Dino Faccio era una persona mite, buona e solare; l'ho sempre chiamato
zio anche se non c'erano legami di sangue, ma lui aveva condiviso con
mio papà i primi anni di militare quando, con la banda accompagnavano al
fronte i soldati.
Fatti prigionieri, son stati separati, e lo zio Dino è
finito ad Auschwitz! Al ritorno è entrato a far parte del corpo
bandistico di Dossobuono (VR) e scriveva poesie nel suo dialetto, come
quelle raccolte in questo testo. Come abbia fatto, dopo tale esperienza,
a rimanere l'uomo che io ho conosciuto, mi rimane un mistero o forse un
regalo delle vie infinite della Vita. Nei primi anni '60 è venuto alla
ricerca di mio papà: non avevamo più avuto contatti reciproci.
Presentatosi nel cortile di casa, come mi raccontava mia mamma (io non
ero ancora nata), ha chiesto se Lovato Gugliemo era vivo, e lei che non
sapeva chi fosse e con il suo spirito gli ha risposto... "A meno che non
sia morto in questo momento, gli ho appena portato il caffè sù nel
Marascion: sta potando le viti." E lo zio Dino si è messo a piangere...
E poi Gugliemo e Dino non si sono più separati!
E poi Gugliemo e Dino non si sono più separati!
Irma Lovato Serena
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