Nel
nostro immaginario collettivo, credo che niente come il libro rappresenti la conoscenza,
il miglioramento di sé, l’evoluzione intellettuale, se vogliamo. Passare il
tempo sui libri è un po’ l’archetipo della persona impegnata, ancorché piuttosto
allergizzante per molti.
In
passato, per evidenti ragioni tecniche ed economiche, passava sui libri prevalentemente
quello che era ritenuto più degno di essere trasmesso, o perlomeno quello che
la cultura prevalente riteneva esserlo. Oggi scrivere e pubblicare un libro è divenuto
molto più accessibile, ma ciò non significa automaticamente che se ne giovi il nostro progresso umano.
Pensiamoci
un po’ su con queste riflessioni semiserie di Matteo Fais e Davide Brullo.
Sei italiani su dieci non leggono. Meglio! Leggere non serve a
nulla (di Matteo Fais)
Sempre la solita solfa. I giornali, durante le
festività, non sapendo come riempire le pagine, invece di approfittarne per
parlare di cose serie, ripropongono di anno in anno questioni già sentite e
articoli già scritti, mutando appena qualche virgola. Negli ultimi giorni è in voga
il canto funebre, su spartito fornito dall’Istat, per lamentarsi delle mancate letture degli italiani. Dati
alla mano – ovviamente, nessuno parla di come sia stato condotto il sondaggio
–, pare che sei italiani su dieci
non leggano. L’altro tema che ritorna, più o meno ogni trimestre,
insieme a questo, è quello secondo cui la maggior parte di noi non sarebbe in grado di comprendere un testo
di media complessità. Il Corriere fornì recentemente
anche un esempio, per chiarire cosa si intenda con questa astrusa formula di
“un testo di media complessità”. Riportò un brano da La scuola
cattolica di Albinati. Provai anch’io a leggerlo, per vedere se lo
comprendevo ma, sinceramente, forse non arrivai alla fine perché mi addormentai
prima. Insomma, gli italiani non leggono e parte la reprimenda. Istintivamente
sorrido. E quindi? Quale malsana
idea anima la nostra intellighenzia per indurla a pensare che chi legge sia un
uomo migliore, o più intelligente? Ma, poi, leggere cosa? Leggere
Balzac rende migliori? O leggere un testo di ingegneria edile? Personalmente,
ho iniziato a divorare testi dalla prima classe elementare e non ho mai smesso.
Forse preferirei addirittura farmi evirare, piuttosto che riporre i miei amati
libri. Eppure, vi confesso, non
sono un essere superiore a mia nonna che aveva giusto finito le
elementari. Lei sarebbe morta per me; io, se dovessi vedere un bambino prossimo
ad annegare, non rischierei la mia vita per la sua. Sono patologicamente
egoista e narcisista. No, decisamente, non sono un grande esempio di umanità e
solidarietà. Mi spiace. Ma, posso garantire, i poeti, gli scrittori, e i lettori che ho conosciuto non erano meglio di
me. Gente che per una pubblicazione venderebbe la madre al demonio in
persona. Al contrario, le poche
anime che abbia incontrato, dotate di uno spirito di carità (amore), erano
rozze e ignoranti. Non avevano la benché minima idea di chi fosse Kant.
Eppure, sapevano amare e voler bene, conoscevano l’abnegazione e il sacrificio
spassionato.
Ma si vorrebbe forse
asserire che chi legge sia più intelligente? Per
favore, non fatemi ridere! Sul
piano adattivo, quelli come me, che hanno passato la vita a leggere,
sono degli inetti totali.
Se, per ipotesi, dovessero abbandonarmi solo in una foresta, per qualche
giorno, credo che morirei prima ancora di poter dire “amen”. Non sarei in grado
di farmi un archetto e delle frecce per dare la caccia agli animali, così da
procurarmi il nutrimento. Tanto meno saprei dare forma a una canna da pesca, o
distinguere tra i funghi commestibili e quelli velenosi. Ma, anche senza
arrivare a scenari tanto estremi, rimanendo nell’ambito della civiltà, non so tirare su un muro, fare il cemento,
costruire un impianto elettrico. In un universo distopico, oggi tanto di
moda tra i romanzieri, diciamo una condizione alla Sulla strada di
Cormac McCarthy, i predoni mi mangerebbero nel giro di due giorni. Anche
perché, detto inter nos, anche se fossi armato, sono persuaso che non avrei
grandi possibilità di sopravvivenza: non ho mai sparato in vita mia, se non con
una pistola ad acqua, e non so tenere in mano un fucile. Credo che, dovendolo
usare, finirei a terra per via della forza di rinculo dell’arma, oppure
riuscirei a colpirmi un piede.
