mi inducevano però una certa malinconia, complice forse la cupezza del tempo e dell’ora. Mi chiedevo cosa ne sarà del sogno europeo, dato che sembra velocemente acuirsi il divario sociale, che questi si proponeva di calmierare e per un po' c'è pure riuscito. Va certo considerato che buona parte del resto del mondo va a due velocità; direi che questa è più la regola che l’eccezione, tuttavia sembrava che l’Europa avesse trovato modo di realizzare un benessere ragionevolmente condiviso. Ora pare che questo meccanismo si sia un po' inceppato, almeno per i paesi più deboli o meno avveduti. Temo che anche la nostra Italia si collochi fra questi ultimi e all’orizzonte non s’intravedano fari, ma piani inclinati dalla paura,  dalla rassegnazione e dall’ostinata cura  del “particulare” di guicciardiniana memoria.
Mah,... vedremo! 
Sarà forse meglio fare queste riflessioni camminando o sciando nella luce dilatata e sfolgorante delle nostre montagne ricoperte di neve, così anche i pensieri e le conclusioni saranno più illuminati.

Gianni Spagnolo

8 commenti:

  1. Diario di viaggio molto interessante, come sempre, di Gianni, che suscita interrogazioni, informa, fa sognare all’esempio dell’Orient Express, treno di lusso, mitico, degli anni trenta che portava gente fortunata da Parigi, gare de l’Est, a Costantinopoli.
    Dicono che i 3100 km, e più, erano percorsi in 81 ore, attraversando paesi non tanto sicuri. Immaginiamoci le emozioni di questi viaggiatori che sentivano il brivido dell'avventura, accentuato dalle differenze culturali.
    E per questa ragione che il treno ha ispirato realizzatori di romanzi, films, e che la leggenda è sempre viva.
    Adesso, con l’UE le cose sono cambiate. Il pericolo della guerra, almeno, si è allontanato, spero.

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    1. Grazie Odette.
      Un bel reportage sull'Orient Express potrebbe farcelo l'Esimio, che forse l'avrà bazzicato ai tempi d'oro in monocolo e pochette.

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    2. Giusto, Gianni. Speriamo che, dopo i carri, carriole e altri mezzi "terre-à-terre", la Nostra Entità Suprema parli anche del tempo in qui viaggiava in carrozza per andare dalla Bady, attraversando l'Europa centrale in direzione dell'Asia, come Marco Polo.La sua esperienza con i Tadjiks sarebbe interessante.

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    3. To santola ,monocolo e pochette!
      MMS ai tempi d'oro nol ghéa mia el bontempo ca ghi valtri nati intela bombasa. El ghéa da suarse la pagnota elo, no nar in volta de lolon par le sgrebane del Kaiser.

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    4. Bion ca stae tento! Se i reverendi padri ospitanti i me cata col smartfon i me mete a pan bioto fin da Pasqua.

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    5. Adesso discutiamo di cose serie:
      Secondo voi medesimi stessi, gli antichi ebrei veterotestamentari conoscevano il ciclo dell'acqua?

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    6. A mi, te me parli del ciclo de l'aqua,Sponcy, mi che son na Fontana, nata da Apsou e Tiamat, le acque primordiali?
      Per parlare seriamente, Sponcy, dimmi il collegamento che c'è con la Mitteleuropa. C'è un rapporto con la cultura ebraica aschenazita ?

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