lunedì 9 giugno 2014

I Bonifaci in Contra' Checa


Quando, dopo la metà del XV secolo, Pietro Bonifaci, abbandona l'esercito veneziano per sposare Lucia Janesio, a San Pietro, non pensa alla vita di sacrifici e sofferenza a cui andrà ad esporsi. Partito dai Torrioni, attraversata la Valdassa, gli si presenta un vasto pianoro con al centro un enorme Masso. Avvicinandosi scopre che al suo interno sono state scavate delle gallerie, adibite ad abitazioni, che gli ricordano quelle usate dai corsari sulle pareti delle scogliere del suo paese natale BONIFACIO, in Corsica.
Chiede il nome del luogo. Si accorge che lo guardano con sospetto. Gli viene risposto (in cimbro): Kame Stoan  =  presso il sasso in italico. Si chiamerà più tardi PEDESCALA.
Pietro guarda perplesso... Allora la persona più anziana si presenta: siamo due fratelli: Pretto Cengia e Pretto Giona. Prima abitavamo lassù in montagna, a Castelletto. Lavorando nel trasporto del legname fra la montagna e Venezia, siamo scesi giù in valle per comodità di lavoro, dopo che il comune di Vicenza ha costruito, qualche anno fa, (1392) il ponte che congiunge le due rive dell'Astico. Non é che il nostro antenato avesse capito tutto... Parlavano uno strano linguaggio... tedesco forse???
Piero, in quel momento, non sapeva d'aver fatto un incontro ravvicinato, con delle persone di quel popolo abitante sui tre altopiani sovrastanti la valle e che tanti dolori e lacrime avrebbe causato agli abitanti di San Pietro. Nessun storico è sicuro dell'origine di queste popolazioni. Agostino Dal Pozzo nelle sue “MEMORIE” scrive: “Che siino le reliquie degli eserciti sconfitti dai romani: Alemanni, Goti o Cimbri o che siino coloni mandati dalla Germania dagli “OTTONI”, o chiamati dai vescovi di Verona o di Trento: “Sempre popoli di origine tedesca sono.
Il loro linguaggio, i loro costumi e la loro religione, dimostrano l'affinità con i popoli teutonici d'oltralpe, molto dissimili di quelli della popolazione veneta.
Proseguendo per la val d'Astico incontra una casa signorile con una torre e delle case semi interrate da ghiaia e sabbia. Erano i resti di Settecà. Qui un tempo, si racconta, che nella località Stradella, si trovassero delle filande e la prima Chiesa dei Forni, la più antica della valle. Nell'anno 1117 un forte terremoto, che durò quaranta giorni, scosse la valle e fece precipitare nell'Astico, dallo Spitz di Tonezza, una montagna di sassi (le marogne de Casotto) ostruendo la valle, ed ivi formando un lago.
Nell'anno 1278 delle piogge torrenziali fecero crollare la fragile diga e un mare di acqua spazzò via tutto quello che incontrava nel suo passaggio, compresa la filanda, le case e la Chiesa di Setteca'. Si dice che il Crocifisso dell'Altar Maggiore fu miracolosamente recuperato a Vicenza...
Procedendo per la strada della Germania e per la salita delle Vegre, arriva a Capovilla, la prima contra' e le prime case del paese di San Pietro. A destra, attorno ad una Ara (piazza) ci sono delle case abitate dai Lorenzi. Più sopra, in cima alla salita, attorno ad un cocuzzolo di roccia, vede le case degli Oliviero e quasi di fronte, una piccola Ara, l'Areta, di cento metri quadri, che serviva da piazza e da pubblico ritrovo per la gente. Case dei Toldo, dette degli “Spechi”, costruite sul ciglio della collina, affiancavano la strada.
Il centro del paese era arrocato in un sperone di roccia sopra al quale era stato costruito l'antico “hospizio” diventato in seguito “monastero” per uomini e poi per monache. 
All'arrivo di Pietro era già stato trasformato in abitazioni dai Toldo, dai Moro e dagli altri abitanti della pianura che erano stati portati come servi della gleba, dai vari Rettori i quali prendevano in affitto la Chiesa dai Vescovi di Padova per il solo Beneficio. A volte erano “laici” e perfino a volte “stranieri”.
Molti di loro restavano poco tempo. Sparivano con il denaro ed il povero paese restava in balia al primo maramaldo che si presentava. Raccontavano nei paesi vicini che la popolazione di San Pietro non sapeva farsi neppure il segno della Croce.
Dell'insieme monastico di un tempo, non restava che la Chiesa composta da due cappelle. Una più in basso di 4 m x 8 m x 2 m di h con due anditi ed il volto sostenuto da tre colonne ,senza finestre; l'altra, collegata con una ripida scala, si trovava sopra, ma di fianco, quasi uguale, senza finestre e con la porta che dava sul sagrato.
Fu in questa Chiesa che con il nome alterato di BONIFAZIO, per motivi che sappiamo, Lucia Janesio sposò, nel bene e nel male, Pietro. Celebrante, un ottimo e vero prete, Pietro di Clemente, francese di Tourenne. Troppo religioso per un paese ateo... ne fu esonerato!
