lunedì 2 giugno 2014

Origine della dinastia BONIFACI - BAISE




Nelle loro “Memorie sulle Origini dei BONIFACI”, tre discendenti, da paesi diversi, CONCORDANO nell'affermare che per tradizione orale, trasmessa da padre in figlio, i BONIFACI traggono origini da una delle tante famiglie pisane, che verso l'anno mille, si trasferirono a BONIFACIO in Corsica del sud.
Questi storici sono: Stefano Bonifaci fu Basilio, un mio zio, detto: parco (parocco) per la sua eloquenza, sapienza e memoria, Paul Bonifaci, figlio di Pietro, emigrato nel 1900 negli Stati Uniti.

Nel 1990 padre, figlio e nipote, in viaggio d'affari in Europa, si recano nel Sud della Francia, abitata da parecchi Bonifaci e dove esiste il fiume “Baise” in cerca di notizie. Si recano pure a Bonifacio in Corsica, nelle Marche, a San Bonifacio (Verona) ed infine arrivano a San Pietro in Val d'Astico, dove trovano una moltitudine di zii, prozii, nipoti e cugini.
Il terzo, un trentino, Pietro Bonifazi che nell'estate del 1982 si presentò da Nardo Baise e, genealogia alla mano, dimostrò d'essere un discendente di quel fratello che ai Baise... quella volta... ci fu un fatto di sangue...
Si pensa dunque che il nome BONIFACI derivi da BONIFACIO, piccolo porto del sud della Corsica, abitato nell'antichità da mercanti finnici e greci ed in seguito da soldati romani. Cadde per lunghi secoli nelle mani dei famosi pirati “corsari”, i quali, per non farsi reperire, scavarono le loro case e magazzini nelle pareti di calcare bianco che circondano l'insenatura e a picco sul mare.
Alla fine del nono secolo, Pisa, potente repubblica marinara, per difendersi dalle incursioni saracene e liberarsi dei corsari, conquista il porto e rifonda il paese chiamandolo BONIFACIO nome del duca di Toscana.
La colonizzazione durò parecchi secoli, lasciando ancor oggi tracce indelebili come la Cattedrale di Santa Maria Maggiore e la Città La Rocca, costruita sulle scogliere, con la Scala degli Aragonesi scavata sulla roccia.
In questa cittadina turistica si parla il “Bonifacin” un dialetto di origine toscano.
Nel 1420 la città ed il porto di Bonifacio resistettero agli assalti del Re spagnolo d'Aragona, ma nulla poterono contro i genovesi che, mentre gli abitanti festeggiavano un matrimonio facendo grande onore alla dea Venere e con grandi libagioni al dio BACCO, si impadronirono della città e ne espelsero tutti gli abitanti di origine toscana. Ed i Bonifaci furono cacciati via e ritornarono forestieri nell'antica patria.
Il nostro Capostipite lo troviamo ad Orvieto, allora residenza papale, come ufficiale dell'esercito. Si trova scritto infatti nella biblioteca della città, in una pagina di cronaca nera, che un certo Pietro Bonifacj,detto il corso, fu sfidato in duello da un suo superiore, a cui aveva insidiato la moglie. 
Fine spadaccino, ebbe facile gioco, solamente che il gioco si trasformò in tragedia. Per salvarsi la vita, l'unica via di scampo era la fuga in quel di Venezia. I Lagunari per fare un dispetto al papato, loro acerrimo nemico, lo salvarono, inviandolo al nord, agli estremi confini della repubblica e della civiltà: ai TORRIONI di Pedescala.
Questo luogo si trova all'imbocco della Val d'Astico nella sua parte più stretta, ottocento metri sotto il torrente Assa. Lo scopo principale della costruzione di queste due Torri, innalzate dai Vescovi di Padova verso l'anno mille, distrutte da quelli di Vicenza nel milleduecento, ricostruite nel milletrecento dai nuovi padroni i Visconti da Milano, era impedire le incursioni delle barbare soldatesche imperiali verso la pianura, e nello stesso tempo vigilare sulla “Via della Germania,” come era chiamata allora la strada che, partendo da dette Torri, conduceva al Covolo di Pisciavacca, al Dazio di Lavarone e per L'Ancino verso Trento.
Questa strada, allargata dal comune di Vicenza nel 1264, aveva assunto una grande importanza dopo che Bonifacio VIII, aveva proclamato il primo “GIUBILEO” della storia nell'Anno Santo 1300. 
Per i popoli del nord questa era la strada più corta per recarsi a Roma onde acquistare l'Indulgenza Plenaria e la Remissione di tutti i peccati. 
Il passaggio per la valle di queste orde barbariche di pellegrini teutonici era però insopportabile per la poca popolazione locale, che si vedeva saccheggiare le già magre raccolte da questi passanti famelici.
Rientrando da una perlustrazione nel territorio, il nostro cavaliere passa per il piccolo borgo di San Pietro. 
Questa piccola agglomerazione di casupole, con qualche centinaio di persone, era stata dichiarata “VILLA” cioè PAESE con il nome di SAN PIETRO qualche anno prima, nel 1393, con la soppressione del vecchio hospizio. 
Gli abitanti, passati da “servi della gleba” a “liberi cittadini “ usufruirono subito delle leggi della “Federazione dei sette Comuni”. 
Queste leggi dicevano: ”Il territorio dei sette comuni-sette fratelli-non è “Proprietà Privata”, ma nemmeno “Demaniale”..., ma “Proprietà Collettiva”, ossia degli “antichi abitatori terrieri” che ne usufruiranno degli “USI CIVICI”.
Questo lembo di terra che aveva come limiti: L'Astego, la Val de Rigoloso, i Aldare, la Torra e i Soji de mezogiorno, pur essendo situato nel territorio del Comune di Rotzo, era governato dal Comune di Vicenza. Non avendo avuto fino ad allora nessun contatto con i cimbri della montagna ed essendo i suoi residenti iriundi ”dalle basse “, parlavano il veneto.
Avendo sete, il nostro cavaliere si fermò ai Checa, nella strada delle Fontanelle, dove si trovava una sorgente. 
Stava desalterandosi, quando gli apparve dinnanzi una bellissima fanciulla bionda. Lucia si chiamava ed era l'ultima superstite della famiglia dei “Janesio”. Si innamorò, ed abbandonate le armi si sposò... ed ebbe figli e figlie, nipoti e pronipoti...
Lino Bonifaci


