Quando,
dopo la metà del XV secolo, Pietro Bonifaci, abbandona l'esercito
veneziano per
sposare Lucia Janesio, a San Pietro, non pensa alla vita di
sacrifici e sofferenza a cui andrà
ad esporsi. Partito dai Torrioni, attraversata la Valdassa, gli
si presenta un vasto pianoro
con al centro un enorme Masso. Avvicinandosi scopre che al suo
interno sono state
scavate delle gallerie, adibite ad abitazioni, che gli ricordano
quelle usate dai corsari sulle pareti delle scogliere del suo paese
natale BONIFACIO, in Corsica.
Chiede
il nome del luogo. Si accorge che lo guardano con sospetto. Gli
viene risposto (in cimbro): Kame Stoan = presso il sasso in italico. Si chiamerà più tardi PEDESCALA.
Pietro guarda perplesso... Allora la persona più anziana si
presenta: siamo due fratelli: Pretto Cengia e Pretto Giona.
Prima abitavamo lassù in montagna, a Castelletto. Lavorando nel
trasporto del legname fra la montagna e Venezia, siamo scesi giù in
valle per comodità di lavoro, dopo che il comune di Vicenza ha
costruito, qualche anno fa, (1392) il ponte che congiunge le due
rive dell'Astico. Non é che il nostro antenato avesse capito
tutto... Parlavano uno strano linguaggio... tedesco forse???
Piero,
in quel momento, non sapeva d'aver fatto un incontro ravvicinato, con
delle persone di
quel popolo abitante sui tre altopiani sovrastanti la valle e che
tanti dolori e lacrime avrebbe
causato agli abitanti di San Pietro. Nessun storico è sicuro
dell'origine di queste popolazioni. Agostino Dal Pozzo nelle sue
“MEMORIE” scrive: “Che siino le reliquie degli eserciti
sconfitti dai romani: Alemanni, Goti o Cimbri o che siino coloni
mandati dalla Germania dagli “OTTONI”, o chiamati dai vescovi di
Verona o di Trento: “Sempre popoli di origine tedesca sono.
Il
loro linguaggio, i loro costumi e la loro religione, dimostrano
l'affinità con i popoli teutonici
d'oltralpe, molto dissimili di quelli della popolazione veneta.
Proseguendo
per la val d'Astico incontra una casa signorile con una torre e
delle case semi interrate
da ghiaia e sabbia. Erano i resti di Settecà. Qui un tempo, si
racconta, che nella località Stradella, si trovassero delle
filande e la prima Chiesa dei Forni, la più antica della
valle. Nell'anno 1117 un forte terremoto, che durò quaranta
giorni, scosse la valle e
fece precipitare nell'Astico, dallo Spitz di Tonezza, una montagna
di sassi (le marogne de
Casotto) ostruendo la valle, ed ivi formando un lago.
Nell'anno 1278 delle piogge torrenziali fecero crollare la fragile
diga e un mare di acqua spazzò via tutto quello che incontrava nel suo passaggio, compresa la filanda, le case e la Chiesa di Setteca'.
Si dice che
il Crocifisso dell'Altar Maggiore fu miracolosamente recuperato a
Vicenza...
Procedendo
per la strada della Germania e per la salita delle Vegre,
arriva a Capovilla, la prima contra' e le prime
case del paese di San Pietro. A destra, attorno ad una Ara (piazza) ci sono delle case abitate dai Lorenzi. Più sopra, in cima
alla salita, attorno ad un cocuzzolo di roccia, vede le case degli
Oliviero e quasi di fronte, una piccola Ara, l'Areta, di cento metri quadri, che serviva da piazza e da
pubblico ritrovo per la gente. Case dei Toldo, dette degli “Spechi”,
costruite sul ciglio della collina, affiancavano la strada.
Il
centro del paese era arrocato in un sperone di roccia sopra al quale
era stato costruito l'antico “hospizio” diventato in seguito “monastero” per
uomini e poi per
monache.