Proseguendo, la strada ora scendeva costeggiando i sassi delle Marogne. L'anno del famoso terremoto, per le forti scosse, una immensa parete si staccò dai “Soij de Medojorno” provocando una enorme frana che seppellì il florido bosco sottostante, lasciando alla luce del sole un mare di blocchi di roccia. Si vedono ancora al giorno d'oggi.
A sinistra sotto la Chiesa si trovano le case dei Rezzara, duecento metri più in basso, su un piccolo pianoro vicino ad una sorgente d'acqua, due case, poco lontane l'una dall'altra: la Contra' Checa
In questo luogo qualche secolo prima erano arrivati, assieme ad un Rettore veneziano, i De Franceschi, che qui si stabilirono costruendovi la casa, e cosi pure fecero i Janesio, qualche tempo dopo, provenienti da Novara. CHECA, come si chiama questa contra' é una deformazione del nome dei De Franceschi, i primi abitanti.
Al suo arrivo, questa casa era abitata dai “Janesin“, arrivati costoro dal Padovano. Più lontano, dopo il guado della Val del Kestele vi abitavano i Campagna. Già dai primi giorni, Pietro si accorse dell'immenso lavoro che lo aspettava. 
Per primo adattare la casa ai tempi che correvano. Convincere i vicini a unire in cerchio le due case sia dietro che davanti, e chiudere con un portone, così da poter parcheggiare all'interno le greggi che spesso alla notte venivano rubati. 
Fare delle ferritoie sulle facciate che davano sulla strada per difendersi con gli archibugi in caso di attacco.
Finiti questi lavori, si diede anima e corpo a roncare la terra con l'aiuto dei figli che nel frattempo erano arrivati. E se era vero che la terra che roncava era sua, doveva pagare il “quartese” alla chiesa, le tasse al comune di Vicenza ed il sale a Venezia. 
Ne dovevano comperare un “quarto” e cioè otto chili di sale all'anno e per persona, dai sei anni in sù. Questa infame imposta costringeva le famiglie più povere a non rivelare il numero e l'età dei propri figli, falsando così il calcolo del numero degli abitanti del paese.
I discendenti di Pietro si rivelarono grandi lavoratori, economi, industriosi e intrapendenti e dedicandosi all'agricoltura, divennero grandi proprietari terrieri. Parteciparono anche alla vita sociale del paese, poiché Paul dagli U.S.A. scrive: ”Nella storia della città di San Pietro, un Bonifazio era presente alla fine della controversia legale fra il paese di Rotzo e San Pietro e San Pietro divenne “copropietario” dei campi e dei boschi con Rotzo e furono uniti in un solo comune (incorporati) nell'anno 1578. E nell'iscrizione sullo Stato Civile del Comune di Rotzo ripresero il loro nome d'origine BONIFACI.
Nell'anno 1585 dei discendenti di Pietro, coadiuvarono l'allora Rettore e parroco Luigi
Lorenzi da San Pietro alla costruzione della prima vera Chiesa, all'inizio della attuale piazza.
Nell'anno 1617 due famiglie Bonifaci parteciparono alla costruzione del mulino e della segheria in fondo alla pontara, riservandosi il diritto di 42 tagli di legname, all'anno.
Nel 1634 gli stessi appaiono firmatari di una richiesta a Venezia per poter usare le acque della “roda” del mulin e della sega per l'irrigazione dei prati. 
In quegli anni era sindaco di Rotzo Gianpietro Bonifaci. Nel 1650 troviamo un Bonifaci sacrestano e custode della Chiesa di San Pietro. Era Rettore un certo Antonio Raus di Vallarsa, assente. Si raccontava che era obbligato ad andare a Cogollo a cercare le particole per la comunione.
Finito di dissodare la terra ai Checa, i Bonifaci si spostarono in campagna e precisamente fra l'attuale saliso ad est, le case dei Lucca Lucheta e verso i Rovere a nord, giù fino all'attuale casa di riposo ad ovest e l'attuale strada dei Pertile a sud. Non dimenticando di costruire una casa sù ai Lucca, che sarà loro utile per l'inverno.
Questa crescente espansione, scrive sempre Paul, causò gelosia nel paese e divennero oggetto di maltrattamento fin che non se ne andarono a stabilirsi altrove.
Si spostarono e si stabilirono in un luogo più tranquillo, sopra ad una collina ai BAISE.
Per beneficio s'intende le rendite beneficiarie che i Rettori ricevevano e che erano, nel 1488: 28 quintali di frumento, 1 ettolitro e mezzo di vino, 35 Kg. di carni salate, 12 paia di polli e galline, 5 Kg. di formaggio, 2 quintali e mezzo di miglio e grano saraceno, la decima di tutti i frutti, più una decima di 33 “pezze” vicentine, per un totale di 100 ducati all'anno, una somma enorme per quei tempi.
Lino Bonifaci 2° parte

