Nelle loro “Memorie sulle Origini dei BONIFACI”, tre discendenti, da paesi diversi, CONCORDANO nell'affermare che per tradizione orale, trasmessa da padre in figlio, i BONIFACI traggono origini da una delle tante famiglie pisane, che verso l'anno mille, si trasferirono a BONIFACIO in Corsica del sud.
Nel 1990 padre, figlio e nipote, in viaggio d'affari in Europa, si recano nel Sud della Francia, abitata da parecchi Bonifaci e dove esiste il fiume “Baise” in cerca di notizie. Si recano pure a Bonifacio in Corsica, nelle Marche, a San Bonifacio (Verona) ed infine arrivano a San Pietro in Val d'Astico, dove trovano una moltitudine di zii, prozii, nipoti e cugini.
Si
pensa dunque che il nome BONIFACI derivi da BONIFACIO, piccolo porto
del sud della Corsica, abitato nell'antichità da mercanti finnici e
greci ed
in seguito da soldati romani. Cadde per lunghi secoli nelle mani dei famosi
pirati “corsari”, i quali, per non farsi reperire, scavarono le
loro case e magazzini nelle pareti di calcare bianco che
circondano l'insenatura e a picco sul mare.
Alla
fine del nono secolo, Pisa, potente repubblica marinara, per difendersi
dalle incursioni saracene e liberarsi dei corsari, conquista il porto
e rifonda il paese chiamandolo
BONIFACIO nome del duca di Toscana.
La
colonizzazione durò parecchi secoli, lasciando ancor oggi tracce
indelebili come la Cattedrale di Santa Maria Maggiore e la Città La Rocca, costruita sulle scogliere, con la Scala degli
Aragonesi scavata sulla roccia.
In
questa cittadina turistica si parla il “Bonifacin” un dialetto
di origine toscano.
Nel
1420 la città ed il porto di Bonifacio resistettero agli assalti del Re spagnolo d'Aragona, ma nulla poterono contro i genovesi che, mentre gli abitanti festeggiavano un matrimonio facendo grande
onore alla dea Venere e con grandi libagioni al dio BACCO, si
impadronirono della città e ne espelsero tutti gli abitanti di
origine toscana. Ed i Bonifaci furono cacciati via e ritornarono forestieri nell'antica patria.
Il
nostro Capostipite lo troviamo ad Orvieto, allora residenza papale,
come ufficiale dell'esercito. Si trova scritto infatti nella
biblioteca della città, in una pagina di cronaca nera, che un certo
Pietro Bonifacj,detto il corso, fu sfidato in duello da un suo
superiore, a cui aveva insidiato la moglie.
Fine spadaccino, ebbe
facile gioco, solamente che il gioco si trasformò in tragedia. Per
salvarsi la vita, l'unica via di scampo era la fuga in quel di
Venezia. I Lagunari per fare un dispetto al papato, loro acerrimo
nemico, lo salvarono, inviandolo al nord, agli estremi confini della
repubblica e della civiltà: ai TORRIONI di Pedescala.
Questo
luogo si trova all'imbocco della Val d'Astico nella sua parte più stretta, ottocento metri sotto il torrente Assa. Lo scopo
principale della costruzione di queste due Torri, innalzate dai
Vescovi di Padova verso l'anno mille, distrutte da quelli di Vicenza
nel milleduecento, ricostruite nel milletrecento dai nuovi padroni i Visconti da Milano, era impedire le incursioni delle
barbare soldatesche imperiali verso la pianura, e nello stesso
tempo vigilare sulla “Via della Germania,” come era chiamata
allora la strada che, partendo da dette Torri, conduceva al Covolo di
Pisciavacca, al Dazio di Lavarone e per L'Ancino verso Trento.
Questa
strada, allargata dal comune di Vicenza nel 1264, aveva assunto una
grande importanza dopo che Bonifacio VIII, aveva proclamato il primo
“GIUBILEO” della storia nell'Anno Santo 1300.