All'arrivo di Pietro era già stato trasformato in
abitazioni dai Toldo, dai Moro
e dagli altri abitanti della pianura che erano stati portati come
servi della gleba, dai
vari Rettori i quali prendevano in affitto la Chiesa dai
Vescovi di Padova per
il solo Beneficio. A volte erano “laici” e perfino
a volte “stranieri”.
Molti
di loro restavano poco tempo. Sparivano con il denaro ed il povero
paese restava
in balia al primo maramaldo che si presentava. Raccontavano nei
paesi vicini che la
popolazione di San Pietro non sapeva farsi neppure il segno della
Croce.
Dell'insieme
monastico di un tempo, non restava che la Chiesa composta da
due cappelle. Una più in basso di 4 m x 8 m x 2 m di h con due
anditi ed il volto sostenuto da tre colonne ,senza finestre;
l'altra, collegata con una ripida scala, si trovava sopra, ma di
fianco, quasi uguale, senza finestre e con la porta che dava sul
sagrato.
Fu
in questa Chiesa che con il nome alterato di BONIFAZIO, per motivi
che sappiamo, Lucia Janesio sposò, nel bene e nel male, Pietro.
Celebrante, un ottimo e vero prete, Pietro di Clemente, francese di
Tourenne. Troppo religioso per un paese ateo... ne fu esonerato!
Proseguendo, la strada ora scendeva costeggiando i sassi delle
Marogne. L'anno del famoso terremoto, per le forti scosse, una
immensa parete si staccò dai “Soij de Medojorno” provocando una
enorme frana che seppellì il florido bosco sottostante, lasciando
alla luce del sole un mare di blocchi di roccia. Si vedono ancora
al giorno d'oggi.
A
sinistra sotto la Chiesa si trovano le case dei Rezzara, duecento
metri più in basso, su un piccolo
pianoro vicino ad una sorgente d'acqua, due case, poco lontane l'una
dall'altra: la Contra' Checa.
In questo luogo qualche secolo prima erano arrivati,
assieme ad un Rettore veneziano,
i De Franceschi, che qui si stabilirono costruendovi la casa, e cosi
pure fecero i
Janesio, qualche tempo dopo, provenienti da Novara. CHECA,
come si chiama questa contra' é una deformazione del nome dei De
Franceschi, i primi abitanti.
Al
suo arrivo, questa casa era abitata dai “Janesin“, arrivati
costoro dal Padovano. Più
lontano, dopo il guado della Val del Kestele vi abitavano i Campagna. Già
dai primi giorni, Pietro si accorse dell'immenso lavoro che lo
aspettava.
Per primo adattare la casa ai tempi che correvano. Convincere i vicini a unire in cerchio le due case sia
dietro che davanti, e chiudere con un portone, così da poter
parcheggiare all'interno le greggi che spesso alla notte venivano
rubati.
Fare delle ferritoie sulle facciate che davano sulla
strada per difendersi con gli archibugi in caso di attacco.
Finiti
questi lavori, si diede anima e corpo a roncare la terra con l'aiuto
dei figli che nel frattempo erano arrivati. E se era vero che la
terra che roncava era sua, doveva pagare il “quartese” alla
chiesa, le tasse al comune di Vicenza ed il sale a Venezia.
Ne dovevano comperare
un “quarto” e cioè otto chili di sale all'anno e per persona, dai sei anni in sù. Questa infame imposta costringeva le famiglie
più povere a non rivelare il numero e l'età dei propri
figli, falsando così il calcolo del numero degli abitanti del paese.
I
discendenti di Pietro si rivelarono grandi lavoratori, economi,
industriosi e intrapendenti e
dedicandosi all'agricoltura, divennero grandi proprietari terrieri.
Parteciparono anche alla
vita sociale del paese, poiché Paul dagli U.S.A. scrive: ”Nella
storia della città di San
Pietro, un Bonifazio era presente alla fine della controversia legale
fra il paese di Rotzo
e San Pietro e San Pietro divenne “copropietario” dei campi e dei
boschi con Rotzo e
furono uniti in un solo comune (incorporati) nell'anno 1578. E
nell'iscrizione sullo Stato Civile del Comune di Rotzo
ripresero il loro nome d'origine BONIFACI.