Seguirà la terza parte: I BONIFACI ai Baise.

19 commenti:

  1. Ma hanno scritto un libro sulla vostra genealogia, questi Bonifaci Americani, Lino ?

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  2. "Pietro, in quel momento, non sapeva d'aver fatto un incontro ravvicinato, con delle persone di quel popolo abitante sui tre altopiani sovrastante la valle e che tanti dolori e lacrime avrebbe causato agli abitanti di San Pietro".
    Ma cari Lino e Carla ma di quali dolori e lacrime si parla nel testo?
    Francamente questo non lo ho letto in nessun libro di storia patria.
    O forse è il contrario?

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  3. All'Anonymous delle 17:24. Non sapendo chi sei,ne di dove sei non so come risponderti.
    Una cosa appare che tu non sia molto al corrente delle vicissitudini del paese di Sanpiero
    ed in generale della Valle.Ti invito a leggere la storia del paese di Lastebasse, la storia di
    "Tonezza mia" di Giuseppe Marcazzan, e dei Conti Trapp. Leggi la storia del Lodo Piovene
    e della sua applicazione ed interpretazione da parte degli abitanti di Rotzo......quanti milioni
    ci è costato!!!!E chiedi pure ai signori di Pedescala(non me ne voglia la Lucia che predica
    l'amore e l'ublio) che ti raccontino la storia della costruzione del Piovan,come sono riusciti
    a far fessi quelli di Sanpiero!!!! LEGGI....LEGGI.....

