mercoledì 4 febbraio 2015

Nella miniera di Monongah Stati Uniti

L' ORRORE: morti più di 171 minatori Italiani


L'America nell'ultimo periodo del XIX secolo ed inizio del XX ° era la meta più agognata dagli emigranti italiani: ”l'eldorado”. Arrivavano stipati come sardine sopra delle vecchie navi fatiscenti a Long Island e da qui, dopo una visita sommaria, lasciati liberi di cercarsi lavoro. Non era difficile trovarlo nelle miniere di carbone che abbondavano nello stato della Virginia. I padroni accoglievano volentieri questi poveri Italiani, la maggiore parte senza mestiere, pieni di fame e disposti a fare qualsiasi lavoro per poter sopravvivere. Non era per bontà patronale, ma perchè i patroni vi erano costretti. I Neri, appena acquisita la libertà, concessa loro dai bianchi, abbandonarono le miniere e i lavori sporchi ed i padroni gli sostituirono con gli emigranti italiani che erano considerati ”meno” dei negri. I più fortunati vivevano con la famiglia, in misere baracche di legno, vicino alla miniera.
Monongah era uno dei tantissimi villaggi del nord west della Virginia. Possedeva una delle miniere che produceva il miglior carbone e ardesia del paese; dotata delle ultime tecniche per l'estrazione. Miniera considerata modello, perchè fornita di macchinari che tagliavano il carbone e di locomotive che lo trasportavano e dove le aree interne erano dotate di grandi ventilatori che soffiavano aria pulita nelle gallerie.
Erano le dieci e trenta del mattino del 6 dicembre del 1907 quando, proprio in questa miniera di carbone, della Fraimont Coal Company, si udì un terribile boato. Dentro e fuori delle gallerie N° 8 e N° 6 si scatenò l'inferno. Esplosioni di una violenza inaudita provocarono un vero e proprio terremoto che scosse la terra fino a trenta chilometri di distanza.
Un misto di polvere di carbone e gas metano incendiandosi accidentalmente trasformò i due tunnel in un'immensa camera ardente. Bilancio ufficiale 361 vittime tra uomini e ragazzi, dei quali certamente più di 171 Italiani.
I grandi giornali dell'epoca affermarono che si trattava della più grande tragedia mineraria della storia degli Stati Uniti. E dell'Italia.
La principale entrata della miniera era situata su una piccola collina, da dove partiva la galleria N° 8, sulla sponda occidentale del fiume West Fork. Era collegata con la galleria N° 6, alla sponda opposta, per mezzo di un tunnel sotterraneo, di circa tre chilometri, a 10 metri sotto il livello del fiume e con un ponte metallico in superficie.
Testimoni oculari riferirono che la vampata uscita dal sottosuolo dall'ingresso principale raggiunse i trenta metri d'altezza. L'intera collina su cui si apriva fu violentemente scossa e dal West Fork salì una gigantesca ondata che raggiunse la linea ferroviaria che scorreva ai lati del fiume.
Nei pressi della galleria N° 8 tutti gli edifici furono distrutti, e i tre accessi completamente ostruiti dai detriti. L'enorme aereatore situato vicino all'ingresso della miniera, fu strappato e scaraventato sulla sponda opposta del fiume. Un frammento del tetto in cemento del locale motori, di oltre cinquanta chili, finì ad oltre 150 metri di distanza. Al posto del locale di areazione rimase solo un cumulo di mattoni e metallo.
Un'ampia e spessa nube di fumo acre e polvere, fuoriuscì dalla voragine che si era prodotta all'entrata della miniera, che coprì con una spessa coltre le acque del fiume e i dintorni.
I primi ad accorrere furono i parenti, che abitavano vicino e i minatori della sciolta precedente, appena usciti. Essi si resero subito conto, che ci avrebbero voluto parecchie ore di lavoro per sgomberare l'entrata della galleria N° 8. Composte di trenta elementi ciascuna, furono create due squadre di soccorritori, poichè all'interno della miniera, a causa del forte calore e delle polveri e per mancanza di maschere adeguate, non si poteva resistere più di un quarto d'ora. Tre di questi per queste pessime condizioni, ci lasciarono la vita.
Alle nove di sera, i soccorritori erano riusciti ad avanzare solo duecento metri all'interno. Nel tardo pomeriggio parecchi cadaveri furono trovati. Corpi irriconoscibili, carbonizzati ed orribilmente straziati. Solo al mattino dopo fu possibile portarli alla superficie.
Dalla vicina Shinnton fu portato un ventilatore per cercar d'immettere aria fresca all'interno della galleria, nella speranza di eventuali superstiti.
Nello stesso tempo, a tre chilometri dell'ingresso principale, si cercava di aprire un tunnel di areazione, per l' impossibilità di accedere dall'entrata N° 6. A cento metri dall'ingresso, 600 carrelli che servivano al trasporto del minerale, contorti e sventrati ne ostruivano il passaggio.
In meno di un'ora alcuni funzionari della Compagnia, avvertiti del disastro, giunsero da Fairmont per dirigere i soccorsi. Così pure giornalisti e medici. Ma questi ultimi ebbero ben poco lavoro, perchè non ci fu nessun sopravvissuto!!! Moltissimi minatori rimasti sepolti in quella miniera erano calabresi e furono riconosciuti. I corpi di circa 135 persone non identificati furono sepolti su una collina senza un nome e senza una croce!
Furono così tante le vittime che le bare dovettero essere allineate lungo le strade del villaggio. Molti minatori non poterono essere riconosciuti dai propri famigliari. I corpi erano talmente straziati che nacquero discussioni sulla identità dei cadaveri. Più di una volta la stessa salma fu reclamata da due differenti famiglie. Per lunghi giorni, mamme, sorelle, mogli dimorarono, invano, all'uscita della galleria ad attendere i loro famigliari. Chi piangeva... chi pregava... e chi cantava, istericamente, dalla disperazione.
Si racconta che una donna che aveva perso il marito e due figli i cui corpi non furono mai ritrovati, presa da follia, si recasse tutti i giorni percorrendo più di due chilometri, presso l'ingresso della galleria, per raccogliere un sacco di carbone che gettava nel giardino, tanto che ne costruì una collina che coprì la baracca. Diceva che lo faceva per togliere un po' di peso dai corpi dei suoi cari rimasti laggiù.
Lavoravano grandi e bambini. Ogni minatore, regolarmente assunto e che portava il bottone di ottone, con il numero di matricola appuntato sul petto, portava con sè almeno due aiutanti, spesso i propri figli adolescenti!
La discesa nella galleria di costoro non era iscritta in nessuna giornaliera.
Quante furono dunque in realtà le vittime di questa immane tragedia?
Leo L. Malone affermava alla stampa, che quella mattina nell'impianto erano stati registrati 478 minatori ed in più 100 lavoratori non soggetti a registrazione. Il reverendo Everett Francis Briggs, memoria storica, parla di più di 500 operai scomparsi. In un quotidiano di Washington un corrispondente, in data 9 marzo 1908, tre mesi dopo la sciagura, scrive 956 morti!
Fu calcolato che morì un terzo dei tremila abitanti di Monongath. Rimasero 250 vedove e più di 1000 orfani.
A chi venne attribuita la colpa di questa immane, orribile sciagura?
Come in tutti gli altri disastri minerari non ci fu nessun responsabile.
Così almeno decise la Commissione d'inchiesta allestita dal Governo.
I Padroni della Compagnia proprietaria riuscirono perfino a risuscitare tre minatori che, testimoni oculari, affermarono che la causa dell'incendio era dovuta ad un ragazzino a cui era sfuggito un carrello che avrebbe sezionato un cavo elettrico, provocando la deflagrazione.
Anche se tutti pensarono che l'incendio fu provocato dall'enorme quantità di gas (il famoso grisou) accumulatosi nelle gallerie durante i due giorni di festa San Nicolas - Santa Barbara precedenti, in cui i Padroni per risparmiare energia, avevano spento gli areatori che immettevano aria pura nelle gallerie.
Da più di duemila giornali nel mondo fu promossa una raccolta fondi da versare alle vedove ed agli orfani. Furono raccolti centocinquantamila dollari.
NON RISULTA che il governo italiano abbia versato un centesimo per i parenti delle vittime italiane! IGNORATI! 
Si ricordò della sciagura soltanto cent'anni dopo!
Lino Bonifaci


