(7 Giugno 2014 l'Adige)
Nel mirino della «cricca» politico-affaristica
della nuova tangentopoli veneta c'era anche la Valdastico Nord .
Secondo i pm di Venezia, le pressioni che l'assessore veneto Renato
Chisso faceva al suo omologo trentino Alberto Pacher nelle riunioni
degli anni scorsi sulle infrastrutture interregionali non erano solo di
carattere politico. Dietro c'era il lavorìo del colosso edilizio veneto
Mantovani, guidato all'epoca da Piergiorgio Baita , anche per conto di
altre aziende del Consorzio Venezia Nuova, quello del Mose.
L'operazione, scrive il Gip Alberto Scaramuzza nell'ordinanza, non
riuscì. Nella stessa ordinanza emergono gli intrecci tra Baita e
Alberto Rigotti nella Adria Infrastrutture, una delle società snodo del
sistema delle tangenti.
Nell'ordinanza
dei giudici di Venezia, si parla dell'intervento di Giuseppe Fasiol ,
dirigente della sezione strade e autostrade della Regione Veneto, uno
degli arrestati dell'inchiesta Mose, per favorire nell'aprile 2012
l'intesa fra Provincia di Trento e Regione Veneto sull'approvazione del
progetto Valdastico Nord. Ad esso «era interessata non la Mantovani
direttamente ma indirettamente poiché voleva favorire il gruppo Astaldi
(...) che era uno dei tre gruppi principali del Consorzio Venezia Nuova
impegnato nel Mose. Anche in questo caso sarà il Fasiol a tradurre la
proposta in termini tecnici nell'interesse della Mantovani».
Baita chiama Claudia Minutillo , già segretaria dell'ex governatore veneto Giancarlo Galan e Ad di Adria Infrastrutture, e parla di uno degli incontri a Trento tra Chisso e Pacher che sarebbero «riusciti ad arrivare ad un certo punto d'incontro». Minutillo, nell'interrogatorio dell'inchiesta Mantovani del 2013 riportato nell'ordinanza, conferma l'interesse dell'azienda per l'accordo Trento-Veneto e il fatto che Chisso e Fasiol «cercarono di far andare in porto quell'accordo (anche se poi non vi riuscirono) nell'interesse precipuo della Mantovani».
Secondo quanto afferma Minutillo, Chisso «aveva intrapreso questo rapporto con Pacher, sembrava che fosse tutto fatto e poi invece Dellai smentì il suo assessore». Questa interpretazione della Minutillo viene recisamente smentita da Pacher . «In quegli incontri non ho avuto sentore di pressioni che non fossero politiche - dice l'ex vicepresidente della giunta provinciale - Noi però abbiamo sempre ribadito la nostra assoluta indisponibilità alla Valdastico e questo congiuntamente con Dellai. Su questo litigammo anche col ministro».
È vero, invece, che oltre alla Valdastico si parlava anche di Valsugana. «Lo abbiamo fatto intenzionalmente - afferma Pacher - volevamo tenere insieme il discorso proprio perché il Trentino non poteva accettare due autostrade. Per noi era più comprensibile la nuova strada nella Valsugana veneta, che ora è piena di strozzature. Certo, poi c'era il problema dell'impatto sul Trentino».
La Mantovani e Adria Infrastrutture, la società di Baita e Rigotti impegnata nei principali project financing veneti, sono in campo anche per la Nuova Valsugana nel tratto veneto. All'epoca ( l'Adige del 26 marzo 2011) la Provincia ipotizzò anche una Supervalsugana trentina. Oggi dai territori confinanti arrivano soprattutto allarmi. «La Supervalsugana a pagamento - scrivono in una nota congiunta i circoli del Pd Valsugana orientale e Tesino e Valbrenta - era stata affidata a una associazione di imprese di cui fa parte proprio la Mantovani. Ora i vertici sono in carcere, resta però un progetto che va a incidere e gravare su un territorio alpino. Chiediamo che questo progetto venga bloccato al fine di rispettare la convenzione delle Alpi».
L'interrogatorio di Claudia Minutillo riportato nell'ordinanza parla anche della proprietà di Adria Infrastrutture , che era della Mantovani ma anche di società riconducibili a Galan , nonché della Abm Network Investment del finanziere trentino Alberto Rigotti , che ne è stato anche presidente e che dall'altro ieri è in carcere a Como perché accusato di bancarotta fraudolenta nel caso Publiepolis , la concessionaria di pubblicità della catena di giornali free press E Polis , fallita nel 2011 con un buco di 15 milioni di euro. Minutillo racconta proprio degli scambi azionari con Rigotti, che non è indagato in Veneto, nelle società dei giornali veneti di E Polis.
Rigotti, che respinge le accuse a suo carico su E Polis, ha incontrato ieri in carcere il suo avvocato. Si prevede un ricorso contro la custodia cautelare.
E LEGGETE PER GLI OSPEDALI
QUI SOTTO,
SAREBBE ORA ANCHE DI FINIRLA
O NO?
Inchiesta tangenti, appalti sanità
nel mirino: torta da 2 miliardi di euro
di Daniela Boresi IL GAZZETTINO
VENEZIA - Potrebbe essere il secondo grande filone dell’inchiesta che sta squassando il Veneto: gli ospedali. Pacchi di carte sono già sotto la lente ed è inevitabile visto che già nell'inchiesta sul Mose la voce "project" è riecheggiata più volte. La partita "ospedali" è nel mirino degli inquirenti, chiacchierata da tempo per quei costi spropositati di alcune strutture sanitarie. Lo stesso Luca Zaia non aveva fatto mistero sui motivi della rivoluzione nei vertici della Asl, al momento del rinnovo dei manager.
Milione più milione meno, sono 2 miliardi di euro (tra già finanziati e bloccati) da impegnare. I "project" pesanti in Veneto sono stati stoppati, almeno quelli nuovi, visto che i contratti ereditati dalle passate amministrazioni non si toccano. Quelli già iniziati sono stati portati a compimento (a volte le penali pesano più dell’impegno economico complessivo). La giunta Zaia ha concluso quanto ereditato e si è messa di traverso su nuovi progetti.
Uno su tutti il "Protonico" di Mestre, costo complessivo 738 milioni per curare un centinaio di pazienti quando ad un centinaio di chilometri c’è un centro attrezzatissimo. Il Polo, avversato da più parti e sostenuto dalla precedente amministrazione, è stato definitivamente affossato da un’informativa di giunta presentata il 3 ottobre del 2013 dall’assessore Luca Coletto. O ancora di più il faraonico progetto dell’ospedale di Padova, 1 miliardo e 200 milioni per un "project" che doveva rivoluzionare anche la viabilità di una parte della città, maturato ancora con la giunta Galan e che probabilmente mai vedrà la luce visto che, oltre agli stop della Regione, arriveranno pure quelli del nuovo sindaco di Padova Bitonci.
Resta l’Angelo, super costoso ospedale di Mestre, per il quale oltre al "project" si è ereditato pure il "global service": "un pozzo senza fondo" è stato più volte definito. Stop su Padova, frenata sui mega progetti veronesi (l’ospedale della mamma e del bambino), occhi più che attenti sulla "Cittadella" di Treviso anche se in questo caso non si tratta esclusivamente di un progetto di finanza. Ma non basta per levarsi gli sguardi di torno. Le carte sono state raccolte. Tutte.
Bellissima, buona per far riparare quattro macchine quando tempesta.
RispondiEliminaSempre esagerati valtri. Traghe sora na forcà de paia e te te la cavi con manco.
EliminaE il Giornale di Vicenza, è altrettanto informativo???
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