a seguire: I Bonifaci ai Checa e ai Baise.

8 commenti:

  1. Lino, bel lavoro dei Bonifaci ! Hai visto che, anche, il Don è rimasto bouche bée : no comment !

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  2. Interessante spiegazione, dal mare alla montagna ma non sconosciuta perchè le montagne della Corsica mi sembra siano abbastanza impervie come alcuni luoghi della Valdastico, Floriana

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    1. La Castagniccia, al sud di Bastia, somiglia alla valle di Posina. Abbiamo trovato una contrà, in questo posto, che si chiama Fontana. Ci siamo andati tante volte, in ottobre (castagne).

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  3. Don, ma tempo fa non ti divertivi a sponciare Lino, adesso basta?

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    1. Ssavutu belo, a xe elo chel xe scapà via col balòn. Epò, tento, mi co le questiòn dei baise a no me m’intrigo, ma sta storieta chìve la me par proprio tacà su col spuo ad usum nepoti. Vutuvédare che fior de dinastie fa i Asburgo, i Borbone, i Savoia, etc. no le riva indrio sicure gnanca de otosento ani con tuti i so pedigrì scriti chei ga, intrà conti, duchi, papi, re , imperatori e sambéi vari e i baise chei ga péna sto spadacìn da femene i ghe riva a mile ani solo par tramandi a voxe de pare in fiolo. Dei, nemo, no la sta impìe gnanca se te la instròpi. Varatì, a garìa ito chei fusse rivà in vale in gropa al nefo de Capi.

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    2. Caro don mi sembri un po' caustico con Lino, dovresti avere maggiore rispetto, anche perché non è da tutti gli anteguerra avere ancora questo spirito. Guarda che mi sono già ripreso dalla overdose di caseina, adesso potrei darti del filo da torcere. State all'aughen.

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  4. Desso che Lino l'è un po corso-francese, el ga riguardo !

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