6 commenti:

  1. Povera gente ! Mai sentito parlare di questa tragedia, più mortale ancora di quella di Marcinelle in Belgio ! Le vittime furono ignorate dall'Italia dice la storia. Soltanto cento anni dopo furono onorate dallo Stato. Come si può ignorare ?

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    1. Ho visitato la miniera di Marcinelle nel 2011, sono rimasto sconvolto.

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  2. Interessante reportage Lino, neanch'io conoscevo queste vicende. Fatto bene a ricordarcele.

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  3. Grazie signor Lino per tutto quello che c'informa e che noi più giovani non sappiamo niente, anche se è tutto passato non è giusto dimenticare queste disgrazie. Mi piace leggere le storie che lei scrive sopratutto di san Piero e è bello che il blog faccia sapere. Con internet tutto è meraviglioso.

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  4. Ciao Lino,molto toccante il racconto,non conoscevo questa tragedia sul lavoro e un pensiero mi viene alla mente: come a Marcinelle la maggor parte di questi uomini costretti ad emigrare erano italiani onesti che non hanno fatto in tempo a diventare ricchi nonostante il sogno Americano- Oggi siamo a un passo dal ripetere l'esperienza dell'emigrazione ed io sono convinta che nulla è cambiato e ci saranno ancora persone oneste che moriranno di lavoro e persone "arrivate" (vedi speculatori finanziari) che all'estero e in Italia si arricchiranno sulla pelle della povera gente derubandoli dei loro risparmi. Floriana

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  5. Altre sventure sono avvenute, anche in Italia ,nascoste ed ignorate. Non erano celebri vignettisti
    nè celebri attori.....Le scopriremo assieme.

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