Nell'anno 1585 dei
discendenti di Pietro, coadiuvarono l'allora Rettore e parroco Luigi
Lorenzi
da San Pietro alla costruzione della prima vera Chiesa, all'inizio
della attuale piazza.
Nell'anno 1617 due famiglie Bonifaci parteciparono alla costruzione del
mulino e della segheria
in fondo alla pontara, riservandosi il diritto di 42 tagli di
legname, all'anno.
Nel 1634 gli stessi appaiono firmatari di una richiesta a Venezia per
poter usare le acque della “roda” del mulin e della sega per
l'irrigazione dei prati.
In quegli anni era sindaco di
Rotzo Gianpietro Bonifaci. Nel 1650 troviamo un Bonifaci sacrestano e custode della Chiesa di San Pietro. Era Rettore
un certo Antonio Raus di Vallarsa, assente. Si raccontava che era
obbligato ad andare a Cogollo a cercare le particole per la
comunione.
Finito
di dissodare la terra ai Checa, i Bonifaci si spostarono in campagna
e precisamente fra
l'attuale saliso ad est, le case dei Lucca Lucheta e verso i
Rovere a nord, giù fino all'attuale casa di riposo ad ovest e
l'attuale strada dei Pertile a sud. Non dimenticando di
costruire una casa sù ai Lucca, che sarà loro utile per l'inverno.
Questa
crescente espansione, scrive sempre Paul, causò gelosia nel
paese e divennero oggetto di maltrattamento fin che non se ne
andarono a stabilirsi altrove.
Si
spostarono e si stabilirono in un luogo più tranquillo, sopra ad una
collina ai BAISE.
Per beneficio s'intende le rendite beneficiarie che i Rettori
ricevevano e che erano, nel 1488: 28 quintali di frumento, 1 ettolitro e mezzo di vino,
35 Kg. di carni salate, 12
paia di polli e galline, 5 Kg. di formaggio, 2 quintali e mezzo di
miglio e grano saraceno, la
decima di tutti i frutti, più una decima di 33 “pezze”
vicentine, per un totale di 100
ducati all'anno, una somma enorme per quei tempi.
Lino Bonifaci 2° parte
Seguirà la terza parte: I BONIFACI ai Baise.
Ma hanno scritto un libro sulla vostra genealogia, questi Bonifaci Americani, Lino ?
RispondiElimina"Pietro, in quel momento, non sapeva d'aver fatto un incontro ravvicinato, con delle persone di quel popolo abitante sui tre altopiani sovrastante la valle e che tanti dolori e lacrime avrebbe causato agli abitanti di San Pietro".
RispondiEliminaMa cari Lino e Carla ma di quali dolori e lacrime si parla nel testo?
Francamente questo non lo ho letto in nessun libro di storia patria.
O forse è il contrario?
Ti risponderà Lino perchè è suo il post.
EliminaAll'Anonymous delle 17:24. Non sapendo chi sei,ne di dove sei non so come risponderti.
RispondiEliminaUna cosa appare che tu non sia molto al corrente delle vicissitudini del paese di Sanpiero
ed in generale della Valle.Ti invito a leggere la storia del paese di Lastebasse, la storia di
"Tonezza mia" di Giuseppe Marcazzan, e dei Conti Trapp. Leggi la storia del Lodo Piovene
e della sua applicazione ed interpretazione da parte degli abitanti di Rotzo......quanti milioni
ci è costato!!!!E chiedi pure ai signori di Pedescala(non me ne voglia la Lucia che predica
l'amore e l'ublio) che ti raccontino la storia della costruzione del Piovan,come sono riusciti
a far fessi quelli di Sanpiero!!!! LEGGI....LEGGI.....