Ma restiamo alla nostra
realtà quotidiana. Sì, ho letto molti romanzi, saggi, testi filosofici e via
dicendo, ma ignoro del tutto la
giurisprudenza, la fisica, la matematica, l’ingegneria. Non ho idea di
come si costruisca un ponte. A stento comprendo quali siano i meccanismi che
muovono l’autobus che prendo e non so niente in merito ai motori delle auto.
Non riuscirei neppure a costruire un carro da far trainare ai buoi. E, le poche
volte che ho sottoscritto un atto notarile, o firmato un contratto, a dire la
verità “mi sono fidato”, perché le questioni più specifiche mi sfuggivano del
tutto.
Quando cercano di farvi
sentire ignobili perché non leggete, in poche parole, spesso e volentieri,
vorrebbero solo arrampicarsi sulle vostre spalle, probabilmente perché sono più
robuste delle loro. Il mondo dei
letterati è un sistema che si autoalimenta e si autoincensa nel modo più
ridicolo. Torme di topi da biblioteca si beano di citare a memoria poeti
e titoli di romanzi ma, tirati via dal tavolino, la loro assenza di vigore e
qualità è quasi grottesca. No, leggere
romanzi non farà necessariamente di voi delle persone migliori, più
intelligenti (almeno in senso pratico), o con maggiori capacità critiche verso il
mondo che vi circonda. Provate a chiedere a un laureato in Lettere quale
sia la sua idea per risanare l’economia italiana e vedrete che il massimo che
riuscirà a tirare fuori sarà una versione in prosa dei versi di Imagine di
John Lennon, qualcosa tipo: “Immagina che non esista un paradiso e nessun
inferno sotto i nostri piedi, ma solo un unico cielo sopra di noi. Immagina non
esistano più le nazioni e che tutti vivano in pace”. Insomma, cretinate da
canzonetta per sognatori decerebrati. E non dimenticate che, di massima, chi ha studiato e letto è solo uno che ha
avuto minori occasioni di confrontarsi con la vita vera, mentre è stato
sottoposto per un lasso di tempo maggiore alla propaganda di regime, che
è poi quella che sta alla base di scuole e università.
E in ultimo, cosa legge chi
legge? Avete dato un’occhiata ai
testi più venduti? Siete ancora certi che leggere sia per forza un bene? Solo
per pietà, infine, non sollevo l’annosa questione del perché le donne, anche
quelle colte, preferiscano l’idraulico all’intellettuale, almeno quando si va
al sodo. Felice anno nuovo, care anime nobili.
Chi non
legge è disumano. Tanto vale parlare con la nebbia (di Davide Brullo)
Abito a Riccione. Un posto
che sta tra la nebbia e l’idiozia, tra il mare immoto e l’immotivata ignoranza
dei riccionesi. Perché uno come me, addestrato a vivere in un borgo islandese,
in una placca di ghiaccio australe con tonnellate di sirene discinte, sia
capitato a Riccione, terra di beoni, beoti, beati nella loro tronfia
cretineria, è un enigma agostiniano, ci vorrebbe uno Spinoza a risolverla, a
randellate etiche. Ad ogni modo,
io divido il mondo tra chi ha letto almeno Le memorie del
sottosuolo e chi crede che Dostoevskij sia una marca di rum. A
Riccione, lo capite da voi, vivo come un mentecatto, un mendicante, parlo con
nessuno, la nebbia risuona le mie più livide riflessioni. Leggere non rende
migliori né superiori né supereroi.
