Conosco il profumo dei ciliegi della Val Piana a
Foza, il vento che accarezza Lusiana, la grandezza dei noci dei prati
di Conco. Ho amici, che attendono la nostra allegria, alle Fosse di
Enego. Distinguo il suono delle campane di Cesuna da quello delle
campane di Canove o di Treschè Conca. So la profonda vastità della
Val Frenzela a Gallio. Sento il tiepido sole, prima di tutti gli
altri soli, della riviera di Roana e Mezzaselva. Bevo l’acqua delle
fonti ai Lamara di Asiago, e conosco i prati, verdi e larghi, alle
Ave. Sono di Rotzo ma sono vissuto, da sempre in altopiano. C’è un
solo giorno in cui non mi sento asiaghese: e questo è il giorno
della Grande Rogazione. La faccio da quando, ragazzo al liceo, fui
invitato, come avviene, dai compagni di classe a fare questo cammino
assieme a loro nella gioia euforica dell’adolescenza. La faccio
sempre, sentendomi accettato ma “foresto” nell’anima. Perché
la Rogazione è il giorno di Asiago, degli asiaghesi. E’ l’anima
della gente di Asiago. I canti a Dio sono i “loro” canti, ai
quali può unirsi, certo, ogni uomo, ogni donna di buona volontà ma,
prima, sono i “loro” canti le “loro” litanie. E le litanie di
chi, asiaghese lontano nel mondo, torna oggi col pensiero ai prati
attraversati da mille anime paesane, ai fiori gialli del tarassaco
della “salata” all’erba umida della radura davanti ala chiesa
di san Sisto, al Lazzaretto. La Grande Rogazione è l’anima della
Gente di Asiago alla quale ognuno può affacciarsi con attenzione e
col rispetto di chi trova già grande il privilegio di potervi
partecipare. Domani la Gente di Asiago avrà, ancora , la sua Grande
Rogazione. Domani, e solo per domani, i “foresti per un giorno”
come me potranno sentirsi ospiti in Asiago che, solitamente è invece
terra quotidiana, vissuta, conosciuta e amata.
Lucio Spagnolo
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