Il primo maggio si festeggiava in tutta Europa: i riti del
Calendimaggio erano incentrati sulla forza rigeneratrice del Cosmo,
simboleggiato da un grande albero, che rappresenta la forza vitale, la
fortuna, la salute e la fecondità.
Nella civiltà contadina di un tempo, propiziarsi la natura era indispensabile e, senza scomodare i Celti, che festeggiavano questo giorno come l’inizio della “stagione chiara”, anche le nostre genti avevano canti e riti di buon auspicio, per festeggiare l’inizio di un nuovo ciclo stagionale e la rinascita della vegetazione.
Nella notte d’ingresso di maggio, o al mattino presto dello stesso giorno, era usanza “piantare il maggio” e “cantare il maggio”: frasche e rami fioriti si ponevano alle porte e alle finestre e in qualche zona anche nei campi, per tenere lontane le formiche e gli insetti dannosi per le colture.
I giovani ornavano con rami fioriti di biancospino la porta o la finestra dell’amata, mentre a quelle vanitose e incontentabili disegnavano delle civette sulle porte o sul marciapiede davanti casa. Si cantavano anche serenate alle fidanzate o canti rituali e chiassosi anche in giro per le vie e le campagne.
In molti paesi la tradizione di” portare il maggio” alla morosa con un ramo fiorito di biancospino si è mantenuta fino agli anni “50/ 60.
Erano feste profane, sopravvivenza di riti arcaici per augurarsi fortuna e buoni raccolti.
Ma il profano va spesso a braccetto col sacro, tanto che il 3 maggio, per Santa Croce, i contadini ancora intrecciano piccole croci con i rametti di olivo benedetto e le vanno a piantare in mezzo ai campi o a legare alle viti per scongiurare la grandine, il flagello da sempre più temuto nella campagna. Come a dire... proviamole tutte, non si sa mai...!
Nella civiltà contadina di un tempo, propiziarsi la natura era indispensabile e, senza scomodare i Celti, che festeggiavano questo giorno come l’inizio della “stagione chiara”, anche le nostre genti avevano canti e riti di buon auspicio, per festeggiare l’inizio di un nuovo ciclo stagionale e la rinascita della vegetazione.
Nella notte d’ingresso di maggio, o al mattino presto dello stesso giorno, era usanza “piantare il maggio” e “cantare il maggio”: frasche e rami fioriti si ponevano alle porte e alle finestre e in qualche zona anche nei campi, per tenere lontane le formiche e gli insetti dannosi per le colture.
I giovani ornavano con rami fioriti di biancospino la porta o la finestra dell’amata, mentre a quelle vanitose e incontentabili disegnavano delle civette sulle porte o sul marciapiede davanti casa. Si cantavano anche serenate alle fidanzate o canti rituali e chiassosi anche in giro per le vie e le campagne.
In molti paesi la tradizione di” portare il maggio” alla morosa con un ramo fiorito di biancospino si è mantenuta fino agli anni “50/ 60.
Erano feste profane, sopravvivenza di riti arcaici per augurarsi fortuna e buoni raccolti.
Ma il profano va spesso a braccetto col sacro, tanto che il 3 maggio, per Santa Croce, i contadini ancora intrecciano piccole croci con i rametti di olivo benedetto e le vanno a piantare in mezzo ai campi o a legare alle viti per scongiurare la grandine, il flagello da sempre più temuto nella campagna. Come a dire... proviamole tutte, non si sa mai...!
la campagna appena ieri
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