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  4. Odette,quando Paul Bonifaci è arrivato dagli Stati Uniti a Sanpiero con il figlio Robert ed il nipote
    aveva con se solo tre fogli con sopra scritto cio' che suo padre Pietro gli aveva raccontato e per
    costatarne la veridicità.Trovo' tanti cugini ma solo da parte delle sorelle,ed in piu' parlando solo
    americano ebbe bisogno d'un interprete(forse la maestra Severina????).Porto' con se l'email
    dei cugini da parte dei fratelli e per mezzo di loro riusci' a completare la storia dei Bonifaci.
    Doveva costruire anche un blog,non sono mai riuscito a trovarlo!!!!!!

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  5. Ciao Lino sempre più interessante e sempre più un piacere leggere i tuoi racconti!!!!!!!!! Floriana

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  6. Senti un po' Lino Blaise visto che te cunussi ben la storia contane anca cuela dei sincuanta ducati che San Piero doveva pagare in perpetuo par essare entra' a far parte del patrimonio de Rotzo sensa aver porta' gnente.Dai contanela giusta, ca' semo tuti ansiusi de savere.

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  7. Caro Baise Lino credo che tu debba studiare con più profitto i libri di storia, i lodi Piovene, le sentenze Terracine ed anche la Legge perchè penso tu abbia molta confusione in testa.

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  8. Mi incuriosisce molto come questo signor Lino Baise voglia raccontare la storia a seconda che l'interlocutore sia anonimo o meno, che sia di San Pietro oppure di Lastebasse o di Tonezza o che sia femmina o maschio, bella o brutto ecc.ecc.ecc.
    La storia va raccontata per quello che è, non pensando a chi potrà leggerla, senza interpretazioni di fantasia e non sarebbe male documentarsi bene prima, per essere credibili.

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  9. Hai signori tre Anonimi,anzi quattro,anche se penso che sia una sola persona. Prima di tutto mi
    sembra incivile se non maleducato sputare giudizi e sentenze nascosti dietro l' anonimato .
    E' vero che non sono intelligente e studiato come voi. Non ho fatto le grandi scuole come voi.
    La vita d'emigrante fu' la mia scuola. Ho incontrato Austriaci,Polacchi,Tedeschi ,Francesi,
    Nordafricani e mi sono reso conto che lo stesso avvenimento storico ,apparentemente uguale,
    era interpretato in maniera diversa da ciascuna nazione. TU o Voi non essendo da Sampiero.......
    NON sto scrivendo un libro di STORIA, ma la storia della mia famiglia,senza nulla inventare.......

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  10. A co caro che ghe sia anca altri spiriti libari che noi beve mìa tuto a cana. A la xe ben che logica che tuti tira l'aqua al so mulin, ma sempre farina ga da vegnér fora, coi soéntri se fa el pastà par le galine.

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  11. Nalisi giusta, Sponcio, "mais particulièrement" i deve star tenti a sentensiare su serte cuestion parchè, staltri, i xè informà mejio che na enciclopedia britanica.

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  12. Eh ciò, coa se ga affare col gratin del blo, ki che vede lontan, col binocolo, no ki che vede con un ocio solo. Omini, tenti a no farve tirar su le tirache !

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  13. A.Nonima, nantri semo nati in diese mesi e co sta lengua crepuscolare ghin capimo pocheto.
    Podarissitu essare un cicin pì ciara?
    Grassie setu.

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  14. Tu quoque SPONCIUS ?????.....sul carro dei "CORBEAUX---ANONIMI " --so tuto mi-ti no te se gnente---.
    Credevo che" papillon" svolazzassi in piu' freschi cieli. Che cos'è che ti ha risvegliato,il calore dei piedi
    che hanno fatto bollire l'acqua nel mestelo......

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  15. finalmente che ritorna il signor Lino con i suoi interesanti raconti. quante cose che vengo a sapere grazie

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  16. Brao Sponcio, la calma zè la virtù dei forti.

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Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...