Odette,quando Paul Bonifaci è arrivato dagli Stati Uniti a Sanpiero con il figlio Robert ed il nipote
RispondiEliminaaveva con se solo tre fogli con sopra scritto cio' che suo padre Pietro gli aveva raccontato e per
costatarne la veridicità.Trovo' tanti cugini ma solo da parte delle sorelle,ed in piu' parlando solo
americano ebbe bisogno d'un interprete(forse la maestra Severina????).Porto' con se l'email
dei cugini da parte dei fratelli e per mezzo di loro riusci' a completare la storia dei Bonifaci.
Doveva costruire anche un blog,non sono mai riuscito a trovarlo!!!!!!
Ciao Lino sempre più interessante e sempre più un piacere leggere i tuoi racconti!!!!!!!!! Floriana
RispondiEliminaSenti un po' Lino Blaise visto che te cunussi ben la storia contane anca cuela dei sincuanta ducati che San Piero doveva pagare in perpetuo par essare entra' a far parte del patrimonio de Rotzo sensa aver porta' gnente.Dai contanela giusta, ca' semo tuti ansiusi de savere.
RispondiEliminaCaro Baise Lino credo che tu debba studiare con più profitto i libri di storia, i lodi Piovene, le sentenze Terracine ed anche la Legge perchè penso tu abbia molta confusione in testa.
RispondiEliminaMi incuriosisce molto come questo signor Lino Baise voglia raccontare la storia a seconda che l'interlocutore sia anonimo o meno, che sia di San Pietro oppure di Lastebasse o di Tonezza o che sia femmina o maschio, bella o brutto ecc.ecc.ecc.
RispondiEliminaLa storia va raccontata per quello che è, non pensando a chi potrà leggerla, senza interpretazioni di fantasia e non sarebbe male documentarsi bene prima, per essere credibili.
Hai signori tre Anonimi,anzi quattro,anche se penso che sia una sola persona. Prima di tutto mi
RispondiEliminasembra incivile se non maleducato sputare giudizi e sentenze nascosti dietro l' anonimato .
E' vero che non sono intelligente e studiato come voi. Non ho fatto le grandi scuole come voi.
La vita d'emigrante fu' la mia scuola. Ho incontrato Austriaci,Polacchi,Tedeschi ,Francesi,
Nordafricani e mi sono reso conto che lo stesso avvenimento storico ,apparentemente uguale,
era interpretato in maniera diversa da ciascuna nazione. TU o Voi non essendo da Sampiero.......
NON sto scrivendo un libro di STORIA, ma la storia della mia famiglia,senza nulla inventare.......
A co caro che ghe sia anca altri spiriti libari che noi beve mìa tuto a cana. A la xe ben che logica che tuti tira l'aqua al so mulin, ma sempre farina ga da vegnér fora, coi soéntri se fa el pastà par le galine.
RispondiEliminaNalisi giusta, Sponcio, "mais particulièrement" i deve star tenti a sentensiare su serte cuestion parchè, staltri, i xè informà mejio che na enciclopedia britanica.
RispondiEliminaEh ciò, coa se ga affare col gratin del blo, ki che vede lontan, col binocolo, no ki che vede con un ocio solo. Omini, tenti a no farve tirar su le tirache !
RispondiEliminaA.Nonima, nantri semo nati in diese mesi e co sta lengua crepuscolare ghin capimo pocheto.
RispondiEliminaPodarissitu essare un cicin pì ciara?
Grassie setu.
Tu quoque SPONCIUS ?????.....sul carro dei "CORBEAUX---ANONIMI " --so tuto mi-ti no te se gnente---.
RispondiEliminaCredevo che" papillon" svolazzassi in piu' freschi cieli. Che cos'è che ti ha risvegliato,il calore dei piedi
che hanno fatto bollire l'acqua nel mestelo......
Quieta non movere...
Elimina¿Qué pasa?
Eliminafinalmente che ritorna il signor Lino con i suoi interesanti raconti. quante cose che vengo a sapere grazie
RispondiEliminaBrao Sponcio, la calma zè la virtù dei forti.
RispondiElimina