La
ricorrenza del 30 aprile è passata…
Le
celebrazioni, le preghiere, i ricordi, i discorsi, i suoni, i fiori
deposti, la partecipazione, sono segno importante di ricordo e
memoria.
Credo
che, a parte i momenti di silenzio davanti ai monumenti di Forni,
Settecà e Pedescala, o quando la campana con i suoi rintocchi ha
portato i nomi delle persone uccise in tutta la valle, o nel momento
delle S.S. Messe celebrate, ci sia stato poco tempo per meditare
sull’accaduto, per fermarsi e pensare. Forse il momento più
tranquillo è stato la sera, quando in cimitero a Pedescala abbiamo
recitato il S. Rosario pensando, come ha detto don Sergio, a quante
persone in tutti questi anni, passando tra le tombe, hanno pianto e
pregato. E’ lì che pregando e leggendo i nomi, guardando i volti,
nella quiete della sera è stato possibile fare spazio ai pensieri e
semplicemente condividere dolori passati e speranze future. Quando
penso al mio paese distrutto da due guerre, non posso esimermi dal
fare alcune considerazioni: la prima guerra con il profugato, ha
costretto le famiglie ad allontanarsi da quel poco che possedevano,
ma i nuclei famigliari erano compatti e tornando, hanno potuto
ricominciare dopo il ricongiungimento con i propri cari. Lavoro,
speranza, fatica, disperazione, ma erano insieme... a parte chi era in
guerra. L’eccidio invece, a conflitto finito, ha portato un
disastro totale: famiglie distrutte, annientate, prive di ogni
motivazione, di speranza; dolore in tutte le sue sfaccettature,
distruzione e DOLORE. In quel contesto, quelle tante donne con il
cuore dilaniato, hanno comunque avuto la forza di ricominciare, di
continuare una vita diversa, difficile, senza l’appoggio dei padri,
dei mariti, dei figli… DONNE che secondo me meritano di essere
ricordate, nelle loro umane debolezze, ma più di tutto per la
tenacia e la forza con cui hanno affrontato il lento e difficile
lavoro di tessitura di una trama lacerata qual era diventata la loro
vita. Credo che quello che hanno trasmesso quelle madri, sorelle,
figlie, mogli, ai propri cari, sia stata la difficile strada del
perdono. Quando si parla con le nuove generazioni o anche con persone
della mia età dell’eccidio, si sente dire : "Basta con
questa storia, è ora di finirla!" …
Io
credo che per tanti, troppi anni, si sia cercato di perseguire una
strada che non ha portato a grandi risultati. Il cercare di sapere
chi sono stati gli autori di tale strage è più che lecito, ma alla
fine le persone care non tornano più, spendere energie per ricercare
colpevoli o esecutori, può incattivire l’animo e imbruttire la
persona e si resta solo con il dolore, compagno di ogni giorno, di
ogni notte.
Ci
penso spesso: si parla del 30 aprile i giorni precedenti, il giorno
stesso, i giorni a seguire, poi tutto va scemando e rimane solo nel
cuore di chi ha sofferto per mancanze mai colmate. Quando anche le
ultime persone che l'hanno vissuto o chi come me ha ascoltato i
racconti, non ci saranno più, cosa resterà? L’oblio...., che con
il passare degli anni cancellerà anche i ricordi e magari si passerà
davanti al monumento non sapendo perché porta tanti nomi, il perché
dei tigli con le targhette, perché di una ricorrenza che continuerà
a essere solo per un giorno o forse chissà…
Io
vedo nel progetto del Museo della Memoria, una nuova alba che può
nascere con una luce diversa, un nuovo tipo di ricordo, di rispetto,
di condivisione, ma con la finalità di imprimere nel tempo che
inesorabile passa, un pezzo di storia, anche se terribile, che ha
cambiato le sorti dei paesi di Pedescala, Forni e Settecà. Ma sarà
ricordata come ammonimento, come esortazione a fermarsi e meditare su
fatti accaduti. Il 17 maggio a Pedescala, nel contesto del FESTIVAL
BIBLICO ideato dalla Diocesi di Vicenza, giunto alla sua 15°
edizione che quest’anno coinvolge oltre a Vicenza, le diocesi di
Padova, Verona, Rovigo, Vittorio Veneto e come Fuori Festival anche
Alba, Treviso e Como, diventa momento importante per riflettere. In
chiesa alle 20.30, la prof. Caterina Di Pasquale dell’Università
di Pisa e don Maurizio Mazzetto, sacerdote di Vicenza e responsabile
di Pax Christi, rifletteranno sul tema: “Spazio della
memoria-Pedescala 1945- 2019” . Girare pagina, guardare da un altro
punto di vista, ripartire, desiderare che nulla di quanto accaduto
vada perduto e sparisca tra la polvere del tempo, che niente e
nessuno sia dimenticato, ma rimanga come segno di un impegno che ci
vede tutti partecipi e responsabili, perché questo progetto vada in
porto. Ci vorrà tanto tempo, ma non bisogna scoraggiarsi, né
abbattersi per le difficoltà, ma con costanza perseguire un
obiettivo ben preciso rivolto solo alla memoria, al rispetto, al
monito. Proprio pensando a quelle vedove, ai tanti orfani, alle
madri derubate dei figli, alle sorelle senza più fratelli, che hanno
continuato a vivere portando un gran peso, ma cercando di
ricostruirsi e ricostruire pazientemente dentro e fuori , credo sia
doveroso ricordarle, imitarle e seguendo il loro esempio fare in
modo che qualcosa rimanga alle future generazioni.
Di
questo intento è doveroso ringraziare Domenico Molo, originario di
Pedescala, che con coraggio e tanta buona volontà, tanta fiducia, ha
espresso la sua idea e sta lavorando insieme con altre persone, per
iniziare un percorso non facile, perché l’idea di un Museo della
Memoria diventi realtà importante per il nostro territorio.
Se
proviamo a guardare, a pensare a questa nuova alba di luce, avremo la
possibilità di essere i promotori o i sostenitori di qualcosa che va
oltre un progetto su carta, ma saremo coloro che, spargendo semi di
pace e di concordia, potremo contribuire anche con poco, a migliorare
questa terra, iniziando da noi stessi.
Lucia
Marangoni
Che museo della memoria si crede di fare, quando le memorie fresche han taciuto,
RispondiEliminaper spirito di appartenenza, o per per il terrore sparso, subito dopo, da quel tale?
E pure la "commissione" di inchiesta ha volutamente glissato...
Chiamatelo con altro nome, per favore... non museo della memoria!
Ecco, il benealtrismo è l'arma vincente per non fare mai un passo avanti. Questo è un contesto in cui solo le vittime possono dirsi innocenti e da lì si può forse partire per tentare di superare, per quanto possibile, gli ostracismi interessati o ideologici che hanno inquinato questi settant'anni.
EliminaPienamente d accordo Lucia, brava.
RispondiElimina