Semplicemente, leggere
rende umani. Chi non legge è
disumano: a questo punto, meglio passare la vita a osservare i gabbiani e le
evoluzioni predatorie dei cani, sono più interessanti. I medici mi
intrigano quel paio di secondi se trasudano cinismo – tutti muoiono, beati i
vivi, la carne si corrompe, fa schifo – gli avvocati se essudano ambizione, gli
ingegneri se sono sorretti da orgoglio a bilioni. Al di là di questo, si
fottano tutti, non hanno nulla da dirmi, passo oltre. L’uomo non è interessante: mangia, caga,
scopa (se gli tira). Non ha l’eleganza di un ghepardo, non ha la ferocia di una
tigre, non ha il tremore di un cervo. L’unica cosa interessante che produce
l’uomo è letteratura. Cioè: passare il tempo a fare una Amazzonia
delle proprie interiora, a costruire castelli in aria, a spaccare in quattro il
misero legno del proprio pensiero. Per questo, io non parlo con chi non
legge. Chi non legge,
semplicemente, non sa parlare, è un cretino su due arti, che fa bla-bla per
guadagnare due soldi, che spende in ville-auto-escort, per poi passare a
miglior dimora, nel marmo assertivo di una tomba, evviva, era ora. Con
la gente, per strada, io voglio parlare di Eraclito e di Orazio, di Petrarca e
di Leopardi, di Montaigne e di Tolstoj. Tutto il resto è niente, la
nientitudine che annienta l’uomo. Tutto il resto – dall’acqua calda in casa
all’ascensore, dall’automobile ai vaccini – non è progresso, è inquietudine e
inquinamento. Per me l’unica cosa che conta, che resta, è la letteratura. Un sano espediente per sedersi, non fare un
cazzo, non fare cazzate, e pensare, aggrovigliarsi nel linguaggio, far
risuonare il proprio vuoto e gettar dentro, in questa piramidale vertigine, i
propri occhi, e assaporare lo schianto delle pupille – splash, splash – e
far fiorire verbi sul sole – che è sempre lo stesso da millenni – e nominare le
stelle – le solite, le senza senso – e dotare di epiteti gli umani – i
consueti, i già visti e stranoti. Non esiste altro, credete, chi non ha
letto Le memorie del sottosuolo non è che non sia degno di
vivere, non vive, ecco. Respira. Come le mosche. Respira. Attaccato al
respiratore della propria vita indegna. L’unica attività pienamente umana,
degna d’atto, è la lettura. Chi legge non è più intelligente, non diventa
superdotato, probabilmente si fa più stronzo e sofferto – chi legge è un uomo.
Tutti gli altri sono zombie. E io resto a trastullarmi con la nebbia.
Leggere!fondare biblioteche è come costruire granai pubblici,ammassare riserve contro l'inverno dello spirito che da molti indizi,mio malgrado,vedo venire. Meravigliosa citazione.Donatella
RispondiElimina
RispondiEliminaLa grande biblioteca di Baghdad fu distrutta dalle truppe mongole in 1258. 20.000 libri di 400 autori furono bruciati dai nazisti, il 10 mai 1933, a Berlino ed altre città della Germania. L’Isis, in 2015, ha bruciato più di 2000 libri a Mossul.
Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini, ha detto Heinrich Heine uno dei più grandi scrittori del 19esimo secolo, in Germania).
« Chi legge è un uomo » com’è detto qui sopra. Si puo dire anche « chi legge è un uomo libero ».
Odette, sono pienamente d'accordo con te. Ma permettemi anche di dire, che leggere alcuni giornali e i commenti di pseudo-giornalisti ,hanno l'effetto dì una massiccia purga. Io da anni ho quasi abbandonato la tv a favore di un buon libro.
RispondiElimina@anonymous 13.13 : Come dici, i Media hanno perso la loro credibilità. La gente non sa più dov'è la verità. Lo vedi dalle diverse teorie di complotto che esistono, e nelle quali non voglio entrare.
EliminaI Media rimangono, però, un mezzo di comunicazione. Forse, per farsi un idea personale non troppo sbagliata, bisogna diversificare le informazioni, e tenere sempre lo spirito aperto.
Questi stupidi Fais e Brullo mi hanno fatto perdere solo tempo.
EliminaC'è chi legge e non scrive, c'è chi scrive e non legge (e non è letto), c'è chi legge e scrive, c'è chi non legge e non scrive.
Vogliamo mettere un'etichetta fra queste 4 su ogni persona? Catalogarle?
Poi aggiungere l'etichetta: bravo, meno bravo, ingnorante, stupido?
E pensare, riflettere?
La conoscenza non è nei libri, quella è informazione.
La conoscenza, il sapere richiede un processo più complesso che la lettura, quella è dentro di noi!
Ma però ti hanno fatto riflettere. Perquindi, per la proprietà transitiva, ne va che riflettere è una perdita di tempo e, se la conoscenza è dentro di noi, pure la lettura lo è. Cionondimeno per etichettare devi leggere e riflettere, perquindi devi pur introitare un quid di stupidità potenziale e di ignoranza sesquipedale insita nei tomi, le quali ti potrebbero pure inconsciamente influenzare nel giudizio.
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