Per i
popoli del nord questa era la strada più corta per recarsi a Roma
onde acquistare l'Indulgenza Plenaria e la Remissione di tutti
i peccati.
Il passaggio per la valle di queste orde
barbariche di pellegrini teutonici era però insopportabile per la poca
popolazione locale, che si vedeva saccheggiare le già magre raccolte
da questi passanti famelici.
Rientrando
da una perlustrazione nel territorio, il nostro cavaliere passa per il
piccolo borgo di San Pietro.
Questa piccola agglomerazione di
casupole, con qualche
centinaio di persone, era stata dichiarata “VILLA” cioè PAESE con il nome di SAN PIETRO qualche anno prima, nel 1393, con la
soppressione del vecchio hospizio.
Gli abitanti, passati da “servi
della gleba” a “liberi cittadini “ usufruirono subito delle leggi della “Federazione dei sette Comuni”.
Queste leggi
dicevano: ”Il territorio dei sette comuni-sette fratelli-non è
“Proprietà Privata”, ma nemmeno “Demaniale”..., ma
“Proprietà Collettiva”, ossia degli “antichi abitatori
terrieri” che ne usufruiranno degli “USI CIVICI”.
Questo
lembo di terra che aveva come limiti: L'Astego, la Val de Rigoloso, i
Aldare, la Torra e i Soji de mezogiorno, pur essendo situato nel
territorio del Comune di Rotzo, era governato dal Comune di Vicenza.
Non avendo avuto fino ad allora nessun contatto con i cimbri della
montagna ed essendo i suoi residenti iriundi ”dalle basse
“, parlavano il veneto.
Avendo
sete, il nostro cavaliere si fermò ai Checa, nella strada delle
Fontanelle, dove si trovava una sorgente.
Stava desalterandosi, quando gli apparve dinnanzi una bellissima fanciulla bionda. Lucia si chiamava ed era l'ultima
superstite della famiglia dei “Janesio”. Si innamorò, ed
abbandonate le
armi si sposò... ed ebbe figli e figlie, nipoti e pronipoti...
Lino Bonifaci
a
seguire: I Bonifaci ai Checa e ai Baise.
Lino, bel lavoro dei Bonifaci ! Hai visto che, anche, il Don è rimasto bouche bée : no comment !
RispondiEliminaDesso arriva, tarè...
RispondiEliminaInteressante spiegazione, dal mare alla montagna ma non sconosciuta perchè le montagne della Corsica mi sembra siano abbastanza impervie come alcuni luoghi della Valdastico, Floriana
RispondiEliminaLa Castagniccia, al sud di Bastia, somiglia alla valle di Posina. Abbiamo trovato una contrà, in questo posto, che si chiama Fontana. Ci siamo andati tante volte, in ottobre (castagne).
EliminaDon, ma tempo fa non ti divertivi a sponciare Lino, adesso basta?
RispondiEliminaSsavutu belo, a xe elo chel xe scapà via col balòn. Epò, tento, mi co le questiòn dei baise a no me m’intrigo, ma sta storieta chìve la me par proprio tacà su col spuo ad usum nepoti. Vutuvédare che fior de dinastie fa i Asburgo, i Borbone, i Savoia, etc. no le riva indrio sicure gnanca de otosento ani con tuti i so pedigrì scriti chei ga, intrà conti, duchi, papi, re , imperatori e sambéi vari e i baise chei ga péna sto spadacìn da femene i ghe riva a mile ani solo par tramandi a voxe de pare in fiolo. Dei, nemo, no la sta impìe gnanca se te la instròpi. Varatì, a garìa ito chei fusse rivà in vale in gropa al nefo de Capi.
EliminaCaro don mi sembri un po' caustico con Lino, dovresti avere maggiore rispetto, anche perché non è da tutti gli anteguerra avere ancora questo spirito. Guarda che mi sono già ripreso dalla overdose di caseina, adesso potrei darti del filo da torcere. State all'aughen.
EliminaDesso che Lino l'è un po corso-francese, el ga riguardo !
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